Non sembri irriverente
ma quanto sta operando Gelmini è il seguito inevitabile
dell'operazione iniziata con la vergogna riformista di Berlinguer.
E la cosa non la dico da ora ma da una decina di anni ... se solo
l'uso della memoria diventasse una ginnastica non tanto per gli
italiani quanto, almeno, per alcune persone che queste cose le hanno
lette ma le hanno snobbate come i vaneggiamenti di uno che faceva
fantapolitica.
Prima di passare a qualche riflessione, provo a riassumere i termini
della questione in modo conciso ma efficace: per privatizzare
occorre prima dequalificare in modo da rendere inappetibile il
prodotto e permettere ad altre entità di entrare al suo posto.
Si può dire che la scuola pubblica costa troppo ed occorre piano
piano ridurne la portata, occorre quindi trovare modi nuovi per
avvicinarsi all'istruzione. Tra questi: la scuola privata,
l'educazione a distanza e le scuole pubbliche messe in concorrenza
per assegnare loro i fondi indispensabili. Delle scuole occorre
misurare l'efficacia e l'efficienza. Ed è inutile dire che le scuole
sottoposte ad una forte concorrenza, nel temere le sanzioni
conseguenti alla pubblicazione della lista dei risultati degli esami
e spinte dal proprio interesse, si concentrano di più nei sintomi
che nelle cause dei problemi con i quali hanno a che fare. Di
conseguenza, le scelte pedagogiche sono spesso le meno efficaci per
gli alunni scolasticamente più deboli.
Ricostruisco in breve.
La riforma Berlinguer partì a rimorchio di quanto faceva la UE (1)
che con Delors e Cresson spingevano con forza verso la
privatizzazione della scuola. I documenti prodotti da questi due
riformatori, a loro volta, nascevano su sollecitazione della ERT
(Associazione potente di industriali europei) (2), dell'OCSE (3),
della Banca Mondiale (4) e perfino dal G8 del 1999 e del 2001(5).
Ho affrontato uno studio dettagliato sull'argomento e quindi rimando
ad esso: La scuola sotto attacco (
http://www.fisicamente.net/index-668.htm
).
La classe politica italiana ha lavorato, tutta, a far sembrare il
cammino della Riforma come se scaturisse da esigenze nazionali e
contingenti. Il processo riguarda tutto il mondo avanzato, e
particolarmente l'Europa. E' scopo del Paese guida dell'Occidente,
gli USA, creare dei minimi comuni denominatori al ribasso con
l'Europa. Occorre azzerare ogni rimasuglio di Stato sociale e quindi
di scuola pubblica, per dare campo libero al mercato. E queste cose
non sono, appunto, delle novità; sono, ad esempio, annunciate come
piano da estendere a tutto l'Occidente in pubblicazioni dell'Unesco(6)
che espressamente parlano di decentralizzazione delle scuole, della
standardizzazione dei metodi e dei contenuti, della gestione
aziendalistica delle scuole, della professionalizzazione dei
docenti, della competitività (competitivity-centred).
La Riforma Gelmini ci ha messo di fronte a parole ed atti che
nascondono un solo fine: una crescente e voluta descolarizzazione
neppure ammantata di giustificazioni pedagogiche. Quanto dico ha un
qualche sostegno nel lifelong learning, nell'imparare nel corso di
tutta la vita, che viene sempre portato a sostegno di buone
intenzioni. Il Consiglio Europeo di Lisbona del 2000(7) ha
confermato il ruolo chiave del lifelong learning nel modello sociale
europeo, ruolo che, secondo la Commissione Europea (EU, 2001), si
sta affermando attraverso strategie, piani, processi distinti, ma
complementari, come, ad esempio, la strategia europea per l’impiego,
l’agenda sociale europea, il piano d’intervento per la mobilità e lo
sviluppo delle abilità e l’e-learning. E Berlinguer rivendica
Lisbona 2000 quando afferma:
"È stato quel Consiglio europeo del
2000, proprio a Lisbona, ad imprimere la svolta che ha accresciuto
nell'Unione, a livello dei Capi di Stato e di Governo, la
consapevolezza strategica sul ruolo dell'istruzione-formazione nella
società della conoscenza. Da allora, è a questa Europa che dobbiamo
l'indicazione di obiettivi comuni, ben oltre il provincialismo delle
soluzioni autarchiche o nostalgiche che si continuano a praticare
nei singoli stati. E gli obiettivi sono intanto tre: migliorare la
qualità, agevolare l'accesso a tutti, aprirsi al mondo"
(da
l'Unità del 20.09.2004).
