L’Idv cerca di far slittare i tempi ma Schifani procede a oltranza
Consiglio di facoltà in Galleria - Gli studenti di An occupano il rettorato
Tagli da 133 milioni per le paritarie private

L'onda non si placa

 E’ durata dodici ore la battaglia in Parlamento - Il voto finale previsto per oggi

Raffaello Masci La Stampa, 29.10.2008

ROMA
E’ durata dodici ore la battaglia del Senato intorno al decreto Gelmini, dalle 10 del mattino alle 22, e ha avuto due fronti, uno esterno sulla piazza, con migliaia di studenti che hanno assediato il Palazzo, e uno interno, con la seduta d’aula sospesa più volte, l’ultima per un’azione di disturbo attuata dall’Idv che ha sventolato cartelli e il Partito democratico che ha chiesto il ritiro del decreto. Questo mentre in tutta Italia continuano gli scioperi.

A Roma è una giornata di pioggia battente. Una folla di ragazzi proveniente dalle assemblee dei vari istituti si raccoglie a piazza della Repubblica e verso mezzogiorno approda davanti a un Senato blindato da duplici cordoni di polizia. E’ accessibile solo la piccola ribalta della Corsia Agonale, una viuzza che da piazza Navona si apre giusto di fronte al portone di Palazzo Madama. Tutti si dirigono lì, ma trovano già un «presidio» del «blocco studentesco», ragazzi della destra extraparlamentare ma quantomai gentili, educati, l’opposto di quanto si potrebbe immaginare. Negano di aver gridato «Duce, Duce» il giorno precedente e diffondono musica e slogan. Uno di loro, Guelfo Bartalucci, viene fermato quando oltrepassa una transenna, ma subito rilasciato. I ragazzi del corteo (guidato dall’Uds) non amano però quella compagnia e sciamano per la piazza. Al di là di questo episodio, però, la saldatura trasversale sui contenuti sembra assodata: sarebbe questa, secondo il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri, la «protesta fascio-comunista». Nel primo pomeriggio la baraonda sembra evolvere in un mesto sit-in, ma alle 15 arrivano i ragazzi del dipartimento di studi orientali con il cartello «dialogo» scritto in sette lingue, dal persiano all’indi al giapponese. La Corsia Agonale diventa una tribuna affollata e rumorosa: «Gelmini buffona, fai ride tutta Roma», «Noi non siamo disinformati» e perfino «Lasciateci in pace e fateci studiare».

Alle cinque della sera arrivano i rinforzi dei due cortei universitari di Roma Tre e della Sapienza, insieme ai docenti dei Cobas: piazza Navona trabocca, i canti diventano happening e spettacolo. Fischi quando passa Roberto Maroni, inviti ai senatori a scendere in piazza: «Non tagliate i professori, tagliate i senatori». Dal palazzo solo qualche commesso che fa capolino. Poi, a un certo punto, sul balcone della sala di lettura si affacciano dei senatori dell’Idv: Stefano Pedica srotola il cartello «Siamo con voi» poi, con Giuliana Carlino, Fabio Giambroni e Pancho Pardi scende a salutare i ragazzi. E’ un’ovazione: «Di Pietro, uno dei nostri!».

Dentro, intanto, l’atmosfera è rovente. L’aula è convocata per le 17, tra i banchi del governo anche il ministro Gelmini in elegante tailleur e visibile tensione. L’ordine dei lavori prevede l’esame degli emendamenti: quasi 200. E’ subito chiaro che non passeranno. L’Idv inizia quello che nel gergo parlamentare si chiama «filibustering»: cartelli, azioni di disturbo, interventi fuori tema. L’obiettivo è far slittare i lavori in maniera che il voto finale coincida con il 30 ottobre, giorno dello sciopero generale. La presidenza richiama i parlamentari ai regolamenti, e la seduta viene sospesa quando sono quasi le 18. La notizia, portata alla piazza da Pancho Pardi, genera un tripudio e accende ancora di più gli animi. Schifani riunisce i capigruppo e chiarisce la situazione: si va avanti col voto prolungando la seduta fino alle 22.

Fuori dal Senato ma non dall’agone politico, Silvio Berlusconi parla di «ragazzi usati a fini politici». Walter Veltroni indica l’unica via di pacificazione possibile: «Il governo ritiri il decreto e si torni al confronto». La piazza decide di presidiare il Palazzo fino all’ultimo, ma uno scroscio violento abbatte la resistenza anche dei più volenterosi. Oggi il decreto verrà votato. Domani arriveranno a Roma 100 pullman e 70 treni da tutta Italia per lo sciopero a piazza del Popolo.

Un consiglio di facoltà all’aperto o, meglio, in uno dei salotti buoni di Milano per «condividere pubblicamente» le preoccupazioni sul futuro dell’Università pubblica. È questo il motivo che ha spinto la facoltà di Psicologia della Bicocca a tenere una seduta straordinaria, «ma ufficiale e con numero legale», del proprio consiglio di facoltà nella centralissima Galleria. Alla riunione hanno partecipato il preside, 40 professori e gli studenti.

TORINO - «L’Università è un feudo in mano a pochi privilegiati: cacciamo i baroni!» Con questa parola d’ordine ieri una trentina di studenti di Azione Universitaria ha pacificamente occupato per tutta la mattina il rettorato dell’Università di Torino, subito imitati a Pavia e in altre città, dove si sono svolte altre iniziative di protesta da parte di studenti di destra. Augusta Montaruli, membro dell’esecutivo nazionale che ha organizzato la protesta a Torino, spiega che «la maggioranza degli studenti non vuole occupazioni o lezioni per strada, ma una riforma dell’università che elimini sprechi e privilegi, cacci via i baroni e faccia entrare il merito. Rivolgiamo un appello al ministro Gelmini: rivolti l'Università come un calzino, cominciando con il cambiare il metodo di selezione della classe docente che oggi premia parenti e raccomandati».

Sotto lo striscione «i baroni ci tolgono le aule, e noi ci prendiamo il rettorato» i ragazzi hanno fatto il verso alle lezioni per strada che ogni giorno si svolgono in diverse città, scrivendo su una lavagna «lezione ai baroni»: «Hanno paura dell’ingresso dei privati negli atenei perché temono che smascherino i loro sprechi.»

ROMA - Prima o poi in piazza finiranno per scendere anche le suore delle scuole cattoliche. Perché c’è un taglio di 133 milioni di euro per il 2009 nella Finanziaria e riguarda le scuole ma non quelle pubbliche: le paritarie private. E’ la sorpresa che viene fuori dalla lettura delle tabelle del ministero dell’Istruzione presenti nel disegno di legge di bilancio. Si passa dai 535 milioni previsti per il 2008 a 402 milioni nel 2009 a 406 nel 2010 a 317 nel 2011. E quindi a chi va in piazza a gridare che il governo affossa la scuola pubblica per favorire la privata forse sarebbe bene raccontare anche che ieri pomeriggio il ministro dell’Istruzione Gelmini ha ricevuto alcune associazioni di genitori cattolici molto preoccupati «perché la Finanziaria prevede per il 2009 il taglio di quasi il 25% delle risorse destinate alle scuole paritarie», avverte Marco Fabbri dell’esecutivo dell’Agesc, associazione di genitori delle scuole cattoliche. A protestare contro i tagli decisi dal ministro Gelmini anche molti parlamentari del Pdl, da Valentina Aprea a Garagnani, Palmieri, Granata e Farina che in una nota congiunta chiedono «il reintegro delle somme che oggi risultano tagliate alle scuole paritarie».