E ora che fare?
Calma e gesso.

di Dedalus, da ScuolaOggi 8.11.2008

Dopo la conversione in legge del decreto n.137 e le grandi mobilitazioni dei giorni scorsi nel mondo della scuola e tra genitori e insegnanti una domanda è ricorrente: e adesso che si fa?
Naturalmente c’è già chi pensa di mettere il carro davanti ai buoi, come si suol dire. In provincia di Milano qualche dirigente scolastico (per la verità pochi) ha già annunciato che presenterà ai genitori delle future prime elementari il modello basato sul maestro unico. Qualcuno addirittura (ma qui si tratta di casi patologici) ha sostenuto pubblicamente che darà avvio alle classi ponte per i bambini stranieri mettendo in atto una semplice “mozione”, quella contestatissima presentata dall’on. Cota (con quali risorse tra l’altro, in assenza della definizione degli organici, non è dato sapere…). Qualcun altro sta già parlando di rivedere i curricoli vigenti, i piani di studio e i relativi quadri orari. Ma, si sa, gli yesman esistono da sempre e c’è sempre qualcuno più realista del re.

Ma la domanda - che genitori e docenti pongono nel corso delle innumerevoli riunioni e assemblee pubbliche di questi giorni - resta: che fare, ora?

La prima cosa da dire è che è vero che ora esiste un quadro normativo di riferimento (il decreto 137 è legge, la legge n.169 del 30 ott. 2008), ma questo quadro normativo è incompiuto. Il famoso articolo 64 della legge n.133 del 6 agosto 2008 al comma 3 prevede che “per la realizzazione delle finalità previste dal presente articolo” (in realtà l’obiettivo primario del risparmio di spesa di quasi 8 miliardi di euro) il ministro dell’istruzione di concerto con il ministro dell’economia predispongono un piano programmatico di interventi. Il che è stato fatto: lo schema di piano programmatico è stato approvato il 26 settembre scorso. Ma il successivo comma 4 dell’art.64 precisa che per l’attuazione del piano di cui al comma 3 devono essere adottati entro 12 mesi “uno o più regolamenti” .
Il punto allora è questo: fino a quando non saranno approvati i regolamenti attuativi tutto resta lettera morta. O meglio: le disposizioni di legge non sono ancora attuabili.
Ora, l’iter da seguire perché il piano programmatico venga recepito e tradotto in regolamenti non è breve: oltre al parere delle Commissioni parlamentari è previsto anche quello della Conferenza unificata. Ma soprattutto sugli atti regolamentari è indispensabile anche il parere del Consiglio di Stato che ha tempo 90 giorni per esprimersi.

Questo è esattamente il motivo che spiega la fretta del governo in tutti questi mesi. Per questo si è voluto porre la fiducia alla Camera e si sono ristretti ai minimi termini i tempi del dibattito in Senato. Se i regolamenti non saranno approvati entro i primissimi mesi del 2009 (in particolare quello sull’organizzazione didattica della scuola primaria) sarà molto difficile procedere e far partire quella che impropriamente si chiama “riforma Gelmini” con l’avvio dell’anno scolastico 2009/2010. Per fare un esempio concreto: quali modelli organizzativi ed orari presenteranno i dirigenti scolastici ai genitori che devono iscrivere i figli alle future classi prime (nella scuola primaria ma anche nella scuola secondaria di primo grado e non solo) ? Quali saranno i tempi per procedere alla definizione degli organici dei docenti?

Ora di fronte all’ottusità con cui procede il ceto politico del centro destra e alla determinazione del min. Tremonti di arrivare ad un ingente risparmio di spesa nella scuola pubblica, non c’è certo da essere ottimisti. Però si è visto che le manifestazioni di protesta di questi giorni (e il conseguente calo di consensi per il governo) qualche risultato lo hanno ottenuto. Per quanto riguarda l’Università si è pervenuti a più miti consigli: dalla volontà del ministro Gelmini di presentare un piano e un decreto legge entro una settimana si è passati alle "linee guida", si apre ora la porta ai disegni di legge ed al dibattito parlamentare.
Come pure qualche risultato l’ha ottenuto la protesta di Comuni e Regioni in tema di dimensionamento delle istituzioni scolastiche (discutiamo di possibili chiusure e accorpamenti, ma valutando attentamente caso per caso, non in maniera indiscriminata…).
Non è detto che la stessa cosa non possa avvenire anche per quanto riguarda la “revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico” (art.64) in fase di definizione dei regolamenti, almeno per quanto riguarda tempi e modi di attuazione. E’ appena il caso di ricordare che anche la riforma Moratti (che tutto sommato aveva ben altro respiro e qualche motivazione di carattere pedagogico, per quanto discussa e discutibile) è rimasta in buona parte sulla carta, dopo le mobilitazioni di genitori e insegnanti. In quante scuole sono stati attuati, ad esempio, in questi anni tutor e portfolio? In quante l’orario spezzatino di 27, 30 ore (con le tre ore facoltativo-opzionali) e “fino a 40 ore” previsto dal Dl n.59/2004 ?
Non solo. Ma, a proposito di tempo pieno, la legge n.176 del 25 ottobre 2007 (quella con cui Fioroni e Prodi ripristinavano l’art.130 del Testo unico n.297/1994 e quindi, inequivocabilmente, il “doppio organico” per ogni classe di tempo pieno) non risulta espressamente abrogata. Come verrà determinato allora l’organico sulle classi funzionanti a tempo pieno e sulle future prime?

Tutto questo per dire che la situazione è tutt’altro che chiara e definita nei particolari. Per questa ragione ci sembrano veramente improvvide e politicamente subalterne e servili (che altro termine usare?) le prese di posizione di alcuni dirigenti scolastici. Forse si sono spaventati alla lettura del comma 5 dell’art.64 (legge 133/2008), laddove si dice che i dirigenti del ministero, compresi i dirigenti scolastici, devono assicurare la compiuta realizzazione degli interventi di “razionalizzazione” previsti e ne sono personalmente responsabili? Per fortuna, anche qui, c’è qualcuno (i più) che manifesta il proprio aperto dissenso.

Quindi un’informazione corretta e diffusa resta essenziale. Come pure, se si vogliono contrastare efficacemente i provvedimenti del governo, resta fondamentale la mobilitazione dei vari soggetti del mondo della scuola (dai docenti ai genitori, alle associazioni professionali, all’iniziativa sindacale).
Questo è quello che si può ragionevolmente fare oggi: estendere il più possibile l’informazione (altrimenti veicolata dagli spot televisivi dei vari esponenti di governo e dalla stampa amica), mantenere alto il livello di mobilitazione e fare proposte alternative in tutte le sedi possibili, dalla piazza al parlamento. Perché questa è la democrazia.