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La scuola di domani?
Inclusiva e meritocratica.

Le proteste anti Gelmini chiedono una scuola in cui vengano riconosciute e valorizzate le capacità; il movimento del '68 si è battuto al contrario per una scuola inclusiva. Come muoversi in tempi di tagli, riorganizzazioni e presunte riforme? Salvatore Nocera, vice presidente Fish, indica i tre parametri, individuati da una ricerca del ministero dell'Istruzione, che possono definire la scuola inclusiva e di qualità.

di Salvatore Nocera, vice presidente Fish da Superabile, 12.11.2008

ROMA - La contestazione studentesca del '68 ci fece passare da una scuola elitaria, radicalmente criticata da don Milani in "Lettera ad una professoressa" ad una scuola inclusiva, in grado cioè di accogliere quanti venivano da ceti deprivati come i ceti proletari, delle campagne, degli emigranti dal sud e da ambienti emarginanti come gli alunni con disabilità. Il movimento studentesco attuale tende, a mio avviso, ad ottenere una scuola meritocratica, in cui cioè le capacità di chiunque possano essere valorizzate e riconosciute, anche se non si appartiene ai ceti più ricchi. A questo punto, essendo uno di quelli che, a partire dal '68 mi sono battuto per l'inclusione scolastica degli alunni con disabilità, mi chiedo se sia possibile ad una scuola inclusiva, come sino ad oggi è stata la nostra, essere pure una scuola meritocratica, senza perdere il carattere dell'inclusione. Il problema non è di poco conto, anche perché il dibattito su questo versante è stato quasi assente, essendosi solo discusso dei tagli o meno al numero degli insegnanti per il sostegno, che non sono l'unica e neppure la più importante condizione per garantire il perdurare dell'inclusione.

Più formazione, risorse e accordi tra Stato e enti locali

Perché la scuola sia inclusiva, oltre ad insegnanti seriamente preparati per il sostegno, occorrono pure docenti curricolari formati fin dall'inizio e poi aggiornati continuamente in servizio per la presa in carico del progetto di integrazione degli alunni con disabilità con i compagni non disabili. Ma per far questo occorrono classi non troppo numerose, mentre l'orientamento governativo è di segno diverso. Occorrono inoltre collaboratori e collaboratrici scolastiche per la loro assistenza igienica, come stabilisce il contratto collettivo nazionale di lavoro, mentre il Governo sta riducendo il numero di questo personale, con gravi rischi per lo svolgimento di tale servizio ed il doveroso rispetto per il genere degli e delle alunne. Per una corretta inclusione occorrono trasporti gratuiti, ausili e sussidi specifici ed assistenti per l'autonomia e la comunicazione, come espressamente previsto dalla normativa vigente, mentre il Governo sta tagliando fondi agli enti locali che debbono fornire questi servizi. Per un'inclusione di qualità occorre realizzare accordi fra enti locali, Asl e scuole in modo da ridurre i costi e gli sprechi e meglio coordinare e rendere efficienti ed efficaci i diversi servizi, mentre il Governo non ha ancora neppure preso in considerazione l'Intesa Stato-Regioni sottoscritta il 20 marzo 2008 da tutte le regioni, comprese quelle di centro-destra, sulla qualità dell'inclusione scolastica degli alunni con disabilità, che ormai in Italia hanno raggiunto quasi le duecentomila unità. Non parliamo qui di tutti quegli altri alunni con difficoltà di apprendimento, non certificabili come disabili, che sono almeno il triplo e per i quali non sono mai state approntate risorse stabili sufficienti, ad eccezione della Provincia autonoma di Trento, mentre il Governo è deciso a tagliare sulla scuola pubblica.

Tre parametri per una scuola di qualità

Se la scuola vuol continuare ad essere una scuola inclusiva, divenendo pure una scuola meritocratica, deve garantire la qualità dell'integrazione scolastica, anche tramite l'individuazione di "indicatori di qualità", che elevi la qualità di tutto il sistema di cui l'inclusione è ormai parte inscindibilmente integrante. Però né il precedente ministro dell'Istruzione, né l'attuale si sono peritati di utilizzare i risultati di un'importante indagine svolta per conto del Ministero dall'Invalsi, l'istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, i cui dati, riguardanti il 64% delle scuole italiane, sono stati resi noti nel 2006. In tale indagine, che si può leggere sul sito http://www.invalsi.it/, sono stati individuati tre gruppi di "indicatori di qualità" dell'inclusione scolastica degli alunni con disabilità: indicatori strutturali, cioè fatti che debbono essersi realizzati prima ancora che gli alunni inizino la frequenza di quel determinato anno scolastico, come per esempio la composizione delle classi, l'eliminazione delle barriere architettoniche e senso percettive, la nomina degli insegnanti per il sostegno; indicatori di processo, cioè accoglienza in classe dell'alunno, formulazione definitiva del piano educativo personalizzato ad opera di tutti gli operatori scolastici extrascolastici e della famiglia, aggiornamento in servizio di tutti i docenti curricolari; infine indicatori di risultato, cioè quali strumenti valutativi vengono utilizzati, ad esempio prove equipollenti, quali gli obiettivi raggiunti come quello degli apprendimenti, della comunicazione intersoggettiva, della socializzazione e degli scambi relazionali. Nella logica di concorrenza fra scuole che sembra formarsi, sarà indispensabile inserire questi indicatori fra quelli per misurare la qualità di tutto il sistema d'istruzione. Questo permetterà che una scuola venga valutata mediamente anche per il livello di qualità raggiunto nell'inclusione, potendosi così vedere innalzata o abbassata la media del punteggio complessivo raggiunto. In mancanza di questo, si verificherà una concorrenza ad escludere gli alunni con disabilità, poiché è indubbio che la loro presenza, oltre ad essere certamente una risorsa educativa e civica per tutti i compagni, costituisca un aggravio di costi economici, organizzativi e di tempo per la singola scuola. Se pertanto gli sforzi per rendere sempre migliore la qualità dell'inclusione non verrà valutata nel complesso della valutazione di tutta la scuola, le scuole che realizzano una buona qualità verranno penalizzate. Si insiste perché il ministero dell'Istruzione riprenda in mano quella ricerca dell'Invalsi e questo problema e lo porti a soluzione, pena una dequalificazione dell'inclusione, che, anche se continuata a parole, nei fatti verrà abbandonata e ripudiata.