DL. 154 (art. 3): una norma che scardina la scuola
pubblica come istituzione profondamente radicata nei territori,
luogo di identità e di futuro. è un atto centralistico che viola
le competenze delle Regioni e che scarica enormi costi sociali
ed economici sui piccoli Comuni, e in particolare sui Comuni
montani.
Il Piano Gelmini ha definito "una buona percentuale" delle
scuole funzionanti ("tra il minimo certo del 15% e il massimo
probabile del 20%") "non legittimato a funzionare come
istituzione autonoma", poiché non raggiungono i 500 alunni.
Concretamente si tratta di 2.590 scuole
che ora il Governo, con il decreto 154/08 (in materia di
sanità!), impone alle Regioni di sopprimere entro dicembre di
quest'anno.
Se non lo faranno, il decreto prevede che
le Regioni ricevano una diffida del Presidente del Consiglio e,
in caso di ulteriore inadempienza, che vi sia la nomina da parte
del Governo di un commissario ad acta per attuare il piano delle
chiusure.
Nelle intenzioni del Governo i nuovi piani
di dimensionamento saranno in vigore giàdall'anno scolastico
2009/2010.
Uno sconvolgimento inaccettabile nel
sistema scolastico, in particolare per quei 1.080 Comuni che
vedrebbero chiusa l'unica scuola esistente nel loro territorio,
che verrebbe così privato di un fondamentale presidio pubblico,
luogo di educazione, di identità, di futuro.
L'effetto di devastazione in realtà è
ancora maggiore rispetto ai numeri precedenti, considerando che
ogni autonomia scolastica è fatta di più plessi (edifici)
scolastici*,
anche dislocati su Comuni differenti.
Per questi il Ministro impone la chiusura
se hanno meno di 50 alunni e rende precaria l'esistenza di
quelli che ne hanno meno di 100 (oltre 4.000 plessi).
Basta analizzare l'elenco dei Comuni con
scuole che hanno meno di 500 alunni per comprendere che è
profondamente sbagliato operare in modo generalizzato prendendo
a riferimento il solo parametro del numero di alunni: per
razionalizzare la rete scolastica, nell'ottica di rendere più
efficiente ed efficace la spesa, occorre intervenire in modo
puntuale, accorpando laddove è possibile e giusto (ad esempio
nelle aree urbane) e, soprattutto, favorendo una vera e
responsabile autonomia dei territori e della rete scolastica.
Il Governo Prodi aveva iniziato un
processo di accompagnamento della programmazione della rete
scolastica che prevedeva di lasciare nell'ambito territoriale i
risparmi eventualmente derivati da questo processo di
accorpamento, per arricchire la dotazione delle scuole esistenti
e anche per affrontare i maggiori costi che la chiusura di una
scuola comporta per gli enti locali.
Va detto, infatti, che il Piano Gelmini,
con la sua previsione di chiusura di scuole, oltre a far perdere
alla scuola la natura di istituzione capillarmente radicata in
tutti i territori, carica costi enormi sui bilanci dei Comuni,
in particolare dei più piccoli e di quelli delle zone montane;
in definitiva sui Comuni più deboli.
Invito poi il Ministro Gelmini a non fare
un autogol con un eccessivo irrigidimento dei criteri: esistono,
infatti, oltre 2.600 scuole con oltre 900 alunni (fino a 2.800)
che andrebbero, in tal caso, suddivise in più autonomie
scolastiche.
Da un punto di vista economico
l'operazione Gelmini è sostanzialmente a saldo zero, dal punto
di vista della qualità della scuola e delle rispettive comunità
il danno è enorme. Questo dimostra che bisogna rispettare le
competenze e l'autonomia degli enti locali.
E, infatti, Il decreto 154 presenta anche
un altro aspetto inaccettabile: con questa norma lo Stato
centrale espropria le Regioni di una loro competenza. L'ennesima
dimostrazione che questo Governo da una parte continuamente
sbandiera il federalismo, dall'altra lo calpesta
sistematicamente: normare, con decretazioni d'urgenza,
competenze proprie delle Regioni, imponendo tempi impraticabili
e immediata nomina di commissari ad acta per svolgere i poteri
sostitutivi èun'intollerabile atto di ingerenza istituzionale.
Auspico che questa norma venga
immediatamente ritirata e che la Conferenza Stato-Regioni sia la
sede in cui venga riportato nel giusto ambito – quello regionale
-la competenza in materia di programmazione della rete
scolastica.
E'evidente che se questa sede di
collaborazione interistituzionale non riuscirà a far ritirare
questa norma, l'ipotesi avanzata dalla Regione Toscana di un
ricorso alla Corte Costituzionale diviene l'unica strada
percorribile.
*
In Italia le autonomie scolastiche sono
circa 10.800; i plessi (edifici) scolastici circa 42.000.
Decreto 154/08
Art. 3.
Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni
scolastiche
rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali
1. All'articolo 64 del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 6 e' inserito il seguente:
«6-bis. I piani di ridimensionamento delle istituzioni
scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli
enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile
per assicurare il conseguimento degli obiettivi di
razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente
comma, già a decorrere dall'anno scolastico 2009/2010 e comunque
non oltre il 30 novembre di ogni anno. Il Presidente del
Consiglio dei Ministri, con la procedura di cui all'articolo 8,
comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131, su proposta del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il
Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca,
sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, diffida le
regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro
quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e
gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi
di ridimensionamento della rete scolastica. Ove le regioni e gli
enti locali competenti non adempiano alla predetta diffida, il
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e
delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, sentito il Ministro per i
rapporti con le regioni, nomina un commissario ad acta. Gli
eventuali oneri derivanti da tale nomina sono a carico delle
regioni e degli enti locali.»
Elenco delle scuole con meno di 500 alunni |