Stranieri in classe/2. da TuttoscuolaNews, N. 364, 20 ottobre 2008 Il ministro Gelmini ha detto che “la Lega ha sbagliato a parlare di classi ponte. Ma il problema c’è, è giusto che i bimbi stranieri vengano aiutati ad imparare la nostra lingua, stiamo creando degli appositi corsi di italiano”. Ma se le cose stanno così, basterebbe specificare, per esempio, che la durata di tali classi e corsi non sarà annuale, ma funzionale al conseguimento dell’obiettivo linguistico e rapportata ai livelli di partenza. Potrebbe trattarsi anche di poche settimane. L’inserimento nella classe potrebbe inoltre essere accompagnato da azioni di supporto da svolgersi in orario extrascolastico. Tutto questo potrebbe essere realizzato anche a legislazione invariata, sulla base di direttive del ministro, visto che il DPR 275/1999 (art. 4, comma 2) afferma che le istituzioni scolastiche autonome “regolano i tempi dell’insegnamento e dello svolgimento delle singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni”, e che a tal fine possono adottare “tutte le forme di flessibilità che ritengono opportune”, e tra l’altro l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività (punto a), l’attivazione di percorsi didattici individualizzati (punto c), e l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso (punto d).
All’estero
si fanno già cose di questo genere, e anche altro. Perché in Italia
non si dovrebbe fare nulla, salvo rimettersi alla buona volontà
degli insegnanti e di qualche dirigente scolastico particolarmente
motivato? |