Oltre la classe! di Maurizio Tiriticco, da ScuolaOggi del 18.10.2008 Sono giorni in cui si sta discutendo sulla proposta della Lega circa l’istituzione di classi per soli alunni immigrati, che ricordano quelle classi differenziali che liquidammo con la legge 517/77! Si trattò di una scelta coraggiosa in quanto l’esperienza fin allora effettuata, in concomitanza con l’istituzione dell’istruzione obbligatoria ottonale, non aveva sortito esiti positivi, anzi! Le differenze infatti, invece di essere cancellate, venivano via via rafforzate! Si optò allora per l’istituzione delle cosiddette classi “omogenee” in forza, però, della loro assoluta “eterogeneità”. Non spendo altre parole per giustificare quella scelta, in quanto è la storia di circa un cinquantennio che ci ha dato ragione. Oggi siamo più che maturi per andare non solo oltre la contrapposizione tra classi “omogenee” a fronte di altre classi “omogenee”! E’ il concetto stesso di classe di età che ha fatto il suo tempo! Come del resto anche la stessa classe di genere oggi è solo un ricordo lontano. Più di cento anni fa un’organizzazione della scuola per classi di età era giustificata dal fatto che si trattava della organizzazione scolastica più semplice che si potesse pensare. Le conoscenze erano graduate per anni di età e scandite in rigorosi programmi ministeriali: il tutto, però, secondo scelte effettuate a monte, a livello amministrativo, che nulla o poco avevano a che fare con l’effettivo sviluppo/crescita dell’alunno, o meglio di “quel” particolare alunno! Così un idealtipo di alunno prevaleva sull’alunno in carne ed ossa, su quelle migliaia di alunni che, se da un lato erano obbligati ad andare a scuola, dall’altro, poi, ne venivano esclusi in gran numero! E così andammo avanti per moltissimi anni e furono le stesse bocciature/esclusioni che convinsero tanti cosiddetti benpensanti che è proprio vero che non tutti sono portati per lo studio! Del resto, quel modello di scuola serviva più a legittimare le divisioni sociali e a selezionare la forza-lavoro: in effetti le professioni liberali erano poche ed il lavoro manuale era destinato a chi… non era portato per gli studi! E poi c’era sempre l’America pronta ad accogliere il surplus delle braccia nostrane! La classe d’età era funzionale a quel modello scolastico che non era affatto finalizzato all’educazione, all’istruzione e alla formazione di tutti, nessuno escluso – come diremmo oggi (dpr 275/99, art. 1, c. 2) – ma solo alla socializzazione di pochi – che è un’altra cosa – ai saperi e ai valori delle classi egemoni! La scelta della classe d’età era, pertanto, funzionale ad una scuola apparentemente aperta a tutti, ma di fatto, con il meccanismo della promozione/bocciatura, aperta solo a pochi. E’ noto che, in base a tale meccanismo, un alunno, se non consegue le conoscenze previste dai programmi per un dato livello di età, viene semplicemente “fermato” perché possa raggiungere in seconda battuta le conoscenze non acquisite. Il fatto è che il “fermo” va ben oltre le conoscenze da acquisire, obbliga l’alunno a ripetere l’anno scolastico, che – guarda caso – coincide esattamente con l’anno di età! Però tutti sappiamo che in natura (sotto il profilo biologico), come in cultura (sotto il profilo della convivenza civile), ripetere un anno è semplicemente impossibile, se non assurdo! Eppure con tale assurdità abbiamo bellamente convissuto per decenni! E non sono pochi i nostalgici della bocciatura! Anche se sono pronti a riconoscere che la bocciatura produce pur sempre un grosso trauma! Quanti “esclusi” hanno abbandonato la scuola perché convinti dalla scuola stessa che non era fatta per loro! La bocciatura va bocciata! Purtroppo, il decreto legge 137 l’invoca e la riabilita, ma la parte migliore della scuola e della cultura la respinge. Ci viene in soccorso tutta la più recente ricerca educativa! E’ tutta l’esperienza delle “classi aperte”, ed è lo stesso dpr sull’autonomia quando afferma (art. 4) che “le istituzioni scolastiche regolano i tempi dell’insegnamento… nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni”: ritmi e tempi di apprendimento che fanno a pugni con il concetto di classe di età. “A tal fine – prosegue il dpr – le istituzioni scolastiche possono adottare tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune”, tra cui “l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa classe o da diverse classi o da diversi anni di corso”! Parole chiare, innovative, ardite! Ed anche le parole chiave di una scuola nuova: modularità e gruppi di alunni, anche a prescindere dall’età! Ovviamene non è cosa di facile realizzazione. E il decreto 137 e la proposta della Lega vanno in tutt’altra direzione. Va anche precisato che il dpr sull’autonomia non può sconvolgere un assetto ordinamentale che ancora è quello che è: le classi ancora formalmente ci sono, ci sono le cattedre, le classi di concorso, gli orari e i monte ore: è ancora in piedi un assetto ordinamentale che ereditiamo da un lontano passato e che, in effetti, lo stesso esercizio dell’autonomia ha scalfito, ma non ha potuto liquidare. Il cammino per una reale autonomia è ancora lungo! In effetti si dovrebbe – e si dovrà – giungere ad una soluzione di questo tipo, che solo ad enunciarla sembra fuori del mondo: un bambino entra a sei anni nel Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione ed esce a sedici, in prima ed… obbligatoria battuta, avendo conseguito quelle competenze culturali e di cittadinanza che un Paese avanzato come il nostro si propone e che l’Unione europea ci raccomanda. Lo Stato si limita ad indicare le competenze che tutti gli alunni sono tenuti a raggiungere. Spetta all’istituzione scolastica progettare i curricoli, modulare i percorsi nei tempi e nei modi opportuni perché il nostro alunno diventi cittadino, consapevole, autonomo, responsabile!
In conclusione, non faccia lo Stato, male, con
una sua legge, quello che le Istituzioni scolastiche possono fare,
bene, con la loro autonomia. Spetterà alle istituzioni scolastiche
decidere se questo o quel bambino, immigrato o italiano che sia,
necessita di un’attività integrativa, di recupero, rinforzo o
sostegno, in quali tempi, in quali modi, con chi, per potenziare
questa o quella conoscenza o abilità affinché possa procedere nel
modo più produttivo nel suo percorso di studi. E occorre anche
pensare che non è solo la lingua in senso stretto che deve
costituire oggetto di attenzione, perché vanno considerati anche
altri aspetti della persona, l’espansione del Sé, le interazioni del
Sé con gli altri, con gli eventi, con le cose. In effetti, non è
solo la lingua che può costituire un fattore discriminante.
Pertanto, se si sceglie il piano inclinato di isolare e sanare con
criteri differenziati tutto l’insieme delle carenze iniziali di
molti e di ciascuno, si dovrebbe ricorrere a chissà quante classi
differenziali! |