Allo stesso modo, anche i documenti relativi alle politiche
nazionali fanno riferimento alla necessità di promuovere la cultura
dell’apprendimento continuo per far fronte alle pressioni economiche
e sociali dell’economia e della società della conoscenza. Vale la
pena sottolineare sia la forte influenza delle organizzazioni
intergovernative sul dibattito nazionale, sia l’introduzione del
concetto di lifelong learning nei processi di globalizzazione
culturale ed economica. Caspita, e come si fa ad affrontare i costi
di questa impresa, se non ci sono neppure le risorse per una scuola
pubblica decente ? Gli industriali lo sanno e ce lo fanno spiegare
dall'OCSE (7):
"l'apprendimento a vita non può fondarsi sulla
presenza permanente di insegnanti ma deve essere assicurato da
'prestatori di servizi educativi' (...). La tecnologia crea un
mercato mondiale nel settore della formazione".
Chiaro, no? Non
si tratta di avere una scuola come riferimento stabile, ma una sorta
di servizio d'urgenza fornito a pagamento attraverso TV ed Internet.
E' inutile sprecare soldi per una scuola pubblica per educare
milioni di persone quando a noi ne servono poche, ben preparate ed a
costi infinitamente minori. E quest'ultima cosa va sotto il nome di
nuove tecnologie didattiche, delle quali sono esperti venditori i
pedagogisti sempre al servizio di qualunque padrone.
Ma le direttive europee e delle varie lobbies padronali, hanno una
qualche ricaduta nell'agire pratico di un governo ? Vediamo un
esempio. Il Memorandum della UE del 30/10 del 2000 diceva:
Si distinguono tre diverse categorie fondamentali di
apprendimento finalizzato:
• l’apprendimento formale che si svolge negli istituti d’istruzione
e di formazione e porta all’ottenimento di diplomi e di qualifiche
riconosciute;
• l’apprendimento non formale che si svolge al di fuori delle
principali strutture d’istruzione e di formazione e, di solito, non
porta a certificati ufficiali. L’apprendimento non formale è
dispensato sul luogo di lavoro o nel quadro di attività di
organizzazioni o gruppi della società civile (associazioni
giovanili, sindacati o partiti politici). Può essere fornito anche
da organizzazioni o servizi istituiti a complemento dei sistemi
formali (quali corsi d’istruzione artistica, musicale e sportiva o
corsi privati per la preparazione degli esami);
• l’apprendimento informale è il corollario naturale della vita
quotidiana. Contrariamente all’apprendimento formale e non formale,
esso non è necessariamente intenzionale e può pertanto non essere
riconosciuto, a volte dallo stesso interessato, come apporto alle
sue conoscenze e competenze.
Fino a questo momento, l’istruzione formale ha dominato la
riflessione politica, influenzando l’impostazione dei modelli
d’istruzione e formazione nonché la percezione generale di
“apprendimento”. L’apprendimento permanente senza soluzioni di
continuità consente l’inserimento dell’apprendimento non formale ed
informale in un unico contesto. L’istruzione non formale, per
definizione, è impartita al di fuori di scuole, istituti
d’istruzione superiori, centri di formazione o università. Questo
tipo d’istruzione è raramente percepita come una formazione “vera e
propria” e i suoi risultati non hanno un valore riconosciuto sul
mercato del lavoro. L’apprendimento non formale è pertanto in
generale sottostimato. Tuttavia, è l’apprendimento informale che
rischia di essere completamente trascurato, benché costituisca la
prima forma di apprendimento e il fondamento stesso dello sviluppo
infantile. Il fatto che la tecnologia informatica sia entrata prima
nelle famiglie che nelle scuole conferma l’importanza
dell’apprendimento informale. L’ambiente informale rappresenta una
riserva considerevole di sapere e potrebbe costituire un’importante
fonte d’innovazione nei metodi d’insegnamento e di apprendimento ...
si tratta ora innanzitutto di valutare la complementarità dei
sistemi di apprendimento formale, non formale e informale e, in
secondo luogo, di costruire reti aperte di offerte di formazione e
di riconoscimento delle qualifiche tra questi tre contesti
dell’apprendimento”.
