La vera storia di MaryStar, di Aristarco Ammazzacaffè da ScuolaOggi, 20.10.2008 C’era una volta. C’era una volta, e probabilmente c’è ancora oggi, una intraprendente ragazza lombarda per niente imparentata con la piccola vedetta deamicisiana. Il suo nome era MaryStar. E lei ne era fiera perché faceva il suo effetto. Tra tanti forti, MaryStar aveva un debole: quello per le percentuali. Una vera e propria mania che la condizionava in tutte le sue scelte. Nella sua dieta, ad esempio, il pane entrava per il 20%, e non di più; in politica, la fede in “Our President” (più noto come “Lo statista di Arcore e Brianza”) ci entrava per il 96% (quasi un’idolatria: era fatta così); sul piano etico, il rigore caratterizzava la sua vita al 100%. (Anche se solo di domenica e feste comandate. Per un fatto di economia). Eccetera. In tutte le cose che faceva c’era almeno una percentuale ad orientarla. Così quando si decise a dare gli esami di avvocato - perché la nostra, grazie alla sua intraprendenza e a Padre Pio, si era ad un certo punto laureata - la scelta della sede è stata rigorosamente fatta sulla base di uno studio delle percentuali che aveva a disposizione. E che riguardavano i promossi e bocciati nelle varie città in cui si svolgevano gli esami. Lei era bravissima a scegliere sempre sulla base delle percentuali giuste. Non sbagliava mai. Così quando si trattò di scegliere tra il 31% di promossi a Brescia, il 28% a Milano e il 93% a Reggio Calabria (RC), lei non ebbe dubbi: e ciò pur sapendo che la scelta di RC significava per lei, lombarda lombarda, costi e fatica, privazioni e ansie, ansie e privazioni. Tante (Quando uno dice il coraggio e l’eroismo). Tutti, in famiglia e fuori, si mobilitarono per dissuaderla con le motivazioni più varie: “Ti rendi conto! Ma l’hai vista dove si trova. Così in fondo in fondo allo stivale. E con più del 95% di calabresi - quasi il 96% -; e gli altri, tutti meridionali. Mai visto”. E ancora: “Lo sai che lì non usano il burro: ci pensi?”. Oppure: “E con la lingua? Come farai con la lingua. Lì parlano strano”. Lei, niente. Conveniva in verità che tutti avevano ragione, ma lei, lei si era affezionata a quel benedetto 93% e non lo mollava, convinta, saldamente convinta, che le portasse fortuna. E controbatteva energica: “Nessun timore. Ho una lunga consuetudine col Sud. Una parte della mia famiglia (un pro-cugino, sembra, da parte della zia di sua madre - N.d.R. -) ha parenti nel Cilento” (testuale, proprio così in un’intervista. Roba da invidiarla). Ma, queste cose, però, solo in prima battuta. Subito dopo, veniva fuori la verità vera, sofferta e discreta: ebbene sì, lei aveva bisogno di lavorare. “Mica però come tutti quei precari – argomentava - che affollano abusivamente le nostre scuole, comprese le private”. E aggiungeva, profetica: “Ma lo sconcio finirà. Quando, superata la prova, Qualcuno mi chiamerà” (La rima, per creare il clima). Come sia, come non sia, il 93% le ha portato fortuna e ha potuto così superare un esame certamente a rischio. Pensate se sceglieva la percentuale di Milano o di Brescia o anche solo di Siena (29%). Poteva, con parecchie probabilità, non passare l’esame e la profezia saltava. Col rischio che la favola non si potesse svolgere come previsto. Pensate come saremmo rimasti tutti male. Successivamente, un’altra percentuale l’ha attratta non meno di quella precedente.
Quando, nelle elezioni che si sarebbero svolte
lì a poco, si è trattato di scegliere tra il 60% dei pronostici a
favore del Centro D (“D” come “Domitia”, nome della villa acquistata
recentemente dal Boss della coalizione, lo Statista di Arcore e
Brianza, sul lago di Como) e il 40% per il Centro S (“S” come “Sperèm”)
– così si chiamava la coalizione contrapposta -, anche qui, non ha
avuto dubbi. Poteva scegliere la seconda percentuale. No, niente.
Era la prima a ispirarla. Non c’erano ragioni particolari. Era solo
la magia di quel valore, che tra l’altro poteva anche crescere, ad
esaltarla. La seconda percentuale, tra l’altro la davano in ribasso,
e la deprimeva. Nessun pregiudizio. Una inspiegabile questione di
percezioni profonde, quasi viscerali. Come sia e come non sia, sta di fatto che questa mania per le percentuali giuste le ha fruttato, nel prosieguo della storia, il soprannome di “Star 97%”. Questa faccenda in realtà è piuttosto lunga, ma è riassumibile così. Un bel giorno, come in tutte le fiabe che si rispettino, si trovò a passare di lì, praticamente all’angolo di casa sua, dove lei era sempre in attesa, nientemeno che il Mago Berlù: che la guardò e di lei si innamorò, alla buona, (era, infatti, come si racconta, un cattolico un po’ praticante) - e in Sardegna la portò. E fu a Villa Certosa che le propose di fare il ministro della Pubblica Istruzione. E, siccome lei aveva la mamma e la sorella che erano insegnanti, accettò. Quando uno dice.
E così divenne ministro. E proprio al Ministero
qualcuno le ha detto che il 97% della spesa per l’Istruzione era per
gli stipendi al personale. Pensate quante cose si dicono. Fu però nella reggia di Mago Berlù che avvenne il fatto eclatante. Durante un Consiglio dei Ministri, in cui l’avevano invitata perché mancava una rappresentanza femminile, le capitò di sentire una vibrante voce maschile che raccontava di un interessantissimo 66% (infondato, ma che suonava bene, riferito alla percentuale dei sudditi del regno che, grazie alle misure del narrante, avevano smesso di ammalarsi per via della produttività che doveva crescere). Fu così che in lei subito scattò l’amore.
La voce era di tale Messer Brunetto, detto
l’Agitato; e, anche lui, si trovava lì ad essere Ministro. |