Se l’insegnante è precario
la dispersione aumenta

da Tuttoscuola, 14 novembre 2008

Un recente studio sulla selezione scolastica realizzato da un giovane ricercatore della Banca d'Italia, Sauro Mocetti, dimostra che esiste una correlazione tra elevata incidenza di insegnanti precari e aumento degli abbandoni scolastici.

Lo studio, intitolato "Educational choices and the selection process before and after compulsory schooling", è disponibile - solo in inglese - nel sito della Banca d'Italia, e si inserisce nella serie degli ormai numerosi contributi di economia dell'istruzione che i ricercatori della Banca stanno producendo da qualche tempo per impulso del governatore Draghi.

I dati presentati nella ricerca, che ha utilizzato fonti ISTAT e MPI, mostrano che a parità di altre condizioni alla maggiore stabilità del personale docente corrisponde un minore numero di fallimenti scolastici. Al contrario, nelle scuole dove si verifica una forte rotazione dei docenti, dovuta alla presenza di insegnanti con contratti di lavoro temporanei, il rischio delle bocciature e degli abbandoni aumenta.

Tra le ragioni indicate nello studio stanno la minore conoscenza della classe da parte degli insegnanti con incarico temporaneo e la mancanza di continuità didattica. Anche la prospettiva di dover cambiare scuola alla fine dell'anno incide negativamente sulla motivazione e sull'impegno del personale precario.

Dove la scuola funziona a tempo pieno e con personale stabile, invece, il rischio sia delle bocciature sia degli abbandoni precoci si riduce. Le conclusioni alle quali perviene lo studio della Banca d'Italia confermano la validità dei criteri valutativi che Tuttoscuola ha posto alla base del suo 1° Rapporto sulla Qualità nella scuola italiana (2007), e spingono in direzione dell'ampliamento del tempo pieno: un'operazione che le modalità applicative del decreto Gelmini (ora legge n. 169/2008) potrebbero favorire in misura assai consistente.