Sembrerebbero cose stravaganti. Leggiamo ora la premessa alla
Riforma Moratti del cattolico Bertagna:
"In genere, si distingue tra sistema educativo informale, non
formale e formale. Il primo è rappresentato dalla vita sociale
ordinaria che non esprime programmatiche potenzialità formative, pur
determinandole di fatto, funzionalmente, in maniera anche
irreversibile. Il secondo riguarda quell'insieme di istituzioni che,
pur non essendo strutturate in maniera esplicita per promuovere, con
gradualità e sistematicità, processi educativi di istruzione e
formazione, tuttavia esprime intenzionalità in questa direzione in
un territorio e lungo l'intero arco della vita dei soggetti.
L'ultimo si riferisce specificatamente al sistema educativo di
istruzione e di formazione istituito e strutturato dalla Repubblica
(Stato, Regioni, Enti Locali [ci si sta qui riferendo alla modifica,
fatta dal centrosinistra, del Titolo V della Costituzione – art. 55
- che permette il finanziamento delle scuole private]) per i minori
e per le giovani generazioni. L'ipotesi di riforma che si presenta
vuole essere attenta all'integrazione tra questi diversi sistemi
(...). L'attenzione si sposta, dunque, dai luoghi di istruzione
(scuola) e della formazione (centri, agenzie, servizi, imprese) alla
certificazione delle competenze finali che si possono e si debbono
maturare in un ambiente piuttosto che in un altro (...)
certificazione delle competenze che proprio per la sua natura
rifugge da ogni esclusività di percorso e, più che consentire,
favorisce i passaggi tra un indirizzo e l'altro del sistema
educativo di istruzione e formazione (...) Le tradizionali
alternative tra scuola (statale) e centri della formazione
professionale (regionali o non statali), tra scuola e impresa, tra
scuola ed extra scuola perdono, perciò, la loro drammaticità (...)
Si aprono, al contrario, le prospettive di una solidarietà
cooperativa tra tutte le esperienze e i luoghi formativi nei quali
si possono raggiungere livelli di maturazione educativa, culturale e
professionale, (...) indipendentemente dal fatto che siano statali,
regionali o di enti e privati (accreditati)".
Si copia pedissequamente ed il cattolico Bertagna diventa
pedagogista, governativo e padronale.
Alla descolarizzazione strisciante si accompagnano: la progressiva
perdita di importanza dell'istituzione scuola che sempre più
acquisterà carattere flessibile; la progressiva perdita del valore
di promozione sociale ed emancipazione politica della scuola (una
bandiera della sinistra da sempre fin quando l'ha fatta cadere),
valore sostituito dall'efficacia produttiva e dalla capacità di
inserimento nel mondo del lavoro (tutti i valori diventano
economici); la progressiva disintegrazione della scuola medesima
attraverso la sua scelta individuale secondo una concezione
consumistica attraverso la promozione della scelta delle famiglie
(tanto cara ai cattolici reazionari), intese come corpo sociale. E
proprio quest'ultimo aspetto caratterizza la strada presa da questo
governo, in linea comunque con le scelte nefaste iniziate con
Berlinguer. In Italia, infatti la scuola privata non ha tradizioni
di un qualche rilievo. E' solo la scuola confessionale che si
propone alla gestione della privatizzazione con una ricaduta sul
piano della perdita completa della laicità dello Stato per le manie
di grandezza del ducetto di turno.
Con Gelmini abbiamo superato la fase ibrida di transizione. Da una
parte l'esplosione della concorrenza, delle iniziative individuali,
spesso estemporanee, seguendo la logica dell'impresa; dall'altro un
centralizzato Ministero che tutto decide e dirige. Quest'ultimo sta
ora dando la definitiva spallata alla scuola pubblica dimenticando
di rappresentare i cittadini e schierandosi apertamente con i
privati che, con la scuola, vogliono fare affari.
