L'ultimo rapporto Ocse bacchetta la gestione italiana:
troppo attenta ai costi, poco alla qualità.

La scuola ai saldi di fine stagione.

Sistema dequalificato, gli standard formativi sono bassi

 di Giovanni Scancarello da ItaliaOggi, 16.9.2008

Sulla carta la scuola italiana è degna di una superpotenza, visti gli investimenti, ma i bassi risultati, soprattutto nell'apprendimento scientifico degli studenti quindicenni italiani, rilevati nell'ambito delle valutazioni Ocse Pisa, ne restituiscono piuttosto un'immagine da terzo mondo. Nell'ultimo studio Education at a Glance 2008, gli analisti dell'Ocse forniscono i dati di questa contraddizione. E attribuiscono la colpa dello sbandamento alla politica di risanamento in atto nel settore da ormai dieci anni, che è stata portata avanti tagliando i finanziamenti proprio a cavallo del millennio e nel momento più delicato del passaggio all'autonomia scolastica. Dopo anni di spese sempre con il segno positivo, i tagli radicali ai finanziamenti, non accompagnati da una revisione di qualità dei programmi di studio e dell'organizzazione del lavoro, hanno spinto il sistema scolastico giù lungo il crinale dell'iniquità educativa e dell'insuccesso che dell'avanzamento. Insomma, se la scuola italiana non rende è perché gli obiettivi e gli standard di apprendimento non vanno, non sono abbastanza competitivi.Con la conseguneza che si promue di più, ma gli studenti sono meno bravi.

Il 23 e 24 marzo del 2000 l'Italia si sedeva al vertice dei primi ministri di Lisbona decidendo che l'Europa sarebbe dovuta diventare in dieci anni l'economia della conoscenza più competitiva del mondo, ma mentre gli altri paesi hanno iniziato a correre noi ci siamo fermati. Oggi in Italia la spesa media per studente si attesta a 6.835 dollari all'anno, contro una media Ocse di 6.252 $ a livello della scuola primaria e a 7.648 contro 7.804 $ per la secondaria. Ma tra il 1995 e il 2005 la spesa per studente alla primaria e alla secondaria cresce al massimo del 5% contro il 35% della media dei paesi Ocse.

Nello stesso periodo la spesa per istituto cresce soltanto del 12% contro il 41% della media Ocse. L'investimento pubblico in istruzione si attesta in quegli anni intorno al 4,8% del Pil contro il 5.8% della media Ocse. L'Ocse si chiede le ragioni di una sostanziale decadenza formativa rilevata alla fine della fase dell'obbligo scolastico, a fronte di livelli di spesa pubblica oggi praticamente in linea con la media dei paesi partner. Il fatto è, spiega l'Ocse, che a livello di scuola primaria un docente lavora 735 ore all'anno contro le 812 della media Ocse; la dimensione delle classi poi è tra le più ridotte d'Europa con 18,4 alunni per classe contro di 21,5 alunni della media Ue, mentre gli alunni delle primarie si trattengono a lezione per 990 ore all'anno contro una media Ocse di 796. Ma c'è un però grande quanto una casa. Come osserva la federazione italiana superamento handicap (Fish), in Italia il rapporto docenti alunni è più costoso per via dell'impiego di un docente di sostegno mediamente ogni 1, 87 alunni disabili. In Europa questi alunni vengono inseriti in classi differenziali che costano più di quanto spendiamo noi.

C'è poi da tenere presente che all'estero le ore del tempo pieno non rientrano nel computo della spesa per l'istruzione ma in quella sociale. In ogni caso, anche se fosse la questione degli attuali costi della nostra istruzione arriverebbe a spiegare non più del 15% della varianza delle prestazioni ai test Ocse Pisa. E allora? Alla fine con il problema dell'apprendimento non c'entrano né i docenti né i tempi lunghi della didattica, e men che meno c'entrano gli insegnanti della scuola elementare, che secondo altre indagini internazionali si piazza in testa (6° posto) alla classifica mondiale dell'apprendimento della lettura (fonte Iea Pirls 2006). Il danno più serio prodotto dalla recessione scolastica è l'abbassamento degli standard di apprendimento degli studenti, che a sua volta è la conseguenza della scarsa equità prodotta dal nostro sistema educativo. Tra il 1995 e il 2005 il sostegno pubblico per l'educazione alle famiglie cresce solo dello 0.3% (passando al 9.0 al 9.3% di spesa pubblica) mentre è dell'1.3% l'aumento medio Ocse di investimenti (da 11.9 a 13.2%). In molti paesi Ocse i maggiori margini di investimento pubblico in istruzione si registrano dal 1995 al 2000, in Italia dal 2000 al 2005 la spesa pubblica in istruzione sul totale della spesa pubblica diminuisce dal 9,8 al 9,3%, in compenso crescono i finanziamenti privati.

La diminuzione degli investimenti pubblici e l'aumento di quelli privati hanno contribuito ad aumentare i livelli di iniquità educativa interni al paese, scrive l?ocse. Tra l'altro, invece, i salari dei prof restano in media, soprautto alle superiori e da metà carriera in poi, più bassi dei colleghi Ue. Gli insegnanti italiani guadagnano tra i 24mila ai 35 mila dollari all'anno rispettivamente a inizio e fine carriera alle elementari, 26mila e 40mila dollari alle medie e alle superiori. In Germania un insegnante elementare all'inizio della carriera guadagna quanto da noi un prof delle superiori a fine carriera ed esce con 52mila $, mentre per un insegnante delle superiori a fine carriera siamo intorno ai 60mila $.