IL COLLOQUIO

Bertolaso: "C'erano 500 milioni
 non li hanno spesi"

Il responsabile della Protezione Civile: «Dovremmo chiudere tutte le scuole»

Pierangelo Sapegno La Stampa, 24.11.2008

TORINO
Le scuole vecchie e fatiscenti sono tante. Però, c’è anche di peggio. A volte ci sono i soldi per metterle a posto, e c’è chi non vuole spenderli. E a volte ci sono, ma non si possono spendere. A volte, infine, sono messe talmente male che uno dice: e noi che ci possiamo fare? Vengono giù le scuole, basta un colpo di vento, e noi cosa dobbiamo fare? Bertolaso commissario, Bertolaso pensaci tu, come per i rifiuti, come per i terremoti? Ah, neanche per sogno, dice lui. E allora cosa? «Regolamenti chiari, situazioni nette e procedure veloci, degne di un Paese moderno. Basterebbe questo. E in ogni Regione ci dev’essere un responsabile, che si faccia carico di tutto, anche delle spese».

Perché adesso succede che le scuole vengono giù, e nessuno ha fatto niente. Ma perché? Perché per le scuole i soldi c’erano e nessuno ha voluto spenderli? Cominciamo da qui, spiega Guido Bertolaso, il capo della Protezione Civile, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. «Prendiamo la 626, la madre di tutte le leggi della sicurezza. Nei decreti cosiddetti “mille proroghe” si scopre che ogni anno - di sicuro fino al 2006 - qualcuno faceva sempre la proroga perché non venisse applicata negli edifici scolastici».

Perché? «Perché servivano tanti e tali quattrini che erano gli stessi enti locali che chiedevano ai vari governi, qualunque fossero, di destra o di sinistra, per favore prorogate la non estendibilità agli istituti scolastici. Il fatto è che se lo estendevano, dovevano chiudere tutte le scuole d’Italia, perché la legge a quel punto parla chiaro: le scale, i parapetti, gli infissi, le finestre, non c’è niente che va e sarebbe tutto da rifare, perché niente è a norma».

Ma non c’è solo questo. La tragedia di Rivoli rievoca in parte quella di San Giuliano di Puglia, 2002. Allora fu un terremoto: altro problema per le scuole, e non solo (strade, ferrovie, ospedali, e tutte le infrastrutture strategiche). Bene. Le scuole pubbliche in Italia sono 42 mila, più 14800 private. In tutto 57 mila circa, con poco meno di 8 milioni di alunni. Quelle a rischio sismico sono quasi 23 mila, una cifra enorme.

Il decreto del ministro Gelmini ha destinato nell’articolo 7 bis, con delibera Cipe del 4 luglio 2008, 14 miliardi di euro a carico del pubblico e 30 miliardi a carico di privati per le infrastrutture strategiche. Il 5 per cento di queste risorse è per le scuole: 700 milioni di euro, che equivale a un intervento di 4500 euro per allievo e di poco di più di 600 euro a metro quadrato, considerando che ogni alunno in Italia dispone di uno spazio compreso tra i 6 e i 9 metri quadrati.

Questo per dire che non sarebbe un piccolo intervento. Il fatto è che nel 2003 il governo Berlusconi ne aveva già stanziati 500 per le scuole, dopo la tragedia di San Giuliano: ebbene, devono ancora spenderli. «Sono solo adesso in fase di spesa», precisa Bertolaso.

Ma non è assurdo? «È che le procedure sono talmente farraginose, talmente complicate, che è impossibile fare prima. Si fa una commissione che deve studiare le priorità e le compatibilità e così passano due anni, e poi si arriva alle Regioni e si ricomincia con i tavoli tecnici e con gli enti locali che discutono su come suddividere quei soldi. Molte volte non si bada nemmeno alle priorità vere, alle urgenze reali, ma solo alle convenienze politiche. Intanto così sono passati altri due anni. A questo punto i lavori vengono assegnati alle Regioni, che a loro volta cominceranno a fare i progetti e a fare gli appalti. Solo che nel frattempo dal 2003 magari si è arrivati al 2008 senza aver realizzato qualcosa».

Come rimediare? «In ogni Regione ci dev’essere un responsabile, che si faccia carico anche delle spese di investimento stabilite dallo Stato. Ma che se ne faccia carico subito, in modo da evitare tutte queste lungaggini assurde, tutta questa perdita di tempo». Se poi vogliamo cercare qualche segnale positivo, Bertolaso ricorda come oggi comunque quell’articolo 7 bis preveda anche una task force per studiare l’emergenza e accelerare gli interventi. «L’ho chiesta io al ministro Gelmini e lei mi ha dato ascolto: si tratta di un soggetto istituzionale che ha la responsabilità di prendere i soldi e individuare subito le prime cento scuole a rischio su cui cominciare a lavorare».