La verità sui numeri della scuola
Uno studio di Tuttoscuola sulle cifre del governo e su quelle dell'opposizione - Comunicato stampa

da Tuttoscuola, 28 ottobre 2008

La rivista Tuttoscuola riporta e mette a confronto, in un apposito studio scaricabile dal sito www.tuttoscuola.com, tutte le imprecisioni, le forzature e anche i veri e propri errori contenuti nel dossier sulla scuola "Tutte le bugie della sinistra", presentato lo scorso 22 ottobre dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, e nel controdossier pubblicato poche ore dopo dal Partito democratico "Tutte le bugie del premier sulla scuola".

Le voci considerate dalla rivista sono tempo pieno, numero degli alunni per classe, maestro unico, insegnamento dell'inglese, razionalizzazione del personale, insegnanti di sostegno, scuole di montagna, voto di condotta, spesa per il personale. Per ognuna si confrontano e commentano i dati.

Clamoroso è l'errore, quasi un autogol, in cui incorre il governo a proposito di tempo pieno: parla di un aumento di 5.750 classi (+17%), anziché di 15.750, assai più vicino al +50% annunciato dal presidente Berlusconi. In un'altra slide, parla di 3.950 classi in più "in cinque anni": una imprecisione (quello è l'aumento previsto nel quinto anno, e non nel quinquennio), che nel controdossier del PD viene presa in considerazione come se fosse la posizione ufficiale del governo.

Altro esempio di forzatura, se non di confusione dei dati, è quello che riguarda il numero di allievi per docente, che secondo il governo è di 9, mentre il realtà è di 11. La slide del governo (il dossier è ancora on line sul sito governo.it a questo indirizzo) confonde due indicatori diversi: il rapporto docenti/alunni (quanti alunni per ogni docente) con il numero di docenti ogni 100 alunni.

Il dossier del PD (tuttora on line su partitodemocratico.it a questo indirizzo) sostiene che per aumentare del 50% l'attuale numero di classi a tempo pieno (34.270) sarebbe necessario istituire ulteriori 14.000 classi a tempo pieno (mentre il 50% di 34.270 è 17.135).

Sul taglio degli 11.200 insegnanti elementari specialisti di inglese che torneranno a fare i maestri, man mano che i maestri ordinari acquisiranno le competenze per insegnare anche l'inglese, il controdossier del PD mette in rilievo critico questa misura, ma omette di precisare che essa era stata già prevista dal governo Prodi, che l'aveva inserita nella legge Finanziaria 2007.

Infine, dal confronto tra i dossier di governo e opposizione pubblicato sul portale di informazione scolastica tuttoscuola.com si ricava anche come in alcuni casi dati corretti vengano presentati in contrapposizione, quasi in un dialogo tra sordi, di cui resta penalizzato chi ascolta, che non capisce da quale parte stia la verità.

Un esempio di ciò lo si trae dalla percentuale della spesa per il personale: il dossier del PD contesta che sia il 97%, come dice il governo, e cita il dato OCSE dell'80,7%. Ma le due parti non spiegano che sono due modi diversi di valutare la spesa. Se si esamina la spesa del solo ministero dell'Istruzione, l'incidenza della spesa per il personale è del 97%. Se nel computo si includono anche le spese di altri soggetti istituzionali, dalle Regioni ai comuni (spesa complessiva per l'istruzione) l'incidenza dei costi del personale si abbassa ai valori dell'80,7%. Si tratta di indicatori diversi, entrambi corretti se si spiega a cosa si riferiscono.

Questi sono solo alcuni esempi di uso approssimativo dei dati, di mancata verifica o di poco corretta interpretazione delle informazioni, frutto dello spirito di parte con il quale si è parlato di scuola in questi giorni di forti contrapposizioni politiche e sociali.

Tuttoscuola si augura che, fatta chiarezza sui termini reali dei problemi, il dibattito possa riprendere quota e svolgersi ad un livello qualitativamente paragonabile a quello raggiunto in Italia in altre occasioni. Al nostro Paese serve un recupero di qualità del confronto politico e sociale in un momento di così profonda crisi del ruolo e della legittimazione sociale del sistema educativo nazionale, non guerre sui dati o sui grembiuli.