Bersaglio la scuola primaria.
E non solo.

 Maristella Curreli dal C.I.P. 2.9.2008

E’ un genio. Superate le malignità delle prime ore e le riserve di quelle successive, la ministra Gelmini ha rivelato al mondo la ragione della sua attuale occupazione. Già, al mondo. Perché è il mondo intero - lo stesso che ci critica per tutto - a riconoscere l’eccellenza della nostra scuola primaria, il valore delle nostre elementari. Ed è per questo che il genio decide di infliggere un colpo letale a quel poco che funziona della nostra scuola. Come? Decidendo che tre insegnanti sono troppi. Meglio il maestro unico. In pratica, un tuttologo. L’avrà fatto per dare un solo punto di riferimento didattico-affettivo ai bambini? Non di certo.

L’obiettivo è un altro: tagliare 60.000 cattedre. Altre 50.000 salteranno alle secondarie che, in aggiunta ai 50.000 Ata in meno, fanno circa 160.000 posti di lavoro eliminati. Il taglio di spesa ammonterà a 8 miliardi di euro, ovvero un terzo della manovra finanziaria. E non finisce qui. Saranno soppresse quelle 4000 scuole che contano meno di 600 alunni mentre quelle residue saranno trasformate in fondazioni, secondo il modello di quelle private. Qui – e le riconosciamo il merito - il genio, rivela la sua stella polare. Il suo mirabile obiettivo è la scuola privata, meglio se confessionale. E non a caso.

Da lustri, infatti, pare non si possa essere ministro dell’istruzione se non si hanno tre requisiti essenziali: ignorare tutto della scuola, essere del tutto supini al collega delle finanze, sfasciare la scuola pubblica per avvantaggiare quella confessionale e i diplomifici.

Da sinistra a destra, la strategia è la stessa: collocare al dicastero di viale Trastevere un ministro che faccia parlare di sé e non di scuola. Vuoi perché è moglie di, o perché fu boy scout o è stata messa lì chissà e non si sa perché.

Se poi attizzano una polemica estiva su banalità tipo grembiulino o giù di lì, tanto meglio. Così, mentre l’opinione pubblica vacanziera s’interroga sulle amenità d’annata, si varano i tagli e le riforme dolorose ed impietose.

Finita l’estate, il ministro torna a Roma, passando rigorosamente da Rimini. Qui, e mai a Montecitorio(!), illustra la scuola prossima ventura, o quello che ne resta. E, dopo aver assicurato devozione ai ciellini e lauti finanziamenti alla Cei, incassa il placet e se ne va.

L’indomani, in CdM, è prontissima a presentare il decreto per la macellazione dell’istruzione pubblica.