Cosa significa aumentare
il tempo pieno del 50%.

da TuttoscuolaFOCUS, N. 252/358, 7 settembre 2008

Attualmente una classe organizzata a modulo (tre docenti su due classi) dispone mediamente di 1,5 docenti. Una classe organizzata a tempo pieno dispone normalmente di 2 docenti.

Nell'uno e nell'altro caso non vogliamo considerare i docenti di inglese e di religione che sono normalmente aggiunti all'organico docenti delle classi.

Il passaggio al modello della classe a 24 ore porta a disporre di 1 docente per classe (più gli altri eventuali specialisti esterni). Una classe a modulo che passa a 24 ore perde mezza unità di docente; una classe a modulo che passa a tempo pieno guadagna mezza unità di docente.

Per ogni classe trasformata a 24 ore si potrebbe teoricamente guadagnare una nuova classe a tempo pieno senza oneri aggiuntivi (e senza un risparmio). Poiché, però, una simile ipotesi contrasterebbe con l'obiettivo della manovra finanziaria di riduzione della spesa, potrebbe essere determinata soltanto una quota di quelle economie per ampliare il tempo pieno. Vediamo una simulazione.

Attualmente le classi di scuola primaria organizzate a modulo sono circa 104 mila (il 75% del totale), mentre quelle a tempo pieno sono circa 34 mila (25%); se circa la metà delle classi normali a modulo passassero a 24 ore settimanali, vi sarebbero 50-52 mila classi con il docente unico, con un risparmio di altrettante mezze unità di personale (e quindi di 25-26 mila posti).

Supponendo che un terzo di quel risparmio, pari a 16-17 mila mezze unità di personale docente (pari a circa 8 mila posti) fosse reinvestito gradualmente in nuove classi a tempo pieno, avremmo, senza oneri aggiuntivi, l'incremento di altrettante classi che passerebbero dalle attuali 33 mila (25% del totale) a circa 50 mila (37% del totale) con un aumento del tempo pieno del 50%. In questo caso sarebbero circa 300 mila gli alunni che beneficerebbero dell'estensione del servizio: dai 672 mila dell'anno scolastico 2007/2008, a circa un milione.

Una simulazione che sembra piacere al ministro Gelmini, che la pone come un suo preciso (e impegnativo) obiettivo.

Potrebbe essere l'occasione per programmare un piano territoriale di interventi che abbiano come obiettivo primario la diffusione del tempo pieno nelle aree meridionali e delle grandi città dove le esigenze educative dei ragazzi e la domanda sociale delle famiglie siano rilevanti.