INTERVISTA A BENEDETTO VERTECCHI
Il pedagogo: "Dal confronto Se gli insegnanti sono bravi le difficoltà possono diventare risorse Raffaello Masci, La Stampa 8.8.2009
ROMA
«I genitori in genere tendono a
cercare per i propri figli la scuola migliore per la loro crescita e
per il loro domani. Io sono convinto che quelle famiglie di Torino
che si sono rivolte alla scuola di San Salvario si siano attenute a
questo criterio: lo hanno fatto, cioè, perché la considerano una
buona scuola, punto e basta. Cioè una scuola che funziona, con
docenti preparati, con strutture adeguate. Il fatto che sia
multiculturale è, ai fini della scelta, un elemento secondario».
«È un vantaggio, non c’è dubbio, un
grandissimo vantaggio. Vivere e studiare a contatto con bambini con
culture e esperienze differenti genera una quantità di interazioni
molto positive. Bisogna considerare che i bambini stranieri hanno in
genere delle competenze linguistiche molto maggiori di quelli
italiani, non fosse altro perché conoscono due lingue, e questo
genera un sistema di stimoli estremamente favorevole
all’apprendimento».
«Non necessariamente. Non comporta
interazioni strumentali, cioè direttamente collegabili a un
obiettivo. Li aiuta in generale a crescere e a imparare».
«È vero esattamente il contrario.
Certo, ci vogliono insegnanti preparati e una scuola attrezzata. Ma
mi pare di capire che quella di cui stiamo parlando abbia entrambi
questi requisiti».
«La percentuale di italiani sarà
sempre maggioritaria, io credo, e anche se non lo fosse la questione
- da un punto di vista educativo - sarebbe irrilevante».
«Ma andiamo! Se c’è una minaccia
all’identità italiana, questa viene da certe mode piccolo borghesi,
da tutte le esterofilie acritiche che si sono diffuse in questi
anni, dal linguaggio alla cucina, alle mode orientaleggianti. Forse
questo può screditare ciò che c’è di valido nella tradizione
nazionale, ma lo scambio di esperienza tra bambini a scuola può
essere solo un arricchimento».
«Quando parliamo di religione diciamo
due cose. La prima: un fenomeno culturale, strettamente connesso con
una civiltà. È indubbio, per esempio, che la religione cattolica sia
parte integrante della cultura italiana. Seconda: un apparato
dottrinario a cui aderiscono i credenti. Ecco: la scuola italiana,
purtroppo, enfatizza questo secondo aspetto, e allora nascono
contrasti e prese di distanza. Se invece si puntasse sul primo si
farebbe un’opera lodevole, perché sui testi, che sono cultura, non
c’è mai conflitto. Sulle dottrine sì». «Esattamente. E questo gioverebbe molto anche agli italiani: io ho degli allievi all’università che non sanno neppure i nomi dei quattro evangelisti: una lacuna culturale gravissima. Poi uno può credere o non credere ai Vangeli, al Corano o a quello che sia, ma questi testi non possono essere ignorati. Una scuola multiculturale, come quella di Torino, in questo senso può fare molto». |