In estrema sintesi i passi sono stati i seguenti:
si è destrutturata la scuola con l'abolizione dei programmi
nazionali;
al loro posto è subentrata una offerta formativa (POF) che, nelle
intenzioni, sarebbe dovuta servire per mettere in concorrenza vari
istituti (al soccombente nessun finanziamento);
restavano aboliti gli esami di riparazione (D'Onofrio) e non
sostituiti da nulla in termini di diritto ma solo in termini di
buona volontà (recupero senza prove finali eventualmente
sanzionatorie);
incertezza di canali di assunzione per gli insegnanti con
abilitazioni e passaggi di cattedra finalizzati solo al posto di
lavoro e non alla professione;
salari che dissuadevano i più preparati dal fare l'insegnante
professionista;
istituzione di dirigenti-manager non in grado di svolgere il loro
ruolo per la loro generale impreparazione;
mancanza continua di mezzi e finanziamenti con impossibilità di
portare avanti qualunque progetto;
accumulo di burocrazia che faceva stare a scuola indefinitamente
senza concludere nulla;
con tutto ciò la scuola si è andata rapidamente dequalificando anche
perché senza diritto hanno buon gioco le famiglie a trasferire i
giudizi in tribunale e gli studenti ad avere elementi per denigrare
scuola ed operatori scolastici;
ed il bullismo è figlio di questa anarchia;
una scuola così fa pensare a molte famiglie ad una scuola diversa,
in cui vi sia ordine e si studi;
e ciò che voleva Berlinguer, dequalificare è riuscito;
manca il solo passo, imminente, del privatizzare quasi tutto,
lasciando al pubblico ciò che è vecchio e fatiscente, classi
numerose, assenza di continuità didattica, ...
E che dire delle scuole elementari ? Sono tra le migliori al mondo
per unanime riconoscimento nazionale ed internazionale. Hanno
funzionato benissimo per moduli di tre insegnanti su due classi
(senza che ciò significasse riduzione di orario per gli insegnanti).
Le ore eccedenti servivano per il tempo pieno (che, deve essere
chiaro, non è un doposcuola) che deve prevedere anche una mensa in
cui vi sia la presenza dei medesimi insegnanti. Si è detto da più
parti che da trent'anni a questa parte il mondo è cambiato parecchio
e le competenze richieste nella scuola primaria sono aumentate. Non
più solo il leggere, scrivere e far di conto ma anche, educazione
alimentare, informatica, accoglienza, lingua straniera, ... tenendo
conto della multiculturalità nella quale oggi siamo immersi con
bambini di altri Paesi ed altre culture. Da ultimo, e non per la sua
importanza, l'integrazione completa di bambini con handicap.
Vi è un difetto grave dietro questa articolazione di nuovi compiti
non più individuabili in un solo insegnante (questo è ciò che tutti
dicono, con ragione). Se un insegnante non copre tutto, tre
insegnanti con la stessa preparazione non risolvono il problema. E,
nei settori più avveduti, questa questione era ben presente. Ma la
CISL (sì, questo sindacato cattolico e padronale) si è sempre
opposta a chi proponeva un curriculum per gli insegnanti elementari
che differenziasse via via le aree (aree non discipline!) di
intervento. Di fronte ad insegnanti che coprissero, ad esempio, tre
aree (ad esempio: area sociale e curricolare, area tecnico
scientifica, area linguistica), oggi nessuno avrebbe potuto aprire
bocca, neppure per un solo fiato. Ma si può fare i dinamitardi che
si accordano su tutto con il governo, facendo i più realisti del re
come mosche cocchiere, essendo sindacato, cattolico, padronale ed
opportunamente governativo (leggi: CISL). Un insieme esplosivo,
appunto.
E gli altri ? Volevano ma non hanno insistito come avrebbero dovuto.
