Nella testa di chi studia prima o poi si
affacciano una serie di domande. La scuola senza qualità Domenico Starnone la Repubblica, 4.11.2008 Il ruolo dello studente si sa qual è, a occhio e croce: sgobbare obbedientemente nel presente per essere premiato nel futuro. Senonché lo studio viene sempre a cadere in un presente che non promette niente di buono e in un mondo con tratti immondi che sembra avere un pessimo futuro. Conseguenza: nella testa di chi studia si affacciano presto o tardi almeno tre domande. La prima: che razza di scuole hanno fatto quelli che adesso gestiscono così disastrosamente casa nostra e il pianeta. La seconda: che razza di scuole ci stanno facendo fare. La terza: che scuola, che università bisogna inventarsi per studiare in modo da darsi un futuro che non sia sgangherato come il presente. Quando, per un motivo o per l'altro, queste domande diventano esplicite, lo studente smette di essere uno in disciplinata attesa del tempo a venire e diventa, nel turbolento presente, una rogna. Oggi siamo a questo punto, cioè alla rogna. Eppure tutto pareva andare liscio. I secolari problemi della scuola di massa, presenti in tutti i paesi avanzati, erano stati ridotti al tema della disciplina e degli sprechi. Ci si era tutti convinti che la scuola non funzionasse primo per colpa di un pugno di bulli, secondo perché gli insegnanti sono troppi e sfaticati, terzo per via delle ideologie permissive dei docenti di sinistra che impediscono una selezione vera dei capaci e dei meritevoli. Così il governo, per bocca della ministra Gelmini, stava gettando con successo fumo negli occhi, come in tanti altri settori, approntando non riforme e altre cose costose, ma un po' di frusta, parecchi tagli e un'impressione di ritorno al passato (grembiule, maestro unico, voto di condotta, bocciature, classi differenziali), che è sempre il modo migliore per lusingare l'elettorato di centrodestra e anche un po' di quello colloquiale di centrosinistra. Ma è esplosa la crisi finanziaria e il giochino non ha funzionato. Il futuro fosco ha reso evidente il cattivo presente, gli studenti disciplinati sono scesi in piazza ed ecco che sono diventati più pericolosi degli studenti bulli. Anzi, come si è potuto vedere a piazza Navona, i bulli si sono trasformati all'improvviso in studenti modello, hanno ottenuto la condiscendenza dei tutori dell'ordine e hanno sprangato i fannulloni di sinistra con spranghe tricolori. Perché? Perché una serie di temi, considerati negli ultimi due decenni risibili, sono ritornati al centro e non è roba che si può nascondere sotto i grembiuli o dietro il voto in condotta o dietro le classi per soli immigrati: il diritto allo studio insidiato dalle disuguaglianze; la qualità dell'insegnamento nella scuola e nell'università di massa, dove non basta ratificare fiaccamente che ci sono i capaci e i meritevoli, bisogna anche riorganizzarsi in modo da far venire fuori capacità e meriti nei più, gli svantaggiati, i non adatti; lo scollamento forse definitivo tra istruzione e lavoro, tra le modalità della trasmissione di cultura nella scuola e nell'università, e i mutamenti tecnologici degli ultimi decenni; il tentativo sempre in atto di trasformare l'istruzione in merce redditizia, lasciando intanto che si impoverisca l'istruzione pubblica. Ecco dunque che, dopo i cortei e le proteste, a destra ma anche a sinistra le scuole e l'università sono diventate all'improvviso accettabili, tanto che ora tutti vogliono rimandare di corsa gli studenti nelle aule. A destra, i giovani sono stati inseriti in due grandi contenitori: uno enorme, fatto di studenti desiderosi di tornare a studiare nella scuola così com'è, tanto che non si capisce più perché mai c'è un decreto Gelmini, se una massa disciplinatissima di ragazzi non vede l'ora di richiudersi nel normale trantran, basta con le manifestazioni; e un contenitore esiguo, abitato da facinorosi tutti di sinistra che vogliono rifare il ‘68, impediscono ai più di studiare e perciò si meritano di essere sprangati. A sinistra invece c'è per ora un contenitore solo, tutto pieno di studenti che a scuola e all'università ci starebbero bene, se non fosse per le cattive intenzioni di Gelmini. Ma, battuta la ministra, cosa si combinerà? Si può ricominciare senza troppe preoccupazioni? Fa niente se siamo lontanissimi da una scuola capace di assicurare a tutti un'istruzione di qualità? Fa niente se l'università è ridotta a un ottuso esamificio, via uno avanti un altro?
La verità è che ciò
che gli studenti sanno meglio di tutti per diretta esperienza è che
scuola e università, a parte qualche isola felice e un po' di
docenti volenterosi, funzionano sempre peggio. Il loro cattivo
funzionamento per di più è diventato un circolo vizioso:
l'università, mal funzionando, alimenta il cattivo funzionamento
delle scuole, e le scuole, mal funzionando, alimentano il cattivo
funzionamento dell'università. Gelmini ha il torto gravissimo di
essere il peggior rimedio possibile, il rimedio che uccide il
malato. Ma, bloccata lei, la malattia resta. |