rapporto annuale sull'istruzione
L'Ocse boccia la scuola italiana:
«Docenti pagati poco e meno laureati che in Cile».
«Si spende molto, ma in modo discutibile».
Drammatico l'abbandono universitario: solo il 45% discute la tesi
Il Corriere della Sera,
9.9.2008
Il rapporto completo dell'Ocse (in inglese)
MILANO - La scuola è uno degli argomenti caldi
di fine estate, con la discussa riforma messa a punto dal ministro
Gelmini. Il dibattito si arricchisce dei dati prodotti dall'Ocse
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel
rapporto annuale sull'istruzione. Gli aspetti più macroscopici per
quanto riguarda l'Italia sono il gran numero di insegnanti nella
scuola secondaria e l'altrettanto notevole (in negativo) livello dei
loro stipendi.
DOCENTI PAGATI POCO -
Anche sul fronte dell'università sono evidenziati difetti storici:
altissimo tasso d'abbandono negli atenei italiani - primo tra i
paesi Ocse - e indici di spesa per studente universitario molto al
di sotto della media, circa un quarto. «Nel settore dell'istruzione
secondaria l'Italia spende molto denaro. Paga però molti professori
dando loro uno stipendio molto basso - ha detto Andreas Schleicher,
responsabile delle ricerche sull'istruzione -. Ma la spesa non è il
difetto principale dell'Italia». Che anzi, per quanto riguarda la
scuola primaria investe più risorse della media Ocse - 6.835 dollari
per alunno contro 6.252 dollari -, mentre per la scuola secondaria è
in linea con la spesa Ocse - 7.648 dollari contro 7.804. Il vero
problema è «come vengono spesi» i fondi elargiti dallo Stato.
«Esattamente il contrario di quanto fa un paese come la Corea del
Sud». Dove, spiega Schleicher, il numero dei professori è minore e
il loro stipendio più alto.
ABBANDONO UNIVERSITARIO -
All'università i paesi Ocse spendono 11.512 dollari per ogni
studente, mentre l'Italia ne investe solo 8.026. E se da un lato
solo il 19% dei 25-34enni italiani possono vantare un diploma di
laurea - dato ben distante dal 33% della media Ocse -, dall'altro il
tasso di laurea dei nuovi studenti è passato dal 17% del 2000 al 39%
del 2006. Un risultato importante che, sottolinea il rapporto Ocse,
«va largamente attribuito alla riforma del 2002, quando agli
studenti iscritti a corsi di laurea (pre riforma) è stata data la
possibilità di concludere gli studi in tre anni». Ben pochi però
arrivano a discutere la tesi: solo il 45% degli iscritti - a fronte
di una media Ocse del 69%. Al di sotto della media di Cile e
Messico, in una classifica impietosa che vede l'Italia fanalino di
coda insieme a Brasile, Turchia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
STUDENTI STRANIERI -
«Un dato che non equivale necessariamente a un disastro per i
singoli individui - ha commentato Schleicher -, ma che diviene molto
grave invece quando si guarda all'insieme». Non sorprende quindi che
il divario tra laureati - circa il 13% - e detentori di lavori
qualificati - oltre il 40% - sia tra i più alti dell'area Ocse. Se
poi si guarda alla capacità di attrarre studenti stranieri l'Italia
occupa un'area relativamente bassa della classifica. Se, infatti,
gli Stati Uniti si confermano il paese che più attrae con il 20%
delle preferenze - seguiti da Gran Bretagna, 11,3%, Germania, 8,9%,
Francia, 8,5% e Australia, 6,3% - l'Italia si deve accontentare
dell'1,7%, come la Spagna. Infine una curiosità: secondo l'Ocse gli
studenti delle elementari italiani sono sovraccarichi di lezioni e
hanno «lunghe giornate di studio». In media uno studente di 7-8 anni
deve sobbarcarsi 990 ore di lezione all’anno, mentre la media dei 30
paesi membri è di 796 ore.