In definitiva il pranzo di Berlusconi è servito. E' avvelenato per
vari motivi. Si sottraggono alla scuola 9 miliardi di euro in 3
anni. Si rende la scuola ciò che ho cercato di dire. Si prosegue,
senza nascondere le vergogne, finanziando scuole confessionali e
migliaia di insegnanti di religione. I soldi così rapinati ad un
servizio pubblico, da riformare sì ma non da distruggere, servono
per essere spartiti tra gli squali che fanno parte dei nostri
imprenditori, famosi nel mondo per prendere allo Stato senza
rischiare mai nulla in proprio. E Berlusconi è il grande
elemosiniere. Finanzierà una Expo in cui si prevedono 15 miliardi di
euro di spesa, un ponte sullo Stretto in cui se ne andranno 9
miliardi di euro, centrali nucleari che butteranno al vento
centinaia di miliardi, ... e queste opere saranno realizzate da
banchieri, costruttori, industrialotti ... amici, con un travaso di
denaro impressionante dalle tasche dei cittadini a quelle degli
squali, come già sperimentato con la truffa (per i cittadini)
Alitalia.
Come recuperare questo sfacelo ? Opponendosi in tutti i modi
possibili ma con un progetto. UN PROGETTO che l'opposizione
ufficiale non ha. Ma guardandosi intorno si scopre che ministra
ombra è un'ombra di ministra che è solo una teodem che capisce di
scuola come io di uncinetto ma che ha bene in mente i suoi doveri
verso Santa Romana Chiesa, ecco, con costei, come ci si oppone ? E
la CGIL ? Si minaccia di far fuori il 20% degli occupati di una
categoria e la CGIL Scuola non ha detto nulla fino all'intervento di
Epifani. E gli altri ? A parte i sindacati di base, gli altri non ci
sono e, se ci sono, sono a pranzo con Letta. Come si fa a fare una
lotta contro chi ti deve poi premiare con distacchi e comandi ?
Roberto
Renzetti
PS1. Il Presidente Napolitano, con scelta sempre adeguata dei tempi,
ha da dire questo (da La Stampa.it del 29 settembre):
Scuola, Napolitano:
"Tagli necessari"
[...] «Le condizioni
del nostro sistema scolastico richiedono scelte coraggiose di
rinnovamento: non sono sostenibili posizioni di pura difesa
dell’esistente». Ci vuole un «confronto politico nelle sedi
istituzionali». Serietà, serenità e dialogo non possono prescindere
da alcuni punti fermi. «L’Italia deve ridurre a zero nei prossimi
anni il suo deficit pubblico per incidere sempre di più sul debito
accumulato nel passato», ha spiegato Napolitano, «nessuna parte
sociale e politica può sfuggire a questo imperativo. Ed esse
comporta anche un contenimento della spesa pubblica, che va
collocato tra le priorità per l’avvenire del Paese e merita una
speciale considerazione» anche quando «si affronta il problema
complessivo della riduzione della spesa pubblica corrente». Ma per
quel che riguarda la scuola «l’obiettivo di minor spesa non può
prevalere su tutti gli altri». Bisogna, insomma, esaminare bene
tutto «punto per punto, con grande attenzione, in un clima di
dialogo». Certo però «ciò non può risolversi nel rifiuto di ogni
revisione necessaria al risparmio».
Napolitano ha
auspicato «per il nostro sistema scolastico scelte coraggiose di
rinnovamento», perchè «non sono sostenibili posizioni di pura difesa
dell’esistente». Ci vuole uno sforzo di reattività, come quello che
vede «la sperimentazione di una nuova disciplina dedicata alla
Costituzione e alla cittadinanza». «La Costituzione costituisce la
base del nostro stare insieme, come italiani, nel rispetto di tutte
le diversità, le esigenze e le opinioni, ma nel comune rispetto dei
principi e delle regole fondamentali», ha proseguito, «ad esso
possiamo attingere, al suo spirito e alle sue norme per migliorare
l’Italia, per liberarla da degenerazioni e da minaccie come quelle
della criminalità, della violenza e dell’intolleranza». Agli
insegnanti Napolitano manda a dire che «è in primo luogo a loro che
si deve tutto quello che si realizza di positivo nella scuola, anche
nelle condizioni più difficili e disagiate, specie nel Mezzogiorno».
