Il "day after" della scuola media Paolo Cosulich da ScuolaOggi, 11.11.2008 La scuola media, così amiamo ancora nostalgicamente chiamarla, si sta preparando in questo periodo alle giornate di scuola aperta o open days, per la presentazione dell’Offerta Formativa 2009-10 al territorio, in particolare ai genitori dei futuri “primini”. Quali modelli didattici proporre? E ancor prima, quale progetto culturale, didattico e formativo è stato progettato? Sino a ieri l’autonomia organizzativa e didattica delle Istituzioni Scolastiche Autonome ha consentito una certa originalità creativa nel trovare soluzioni adatte alle esigenze dell’utenza e del territorio, a rimediare situazioni compromesse dall’attuazione di riforme realizzate parzialmente e scarsamente condivise. La scuola media ha resistito all’abolizione del tempo prolungato, conseguente all’entrata in vigore della riforma Moratti; miracolosamente ne ha mantenuto in vita un suo surrogato, il modello 33 ore, pacchetto integrato di attività opzionali facoltative ideato per strutturare organicamente l’introduzione di un tempo scuola di 29 ore obbligatorie + 4 opzionali.
E così si mise una pezza al primo tentativo di
eliminazione del tempo prolungato: rimaneva un tempo scuola con
attività didattiche pomeridiane organizzate per tutta la classe,
sparivano le compresenze “storiche” ma, conservando l’organico del
t.p., restava la possibilità di recuperarne alcune. Alla scuola
dell’autonomia veniva chiesto di elaborare modelli organizzativi
coerenti con le indicazioni nazionali per la realizzazione del PECUP,
Il Profilo educativo, culturale e professionale che avrebbe dovuto
rappresentare ciò che un ragazzo di 14 anni dovrebbe sapere e fare
per essere l’uomo e il cittadino che è giusto attendersi da lui al
termine del Primo Ciclo di istruzione. A questo punto si consolida la convinzione, mai scritta da alcuna parte, che il tempo pieno, motivo per il quale viene lasciato l’organico specifico alle scuole, è costituito da 36 ore mensa compresa.
Con questo “super organico” le scuole hanno
realizzato le più disparate attività, sfruttando quasi sempre in
modo proficuo le risorse a disposizione, con la convinzione di
transitorietà della disponibilità ma anche con la richiesta, più
volte avanzata, di poter disporre di un organico che fosse
funzionale al piano dell’offerta formativa. In questa direzione l’USP
di Milano ha concesso quest’anno, con un escamotage di accomodamento
all’italiana, rimodulazioni di organico curvate sulle esigenze delle
scuole (cedo 4 ore di storia-geografia in cambio di 4 ore di
francese). Si è messa così un’ulteriore pezza per tamponare le falle
causate da interventi di governance scolastica, per lo meno poco
organici. Il “day after” della scuola media è già incominciato, con la grande mobilitazione unitaria e di massa dispiegata da tutta la scuola il 30 ottobre, docenti-non docenti-alunni-genitori-dirigenti uniti contro la politica dei tagli indiscriminati e del ritorno alla scuola della matita rossa-blu. Ma il “giorno dopo” dell’applicazione della legge 133 ridurrà all’osso l’organico della scuola media. Tutte le cattedre verranno ricondotte a 18 ore, la cattedra di lettere sarà articolata su due classi (9+9 ore), tecnologia e matematica costituiranno una cattedra unica (6+2 ore), il tempo prolungato verrà concesso solo se prevede tre rientri pomeridiani, per un totale di 36 ore comprensive di mensa. Per il t.p. verranno date solo le ore effettivamente necessarie, cioè 7 per classe, in organico (di fatto ?). La perdita secca sarà mediamente del 10% dell’organico attuale. Sono solo tagli? No. E’ vero che le leggi 133 e 169 non costituiscono un piano di riforma scolastica, ma è anche assolutamente chiara qual è la visione di scuola che si vuole annullare: si vuole smantellare la scuola “di tutti e di ciascuno”, la scuola che include e mette in atto iniziative per contrastare il disagio scolastico e la dispersione, la scuola che individualizza i percorsi di apprendimento, la scuola delle “classi aperte” e delle attività di recupero a piccolo gruppo, la scuola della didattica laboratoriale. Perché questa scuola non è più realizzabile senza un organico adeguato, perché non è vero che il bullismo si combatte con il 5 in condotta e la bocciatura, perché non è vero che con i voti decimali si migliorano gli esiti dell’apprendimento e si motiva allo studio limitando il disagio scolastico, perché non è vero che la lotta alla dispersione scolastica si fa solamente con i carabinieri che riportano a scuola i ragazzi di Scampia. Con questi strumenti si costruisce un preciso modello di scuola, quello che una volta si chiamava “scuola di classe”, la scuola per chi apprende senza problemi perché non ha problemi. E chi non ce la fa? Bocciato, espulso, estromesso.
Quali i costi sociali di questa politica?
Enormi, anche in termini economici (quanto costa la ripetenza di un
alunno?). L’autonomia scolastica per fortuna esiste ancora, ci consente tutti gli adattamenti del caso, ma non ha senso continuare a mettere pezze, come dicevamo, quando non c’è più stoffa per farlo. Se sino ad oggi si potevano prevedere interventi, azioni, progetti, con un organico certo, per l’anno prossimo potremo solo affidarci alla disponibilità volontaria dei docenti, da retribuire con un fondo d’istituto che sarà sempre maggiormente insufficiente. La scuola attende precise risposte da chi ci governa. Il ministro Gelimini nei prossimi mesi dovrà spiegarci, attraverso l’emanazione dei regolamenti attuativi della “riforma”, come potremo promuovere il successo formativo di tutti gli alunni, quali miracolose strategie dovremo escogitare per posizionarci tra i primi posti nella graduatoria OCSE-PISA, quali strumenti avremo a disposizione per l’integrazione e l’inclusione degli alunni stranieri provenienti dalle “classi ponte”, per il recupero, per la prevenzione della dispersione scolastica.
Attendiamo, non in silenzio. |