"Presidente, fermi la Gelmini".

Valanga di mail al Quirinale. Napolitano: comprendo, ma decide il Parlamento.

Paolo Passarini, La Stampa, 14.10.2008

ROMA
Si tratta certamente di un segno dei tempi. Ieri l’ufficio-stampa del Quirinale ha diramato un inusuale comunicato per arginare una campagna di sms. Erano montati a valanga, sospinti da un certo numero di «blog», e tutti, con tono appena copertamente aggressivo, si appellavano al presidente della Repubblica perchè bloccasse la riforma della scuola, presentata dal ministro Mariastella Gelmini. Il presidente della Repubblica ha tenuto a far sapere che l’indirizzo della protesta era sbagliato e che lui non può fare nulla riguardo a una legge ancora all’esame del Parlamento.

«Giunge in questi giorni al presidente della Repubblica -dice il comunicato- un gran numero di messaggi con i quali da parte di singoli, e in particolar modo di insegnanti, nonchè da parte di alcune organizzazioni, gli si chiede si non firmare il decreto-legge 137, o, più propriamente, la legge di conversione di tale decreto». Tutto è cominciato, dicono al Quirinale, con un primo blog, che, il 9 ottobre, ha incitato a inondare il Quirinale di massaggini. Di lì è partita quella che alcuni collaboratori del presidente definiscono una «catena di Sant’Antonio», per cui ai blog sono seguiti altri blog, ai messaggini altri sms, fino ad arrivare alle agenzie di stampa e alle prime raccolte di dichiarazioni da parte di intellettuali influenti. C’era anche il profumo acre - ha commentato qualcuno al Quirinale - di «un’evidente strumentalità». Al primo indignato appello di Dacia Maraini contro il maestro unico, il Quirinale ha deciso che occorreva rispondere.

Preciso e puntiglioso, come egli stesso ha in più di un’occasione amabilmente riconosciuto, Giorgio Napolitano ha tenuto a far sapere che «pur nella viva attenzione e comprensione, da parte del Presidente, per le motivazioni di tali appelli, si deve rilevare innanzitutto che il Parlamento non ha ancora concluso l’esame di provvedimento in questione». Del resto, «secondo la Costituzione italiana, è il governo che si assume la responsabilità del merito delle sue scelte politiche e dei provvedimenti di legge ...che possono essere contrastati, modificati o respinti solo nel Parlamento stesso». Insomma, il capo dello Stato non è, come è ovvio, responsabile dell’indirizzo politico e l’Italia è una repubblica parlamentare. Dovrebbe essere evidente che «il capo dello Stato non può esercitare ruoli che la Costituzione non gli attribuisce».

Soddisfatto dei suoi indici di popolarità, ma preoccupato per la sua difficile posizione di presidente eletto dal centrosinistra però in carica con una forte maggioranza di centrodestra, Napolitano ha anche colto l’occasione per rivelare una sua difficoltà. Mentre Silvio Berlusconi tradisce l’intenzione di allagare le camere con decreti-legge, il presidente confessa che «limiti temporali oggettivi» rendono difficile chiedere, in questi casi, «una nuova deliberazione», cioè respingere le leggi di conversione, determinando così un vuoto legislativo. E, in ogni caso, «il presidente ha in ogni caso l’obbligo di promulgare le leggi, qualora le stesse siano nuovamente approvate, anche nel medesimo testo». E’ complicato respingere un decreto-legge, e poi, se ripresentato, occorre comunque firmarlo.

Il presidente sembra mettere le mani avanti: non posso fare miracoli, posso fare soltanto quello che la Costituzione mi permette di fare. Il resto ha a che vedere con responsabilità di indirizzo politico, cioè di quella maggioranza che gli italiani si sono scelta.