Quindi devono «dare il loro contributo al superamento di tutte le
difficoltà che in questa fase la scuola italiana è chiamata a
fronteggiare aprendosi al cambiamento».
PS2. Leggiamo ora cosa dice Berlinguer (sempre confuso, il pargolo):
L'ex ministro
Berlinguer: la scuola non può restare allo status quo
"Capisco le paure
dei docenti ma è il momento di cambiare"
MARIO REGGIO (da Repubblica del 28 settembre)
ROMA- «Gli insegnanti
sono in apprensione ed è comprensibile quando è in gioco il posto di
lavoro. E senza il loro consenso non passa nessun cambiamento. La
nostra scuola, però, ha estrema necessità di una mutazione profonda
che non si ottiene difendendo lo status quo, ma guardando al
futuro».
Luigi Berlinguer non vuole commentare la decisione della Cgil di
scendere in piazza da sola contro il governo, ma non rinuncia a
rilanciare, a 76 anni, il suo messaggio di cambiamento.
Come si può fare?
«Dobbiamo cancellare
definitivamente la scuola ideata nel '25 da Giovanni Gentile, una
scuola chiusa alla curiosità scientifica, all'arte praticata, alla
centralità dell'alunno, al suo coinvolgimento intellettuale all'education.
Oggi il problema centrale è rivedere ciò che si insegna e come si
insegna».
E possibile?
«So che è molto
difficile ma non possiamo rinunciarci. È indispensabile trovare una
base comune di ampiezza costituzionale tra le forze politiche e
sociali per cambiare e migliorare la scuola italiana».
Cosa pensa del maestro
unico?
«Se questa tematica
divide cerchiamo un terreno comune che coniughi risparmio e riforma.
Per insegnare la lingua straniera e praticare la musica occorrono
insegnanti specialisti, senza perdere i vantaggi del tempo pieno.
Alle elementari è molto più efficace un'articolazione delle
competenze dei docenti: l'insegnante generalista e quelli
specialisti. Il comitato per l'apprendimento pratico della musica,
che presiedo, sta per presentare al ministro Gelmini un progetto per
il ciclo primario che non prevede un aumento di spesa [sic ! ndr]».
Lei ha tentato di
introdurre la riforma dei cicli. Ma senza successo.
«Introduceva una nuova
visione dell'infanzia e dell'adolescenza ed il passaggio morbido
dalle elementari alle medie, che oggi è causa della dispersione
scolastica. Comportava anche la riduzione di un anno dell'intero
ciclo primario. La prima elementare oggi trova i bambini che sanno
già leggere e scrivere, inoltre per i nostri ragazzi uscire dalla
scuola a 18 anni anziché a 19, come nel resto d'Europa, sarebbe un
gran vantaggio».
Ma andò male.
«Una grande riforma
bloccata da una parte della destra e da una parte dei sindacati.
Come è successo a proposito della valutazione dell'insegnamento
scolastico e ne paghiamo ancora le conseguenze. Bisogna, invece,
provvedere subito».
NOTE
(1) L'educazione e la
formazione a distanza, Sec (90) 479, 7 marzo 1990.
Rapporto sull'insegnamento superiore aperto e a distanza nella
comunità europea, Sec(91), 388 finale, 24 maggio 1991.
Commission of the European Communities, White Paper on growth,
competitiveness, and employment - The challenges and ways forward
into the 21st century, COM (93) 700 final, Brussels, 5 December 1993
(chapitre 3, emploi).
UE, Libro Bianco sull'istruzione e la formazione. Insegnare ed
apprendere: verso la società cognitiva. COM (95) 590 finale.
http://www.ueonline.it/Focus/Istruzione/Istruzione%20permanente.pdf
http://www.ueonline.it/Focus/Istruzione/istruzioneindex.htm
http://europa.eu.int/eur-lex/it/com/cnc/2001/com2001_0172it01.pdf
http://europa.eu.int/comm/education/programmes/elearning/
programme_en.html.
http://www.elearningeuropa.info/index.php?lng=5&doclng=5
Présidence du Conseil européen, Emploi- réformes économiques et
cohésion sociale - pour une Europe de l´innovation et de la
connaissance, 23 et 24 mars 2000.
