La conferma del tempo pieno da Tuttoscuola, 8 novembre 2008 Il primo grido d'allarme è venuto da esponenti meridionali della maggioranza, secondo i quali, confermando o potenziando il tempo pieno, si finirebbe per penalizzare le scuole primarie meridionali ed insulari, a vantaggio di quelle del nord. Il grido d'allarme è fondato, a causa del fatto che la distribuzione attuale di classi a tempo pieno non è equilibrata: tanto al nord e al centro, poco o niente al sud. I conti sono presto fatti. Se prendiamo una istituzione scolastica con tutti i plessi funzionanti a tempo pieno, nessuna classe dovrebbe passare a 24 ore e nessun docente perderebbe posto. Confermati classi e docenti. Se un'altra istituzione scolastica ha tutte le classi attualmente funzionanti a 27 o 30 ore, vedrà trasformate classi a 24 ore con riduzione di organico e perdita del posto di docenti. Insomma le scuole con classi a tempo pieno (con relativi docenti) potranno evitare la scure dei tagli, mentre le altre no. L'esempio può essere esteso alle province che hanno o non hanno il tempo pieno (o ne hanno poco). Il sud che generalmente non ha classi a tempo pieno (se non in quantità simboliche) potrebbe essere decimato nell'organico, facendo da "donatore di sangue" per l'intero sistema della nuova primaria. Quanto meno la riduzione di posti sarebbe fortemente squilibrata, colpendo in modo molto ridotto le aree che già hanno alti livelli di tempo pieno e in modo pesante le altre. Come il sud, appunto.
Bisognerebbe che il reinvestimento dei posti risparmiati con il
modello orario a 24 ore fosse esclusivamente realizzato al sud. Ma
non basterebbe nemmeno a riequilibrare le riduzioni di organico,
oltre ad essere di difficile attuazione. Sarà bene che il ministro
Gelmini trovi presto una soluzione a questo nuovo problema. |