L'INTERVISTA / Calderoli: "In passato ho
sbagliato anch'io
cambiando la nostra Costituzione a colpi di maggioranza"
"Chiamiamo subito Veltroni
certe riforme si fanno uniti"
Piero Colaprico la
Repubblica, 3.11.2008
MILANO - La prima
persona che Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione,
chiamerebbe a parlare di università è, così dice, "Walter Veltroni".
E perché
vuole aprire a Veltroni sui temi dell'università?
"So di aver commesso un errore in passato, quando ho fatto di tutto
per cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza. Dagli errori
bisogna imparare, sulla scuola ci vuole un discorso unitario".
In nome di
che cosa?
"È un settore che gode di una propria autonomia e questo tema deve
rientrare nel discorso più generale delle riforme costituzionali".
Su quali
elementi spera che Veltroni entri nel dibattito?
"Anche Veltroni non può non considerare che nelle università ci sono
5.300 corsi, o che a Firenze c'è un corso per un solo studente e
tredici professori. Bisogna prendere insieme delle decisioni, non
per premiare o punire qualcuno, ma per creare una base reale di
ragionamento e ripartire".
C'è mezza
Italia che protesta. Almeno nella comunicazione, forse il governo ha
sbagliato.
"Sicuramente. Nelle strade e in parlamento si sta protestando per
cose che risalgono a luglio e agosto. Si è utilizzato il decreto
Gelmini che nulla c'entra con un euro tolto alle università per
sollevare il problema. Ma c'erano tre mesi per far capire le cose e
non s'è fatto".
Studenti e
professori intanto contestano i tagli.
"Sono d'accordo con gli universitari quando chiedono più formazione
e più ricerca. La ricerca è stata "sottotagliata" rispetto a tutti
gli altri settori, ma con gli sprechi che ci sono da decenni, se
tagli 60 milioni è come tagliarne 600".
Il ministro
Maroni chiede di identificare chi occupa le scuole.
"Se uno fa attenzione ai video dei cortei e degli occupanti, si
rende conto visivamente che il numero dei fuori corso o dei
pluribocciati è enormemente salito e non corrisponde agli studenti.
Mi sembra di vedere le facce delle curve degli stadi. Se
l'identificazione è un modo per impedire che i professionisti della
contestazione possano interferire, ben venga".
Bossi dice
che "la sinistra ha perso il potere sugli operai e cerca l'appoggio
degli studenti". Può suonare una tesi un po' di comodo.
"Purtroppo è vero. Quando si è schierato con le banche e la grande
industria, il centrosinistra è diventato incompatibile con gli
operai, che si sono schierati con la sinistra arcobaleno, che è
fallita. Alla fine hanno votato Lega, perché dopo decenni di
proclami si sono trovati con lo stipendio che non basta mai".
A qualcuno
questa contestazione ricorda il '68. Anche a lei?
"Come partenza forse, ma quello - e so di tirarmi addosso gli
d'insulti dei miei - era un grosso momento culturale e senza il '68
non ci sarebbe stato quel grande movimento di emancipazione della
donna. Purtroppo è degenerato nella violenza. La storia ha bisogno
di più tempo per compiersi al meglio, oggi non mi pare ci siamo
cambiamenti culturali in vista".
Anche la
mancanza di futuro sembra un buon collante.
"Riconosco che quest'ansia c'è, ma contrasta con i numeri. Se uno
verifica c'è un continuo incremento dell'occupazione, la
disoccupazione è in calo. Il futuro che c'è, però, non è come
dovrebbe essere e abbiamo una responsabilità di fronte a questo
dramma. Per questo invoco Veltroni e un'opposizione seria, per dare
quello che si può dare".
Condivide il
decreto Gelmini?
"Sì, non è una riforma, ma un intervento limitato sulla scuola
dell'obbligo, per riconsiderare voti, condotta, maestro prevalente.
Purtroppo la scuola è stata utilizzata per diventare un
ammortizzatore sociale. Ma esistono dei parametri europei, teniamone
conto. Diamo più soldi al maestro prevalente e utilizziamo gli
altri, pagandoli un po' meno, per aumentare il tempo pieno dei
nostri figli. L'insegnante precario protesta legittimamente, ma i
suoi non sono e non erano diritti acquisiti".