"Il governo ci taglia 133 milioni. Molti asili di suore rischiano di chiudere"

In trincea anche le scuole cattoliche

La protesta
Don Macrì: un errore ridurre i fondi agli istituti statali e a noi,
così sarà impossibile fare salti di qualità

Marina Cavalleri la Repubblica, 28.10.2008

ROMA - Ci sono gli asili delle suore e delle parrocchie, gli istituti gestiti da enti morali e da associazione da genitori. Ci sono scuole di periferia e licei prestigiosi. Anche loro scendono in guerra. «È una questione di sopravvivenza, non è la rivendicazione di un privilegio. I tagli mettono a rischio tante piccole scuole in aree marginali e in zone difficili. Mettono in crisi un servizio in molti casi di qualità e senza fini di lucro. Dovremo aumentare le rette che andrebbero a pesare sulle famiglie già in condizione di difficoltà».

Anche le scuole cattoliche protestano. Lo fanno con la determinazione che le caratterizza, con la fermezza di chi ha conosciuto molte "guerre". Hanno dialogato con molti governi, alcuni amici, altri avversari, perciò sanno quando bisogna parlare e quando tacere. E questo non è il momento del silenzio, della paziente rassegnazione, di sottili strategie. «Non vorremmo essere costretti a sospendere il servizio», dicono senza giri di parole.

«È previsto un taglio di 133 milioni di euro per il 2009 alla scuola privata paritaria. La decurtazione di risorse è nel ddl di bilancio, all'interno delle tabelle del ministero dell'Istruzione. Si passa dai 535 milioni previsti per il 2008 ai 402 milioni nel 2009, poi 406 nel 2010 e 317 nel 2011», dice Luigi Morgano, segretario generale della Fism, la federazione delle scuole materne cattoliche. «La nostra è una realtà molto significativa, un terzo dei bambini italiani frequenta queste scuole, siamo presenti in 4800 comuni, c'è un rapporto stretto col territorio. Gli asili gestiti da suore sono solo il 25 per cento, per il resto sono scuole d'ispirazione cristiana». La scuola d'infanzia cattolica è circa il 60 per cento della scuola paritaria, ci lavorano 40 mila persone tra insegnanti e ausiliari. «Se dovessimo cessare di operare ci sarebbe una spesa notevole per lo Stato, circa 6 miliardi, 4 miliardi solo le materne, senza parlare del costo degli edifici», dice Morgano. E aggiunge: «La nostra è anche una battaglia civile, garantire la libertà di scelta».

Per un paradosso tutto italiano, i governi di sinistra sono stati spesso i più generosi con la scuola cattolica, da sempre con i bilanci in rosso. La legge 62 del 2000, era ministro Luigi Berlinguer, regolamentò i contributi da dare alle scuole private (cattoliche e non) considerandole - a patto di avere determinati requisiti - facenti parte del sistema nazionale dell'Istruzione. Fu poi Fioroni, ministro del governo Prodi, a recuperare dei fondi per la scuola paritaria che erano stati tagliati da Tremonti. «È vero, la destra ci ha spesso penalizzato checché se ne dica», dice don Francesco Macrì, presidente della Fidae, la federazione delle scuole primarie e secondarie cattoliche. «Raccogliamo la maggior parte delle scuole cattoliche, non tutte, per esempio non aderiscono quelle di Comunione e Liberazione. Ci teniamo a dire che è un errore tagliare i fondi alle scuole, statali e non, s'impedisce al paese di fare quel salto di qualità di cui ha bisogno. Anche se va detto che con la protesta continua in Italia si rischia l'immobilismo».

Don Macrì, salesiano, ci tiene a precisare: «Questi tagli potrebbero portare alla chiusura di moltissime scuole, le più bisognose e potrebbero spingerci su una strada che non vogliamo percorrere: aumentare le rette. Noi vorremmo rimanere scuole popolari, questa è la nostra vocazione, gli istituti che chiamano d'élite sono una piccolissima parte». Anche loro in rosso.