Le società linguistiche producono un documento
sulle classi per alunni stranieri
Anche lasciando da parte la questione delle discriminazioni, "sono
inefficaci"
"Le classi ponte? Sono inutili"
Così lo spiegano i linguisti
Salvo Intravaia,
la
Repubblica, 20.11.2008
I
linguisti italiani bocciano le classi-ponte. Attraverso una
dettagliata relazione, ben quattro società linguistiche nazionali
bollano come "non chiara", "poco perspicua" e "inefficace" la
mozione proposta dal parlamentare della Lega Nord, Roberto Cota, e
da altri 26 deputati della maggioranza, sulle classi di
"inserimento" per gli alunni stranieri.
L'elenco delle critiche al metodo e alle soluzioni proposte dalla
mozione-Cota è lunghissimo e non lascia scampo a troppi dubbi. "E'
opportuno - spiegano gli specialisti della materia - che si continui
ad immettere i bambini e gli adolescenti non-italofoni nelle classi
normali".
Gli esperti di Sig (Società italiana di glottologia), Sli (Società
di linguistica italiana), Aitla (Associazione italiana di
linguistica applicata) e Giscel (Gruppo di intervento e studio nel
campo dell'educazione linguistica) attraverso un ampio documento
smontano pezzo per pezzo quella che a tantissimi sembra un atto di
discriminazione nei confronti dei figli degli stranieri. E contro la
"discriminazione transitoria positiva", come la chiamano gli stessi
estensori della mozione, chiamano in causa i principi della
Costituzione italiana e la Convenzione sui diritti dell'infanzia,
emanata nel 1989 dalle Nazioni Unite. Ecco i motivi.
La premessa.
Il problema "vero" dovrebbe essere quello dell'inserimento "di
bambini e adolescenti non-italofoni nelle classi della scuola
primaria e secondaria di primo e secondo grado con l'obiettivo di
favorirne la massima integrazione scolastica". Secondo le Società
scientifiche in questione il problema è posto in termini "non chiari
e parzialmente fuorvianti nelle premesse della mozione". Il perché è
presto detto. Il documento elaborato da Cota & company parla di
"nomadi", "alunni stranieri", alunni con cittadinanza non italiana",
"bambini immigrati" (ed altro) come se si trattasse della stessa
cosa "oscurando il tratto rilevante che è quello della conoscenza
della lingua italiana".
Tra gli oltre 500 mila alunni stranieri presenti nelle scuole
italiane, infatti, almeno un terzo è nel nostro Paese e si esprime
perfettamente in italiano. Il provvedimento andrebbe indirizzato
agli "alunni non-italofoni" che andrebbero distinti per fasce d'età
visto che l'apprendimento della lingua dipende in primo luogo
dall'età. Ma non solo: gli esperti criticano anche i dati (tasso di
promozione e ripetenza) degli alunni stranieri utilizzati per
giustificare le classi-ponte che, secondo i linguisti, "abbisognano
di essere scorporati e ricanalizzati". La censura non risparmia
neppure il cuore del problema: il "diverso grado di alfabetizzazione
linguistica" che a loro parere riguarda soltanto le "capacità di
scrittura e lettura" anziché "la competenza linguistica" a tutto
tondo.
Il metodo. Gli esperti
disapprovano la mozione-Cota anche nel metodo, che definiscono
"incongruente". Vincolare l'ingresso degli studenti stranieri al
superamento di un test viene considerato "inopportuno" perché non si
specifica l'obiettivo: "testare la competenza linguistica in
italiano o altri tipi di conoscenze"? E in quale lingua andrebbe
formulato il Test? Anche la scadenza temporale entro cui superare il
test (il 31 dicembre di ogni anno) viene stigmatizzata perché
costringerebbe coloro che non superano la prova (o coloro che
arrivano in Italia dopo tale data ma hanno le competenze
linguistiche richieste) a rimanere in "classi differenziali" per un
intero anno. Ma la proposta delle classi-ponte sarebbe, addirittura,
"inefficace e inattuabile" in quanto porterebbe alla formazione di
classi di "una o due unità". E cosa c'entrano le indicazioni di un
"curricolo formativo essenziale" con temi che riguardano
l'Educazione civica con le competenze linguistiche?
Le proposte.
Dopo avere ampiamente criticato e motivato le stesse critiche alle
classi-ponte, gli esperti indicano al governo la via da seguire per
una soluzione razionale del problema. "Il riordino della materia è
auspicabile partendo dalle esperienze maturate sul campo,
generalizzando le buone pratiche ed eliminando errori ed
inefficienze".
Dalle esperienze condotte da diversi lustri in scuole e università
italiane "è emerso che l'acquisizione di una L2 (seconda lingua, ndr)
è tanto più facile, rapida, completa quanto più giovane è l'età del
soggetto apprendente e quanto più piena è l'immersione nella nuova
realtà linguistica e culturale". Occorre, poi, fornire, attraverso
corsi di aggiornamento, a tutti gli insegnanti italiani gli adeguati
strumenti per affrontare il problema e ricorrere al "sostegno
linguistico" (facilitatori linguistici) per alunni e genitori sia in
classe sia fuori dall'orario scolastico.