Il ministro: per troppi anni ostacoli al cambiamento
Gelmini: Siamo un governo di sinistra
Flavia Amabile, La Stampa,
17.11.2008
ROMA
Il governo Berlusconi? E’ un governo di sinistra, assicura il
ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, perché «è un governo
che crede nel cambiamento» e, quindi, «è, per certi versi, un
governo di sinistra. Può sembrare una contraddizione, ma noi
mettiamo al centro non solo il ceto medio, ma anche quelle famiglie
che faticano ad arrivare alla fine del mese, quelle famiglie che
fanno molti sacrifici per far studiare i propri figli».
E i cambiamenti messi in campo dal
ministro non sono pochi. Prendiamo
le spese. L’Italia spende di meno per la scuola rispetto ad altri
Paesi? Non è vero, precisa lei: «In alcuni casi spendiamo anche di
più, ma spendiamo male». Il problema è che: «per troppi anni il
Paese ha sofferto di una mancanza di coraggio nel portare avanti il
cambiamento, nell’approvare le riforme in settori come scuola e
università. C’è la necessità di razionalizzare la spesa, rivederne i
meccanismi. È innegabile che in questi ultimi anni la spesa
dell’istruzione era fuori controllo».
In quest’opera di risanamento,
ha detto il ministro, sarà importante il «dialogo con
l’opposizione», perchè la scuola non è «né di destra né di
sinistra». Piena approvazione della linea Gelmini dal presidente del
Senato Renato Schifani: «Bisogna spezzare le incrostazioni forti di
corporativismo e di clientelismo. Bisogna dire basta al falso
egualitarismo che mette sullo stesso piano tutte le università,
tutti i dipartimenti, tutti gli studenti. Basta alla distribuzione a
pioggia delle risorse».
Proprio perché i cambiamenti
non sono pochi nelle scuole in questi giorni si respira molta
confusione. Le nuove norme sono state approvate sotto forma di un
decreto che è già legge ma per diventare davvero operative hanno
bisogno di un regolamento, si tratta dei decreti attuativi che per
avere valore devono essere approvati entro il 31 gennaio, il che
spiega la fretta che il ministero aveva di approvare la riforma
senza passare in Parlamento. Attravero questi regolamenti si
definirà dove saranno tagliati i posti di ausiliari, tecnici e
amministrativi (oltre 44 mila) e le cattedre (circa 88 mila) nei
prossimi tre anni. Ridurranno il tempo prolungato alle medie,
riscriveranno le superiori e gli istituti tecnici e professionali.
Perché, ad esempio, delle 900 sperimentazioni oggi presenti si
salverebbero solo quelle dei licei europei e internazionali o con
partneriati internazionali.
Non sono modifiche da poco e nelle
scuole c’è grande disorientamento.
«Partiamo già in questo periodo con gli open-day per dare ai
genitori le informazioni necessarie per orientarsi nelle scelte -
racconta Pietro Bovaro, presidente dell’Istituto tecnico Grassi di
Torino - Abbiamo avuto molti genitori disorientati e i docenti non
sanno che cosa dire perché non sappiamo che cosa potremo salvare
delle nostre sperimentazioni nè dell’autonomia che è garantita agli
istituti di operare».
Nel frattempo, sul fronte
dell’università, gli studenti
riuniti a Roma per la loro assemblea nazionale, hanno approvato per
acclamazione l’autoriforma degli studenti. A partecipare erano più
di un migliaio di circa venti atenei diversi, provenienti da tutta
Italia.
Tra le linee programmatiche della
«riforma dal basso», così come è
stata definita dai suoi redattori, ci sono l’abolizione del numero
chiuso e delle diverse classi di docenza, il superamento del
«sistema 3+2», l’eliminazione dei crediti e della frequenza
obbligatoria e l’accesso gratuito per gli universitari a diversi
servizi.