Il ritorno del maestro unico. Se le motivazioni governative sui pro e i contro di una pseudo-innovazione come quella del ritorno al docente unico nella scuola primaria sono solo quelle finanziarie o quelle del "calcolo delle probabilità", quel che è certo è che il dibattito culturale sulla riforma scolastica non fa alcun passo avanti. L'auspicio, dunque, è che il ministro Gelmini voglia ascoltare almeno gli esperti del suo Dicastero, con un'esperienza più consolidata sulla scuola, in modo da poter ripensare ad alcune sue granitiche certezze... di Salvatore Nocera* da Superando, 11.9.2008 Il recente Decreto Legge n. 137 del 1° settembre scorso - che ha tra l’altro anticipato all’anno scolastico 2008-2009 il ripristino del docente unico nella scuola primaria, ciò che il precedente Decreto Legge 112/08 aveva previsto per il prossimo anno - costringe il mondo della disabilità ad interrogarsi sul significato e sugli effetti di questo provvedimento. E ciò non limitando le riflessioni alle sole ricadute sul mondo della disabilità, ma con riguardo al sistema-scuola, perché l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità non è una realtà separata - come avviene con le scuole speciali - ma risente dell’andamento di tutto il sistema.
Le motivazioni didattiche addotte dal Governo sono evanescenti, dal momento che il maestro unico già era ritenuto insufficiente alcuni decenni fa, quando si decise di sostituirlo col "modulo", data la maggiore complessità dell’infanzia di oggi e dei saperi, nonché dei nuovi modi assai diversificati per accedervi. Non per nulla su questa innovazione retrospettiva sono piovute numerose critiche e non solo da parte dell’opposizione, se è vero che il ministro delle Riforme Bossi ha aperto un contenzioso assai ruvido - come suo costume - con il ministro della Pubblica Istruzione Gelmini che gli ha risposto con lo stesso "stile letterario".
Personalmente condivido le preoccupazioni dei sindacati e di molti uomini di cultura circa l’errore compiuto con il ritorno al maestro unico, per le conseguenze negative sull'istruzione dei nostri bambini e sul mercato del lavoro dei docenti (assai più devastanti di quelle dei licenziamenti di Alitalia). Inoltre siamo in molti a chiederci come si farà con un tale taglio di docenti a garantire il tempo pieno, fondamentale non solo per tanti alunni, ma soprattutto per moltissimi studenti con disabilità e stranieri. Dal canto suo il ministro Gelmini ha dichiarato che il tempo pieno resterà, senza però spiegare come.
Se questa delega avviene quando esiste il modulo di tre docenti, sarà molto più facile giustificarla con la presenza di un solo docente, che dovrà seguire classi sempre più numerose. E in ogni caso, se le motivazioni governative sui pro e i contro di tale pseudo-innovazione sono solo quelle finanziarie o quelle del calcolo delle probabilità, il dibattito culturale sulla riforma scolastica non fa alcun passo avanti. Mi auguro allora che il ministro Gelmini - se non vuole sentire su questo i sindacati - voglia almeno ascoltare gli esperti del Ministero dell’Istruzione e del suo stesso partito (penso ad esempio all’onorevole Valentina Aprea, ex sottosegretario all’Istruzione e oggi Presidente della Commissione Istruzione della Camera), che hanno una più consolidata esperienza della scuola e possono, forse, farle ripensare alcune sue apodittiche certezze.
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