Federalismo fiscale e scuola:
il rischio di un livellamento 'verso il basso'.

da Tuttoscuola, 5 ottobre 2008

Il modello di finanziamento che emerge dal disegno di legge è un modello di finanziamento integrale dell'attività regionale volta al rispetto dei livelli essenziali che si articola, per garantire la copertura del costo standard, sul ricorso a risorse "regionali" nel senso di tributi regionali veri e propri, alla partecipazione al gettito di imposte statali, al fondo perequativo, ma senza il ricorso a trasferimenti statali veri e propri.

L'assunzione del criterio del costo standard, la cui adozione potrebbe assicurare anche una risposta ad un'esigenza di efficienza, ha come ricaduta certa una limitazione quantitativa rilevante e significativa dei flussi di finanziamenti, con riflessi negativi sui profili organizzativi delle funzioni attribuite alle Regioni per il settore istruzione e istruzione e formazione professionale.

Questo il motivo per il quale appare opportuno sostenere la richiesta delle Regioni di "svincolare" l'istruzione dal vincolo della lettera m) del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione, e di fare riferimento alle funzioni. Se, infatti, la riallocazione delle competenze, nel quadro attuativo del Titolo V, fosse "guidata" dalle funzioni, si trasferirebbe alle Regioni la spesa pubblica per l'istruzione e contestualmente le risorse ed il personale che ora si occupa d'istruzione a livello centrale.

Se viceversa il processo di riallocazione fosse guidato dalle risorse il costo standard predeterminato potrebbe risultare inferiore al fabbisogno finanziario per le funzioni trasferite.

Il criterio del costo standard comporta un calo dei trasferimenti alle regioni ed in particolare metterebbe in difficoltà il Mezzogiorno dove i servizi costano di più.

La ricerca della soluzione dei problemi connessi al rapporto tra nuova competenza e relativo finanziamento consente di misurarne l'adeguatezza rispetto all'allocazione delle funzioni nei diversi livelli istituzionali e la congruità complessiva delle risorse finanziarie.

Una scelta politica impegnativa non solo per le Regioni ma anche per il ministro Gelmini, che dopo la riduzione del tempo scuola non può correre l'ulteriore rischio di un livellamento della qualità della scuola "verso il basso".