La formazione in Italia ha due debolezze:
la dispersione
e la scarsa formazione degli ultra 35enni

da Tuttoscuola, 19 novembre 2008

È stato presentato oggi presso la Camera dei Deputati il Rapporto Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) 2008, il volume che da quasi 30 anni fotografa processi e dinamiche del mondo dell'occupazione e della formazione.

Il messaggio più chiaro che emerge dal rapporto è che la progressiva scolarizzazione della società italiana è affiancata da un ancora scarso livello di qualificazione complessiva della popolazione.

Le cause, secondo l'istituto, sono da ricercare nella dispersione che non accenna a calare e anche nei "deludenti risultati" sul piano dell'educazione degli adulti. Permangono poi una serie di nodi relativamente alla governance dei sistemi. E su tutto si staglia l'immagine di un paese a due velocità, dove le disparità geografiche fanno passare in secondo piano anche le performance di successo.

L'istituto afferma che i paesi in grado di raggiungere in tutto o in parte gli obiettivi della Strategia di Lisbona sono quelli che partivano già nel 2000 con i migliori fondamentali. Il ritardo italiano, non a caso, è rimasto tale nonostante l'evoluzione positiva dei principali indicatori. Una performance particolarmente buona, infatti, si riferisce al tasso di successo nella scuola secondaria superiore da parte dei giovani 20-24enni, oggi pari al 76,3% (il benchmark di Lisbona è l'85% entro il 2010).

L'andamento del numero di coloro che riescono a conseguire il titolo mostra la progressiva riduzione del divario con il dato medio europeo: da -7,2% del 2000 a -1,8% del 2007. Altro risultato confortante è l'incremento dei laureati in discipline matematiche, scientifiche e tecnologiche, campo in cui l'Italia è uno dei paesi che ha fatto registrare i migliori risultati. Tra le problematiche più evidenti spicca invece il tasso di abbandono scolastico e formativo dei giovani 18-24enni, che rimane circa il doppio rispetto al 10% fissato a Lisbona; nonché la modesta partecipazione degli adulti alle attività di lifelong learning (formazione continua).

"Quest'ultimo aspetto appare tanto più grave - rileva il rapporto - considerando il basso livello di qualificazione della popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni. Ad avere un titolo di istruzione secondaria superiore è solo il 52,3%, circa 20 punti percentuali in meno rispetto al dato medio europeo e addirittura 40 in confronto ai paesi di punta in questo campo". La scolarizzazione complessiva della popolazione italiana continua a crescere grazie alle nuove generazioni. Tra i 14-18enni oltre il 92% frequenta le superiori con un leggero, ma costante incremento nel corso degli anni. Nella stessa fascia d'età aumenta anche la percentuale degli iscritti a un corso di formazione professionale iniziale, che nell'anno formativo 2006-2007 è arrivata al 4,3% (+1% rispetto all'anno precedente).

E sale tra i 19-24enni il numero di coloro che hanno frequentato un corso di formazione post secondaria, passando dall'1% all'1,4%. Nell'ultimo biennio, dopo alcuni anni di espansione delle immatricolazioni, sembra invece tornare a scendere la percentuale dei giovani che sceglie di proseguire il proprio percorso di studi iscrivendosi all'università. Il grado di partecipazione rimane tuttavia buono.

Nel 2007-2008 il tasso di immatricolazioni per 100 coetanei 19-20enni risulta del 55,4% e il complessivo tasso di iscrizione rispetto alla popolazione 19-23enne del 60,3%. In sintesi, il sistema formativo italiano lavora tra i giovani pressoché a pieno regime sino al termine della scuola secondaria di primo grado, con buoni risultati nel segmento successivo (portando l'Italia in piena media Ocse per quanto riguarda il grado di istruzione secondaria superiore tra le giovani generazioni), relativamente bene anche a livello universitario, nonostante alcuni aspetti critici.

Nel suo insieme, si innalza il complessivo grado di qualificazione della popolazione e al tempo stesso della forza lavoro. Per la prima volta in Italia la quota di forza lavoro che ha almeno un titolo di scuola secondaria superiore ha raggiunto il 60%. E la percentuale in possesso di un titolo universitario è salita al 15,7%, con un incremento annuo di sette decimi di punto.

"I veri tasti dolenti - aggiunge l'Isfol - su cui le politiche attive dovranno concentrarsi, rimangono due. Da una parte i bassi livelli di qualificazione delle generazioni ultratrentacinquenni, cui si associa una scarsa propensione alla partecipazione ad attività educative e formative. Dall'altra gli ancora troppo alti livelli di dispersione. Nel 2006-2007, l'1,6% degli studenti della scuola secondaria di secondo grado ha abbandonato precocemente