Présidence du Conseil européen , Conclusions de le Présidence,
Conseil européen des 24 et 24 mars 2000 à Lisbonne.
J. Delors, L'Education un trésor est caché dedans, Paris 1996. In
italiano: Nell'Educazione un tesoro. Rapporto all'UNESCO della
Commissione Internazionale sull'Educazione per il Ventunesimo Secolo
- Armando Editore, Roma 1997.
Lamy Adresses Need for New WTO Round, 8 giugno 2000
Lisbona 2000: Conclusioni della Presidenza.
http://www.europarl.eu.int/summits/lis1_it.htm
In proposito la Commissione della Comunità Europea ci informa che
l'affermarsi di sistemi di formazione più flessibili ed aperti e lo
sviluppo delle capacità di adattamento degli individui saranno
sempre più necessarie sia per le imprese, con il fine di migliorare
lo sfruttamento delle innovazioni tecnologiche messe a punto o
acquistate, sia per gli individui medesimi, una percentuale
importante dei quali corre il rischio di dover cambiare quattro o
cinque volte di attività professionale nel corso della vita. Libro
Bianco della UE (Delors): Crescita, competitività, occupazione - Le
sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo (Dicembre
1993). Pag. 124.
http://europa.eu.int/en/record/white/c93700/contents. html.
La stessa Commissione della UE, nei suoi documenti, insiste
moltissimo nella flessibilità dell'educazione attraverso scuole
flessibili (che i nostri pedagogisti chiamano autonome). E' ormai
anacronistica la preparazione professionale specifica. Occorre
invece una preparazione che permetta di passare da una funzione
all'altra, puntando al massimo della competenza che si avrà quando
si sarà capaci di apprendere ad apprendere.
(2) ERT, Education et
compétence en Europe, Etude de la Table Ronde Européenne sur l'Education
et la Formation en Europe, Bruxelles, Février 1989
ERT, Une éducation européenne, Vers une société qui apprend. Un
rapport de la Table Ronde des Industriels européens, Bruxelles,
Février 1995.
ERT, Investir dans la connaissance. L'intégration de la technologie
dans l'éducation européenne, Bruxelles, Février 1997.
(3) OCSE, Adult
Learning and Technology in Oecd Countries, Paris, 1996
OCSE, Internationalisation of Higher Education, Paris, 1996. Les
Technologies de l'information et l'Avenir de l'enseignement
post-secondaire, Ocse, Parigi, 1996
OCSE, Education in a Glange: Oecd Indicators 1998, Paris 1998
http://www.ei-ie.org/educ/french/fedhelsinkiselys.html
OCSE, Analyses
des politiques éducatives, 1998
Per chi fosse interessato, i risultati di varie indagini PISA si
trovano in
http://www.pisa.oecd.org/knowledge/summary/a.htm.
(P.I.S.A.: Programme for International Student Assessment; OCDE:
Organisation for Economic Cooperation and Development; TIMMS: Third
International Mathematics and Science Study; IEA: International
Association for the Evaluation of Educational Achievement).
http://www.fisicamente.net/index-898.htm
(4) Banca Mondiale,
L’educazione nel mondo che cambia, 1999.
(5) Adaptability,
employability and the management of change will be the primary
challenges for our societies in the coming century. Mobility between
jobs, cultures and communities will be essential. And the passport
to mobility will be education and lifelong learning for everyone.
[“La flessibilità, l’occupabilità e la gestione del cambiamento
saranno le sfide principali per le nostre società nel prossimo
secolo. La mobilità tra i lavori, le culture e le comunità sarà
essenziale. L’istruzione e la formazione continua per tutti saranno
il passaporto per la mobilità” ]. (G8 Comunicato, Colonia 1999, p.
3).
(6) Martin Carnoy,
Mondialisation et réforme de l'éducation: ce que le planificateur
doivent savoir, Unesco 1999.
(7) Lisbona 2000:
Conclusioni della Presidenza.
http://www.europarl.eu.int/summits/lis1_it.htm
(8) Adult
Learning and Technology in Oecd Countries, Ocse, Parigi, 1996.