Droga e sesso a scuola:
l'abbiamo voluto noi . . .
di Rita Guma da
Territorio Scuola del
20.3.2008
È scioccante e impone una riflessione quanto
scoperto dagli investigatori di Treviso riguardo al giro di sostanze
stupefacenti e sesso fra minorenni in alcune scuole. L'inchiesta
condotta per mesi dalla procura e dalla forze dell'ordine trevigiane
ha infatti portato alla luce fatti di droga e sesso a scuola messi
in atto da una trentina di studenti consumatori di stupefacenti e
portato all'arresto di alcuni spacciatori. Increduli i genitori,
dichiaratamente impotenti gli insegnanti.
Oltre che un "segno dei tempi", quanto accaduto è dovuto in parte
anche alla forte delegittimazione che la scuola ha subito in questi
anni ed al ridursi degli strumenti disciplinari e di controllo nelle
mani degli insegnanti. è palpabile, nelle scuole medie superiori e
inferiori italiane la scarsa considerazione di cui godono gli
insegnanti in generale. Mentre cinquant'anni fa c'era il rispetto a
prescindere da correttezza e bravura del docente, oggi c'è la
mancanza di rispetto a prescindere.
Il continuo dipingere (caro professor Ichino!) il personale della
scuola pubblica e i docenti in particolare come mangiapane a ufo,
persone impreparate sotto il profilo didattico e nei contenuti,
unitamente ad uno stipendio che - nelle stesse affermazioni dei
ragazzi - fa considerare un povero fallito chi intraprenda questa
professione, l'incremento del numero degli allievi per classe per
motivi di tagli al bilancio e infine le difficoltà di comminare
qualche sanzione quando si è ancora "in tempo", non potevano che
generare quanto sta accadendo non solo nelle scuole trevigliane, ma
in molte scuole d'Italia.
I docenti devono essere dotati di particolari virtù - non
retribuite, naturalmente - per superare lo scoglio rappresentato
dalla sfiducia e scarsa considerazione che i ragazzi nutrono nei
loro confronti fin dal primo giorno di scuola. Devono poi misurarsi
spesso con genitori arroganti che sostengono in figli anche oltre il
lecito. Emblematica in tal senso la dichiarazione di un docente
sentito sul caso di cronaca di oggi, il quale ha detto (citaz.
Tribuna di Treviso) "Se diciamo a un genitore che il figlio è
drogato rischiamo anche di essere denunciati".
Infine c'è il problema dei maggiorenni, che lo sono spesso solo
anagraficamente e per i quali sarebbe possibile procedere solo con
una denuncia, visto che chiamare i genitori costituisce una
violazione della privacy del ragazzo. Maggiorenni che tuttavia
possono danneggiare sè stessi e gli altri.
Non si nega qui che non vi siano docenti inadeguati o scorretti, che
spesso gli insegnanti, "non sapendo che pesci prendere" mettano note
di classe in cui si fa di tutte le erbe un fascio senza risolvere
nulla, anzi non facendo comprendere ai giovani il valore
costituzionalmente sancito della responsabilità individuale.
Tuttavia va anche tenuto conto che per la maggior parte, gli
insegnanti sono stati dati "in pasto ai leoni" senza averli dotati
di strumenti pedagogici, di comunicazione e di psicologia dell'età
evolutiva adeguati. Né appaiono adeguate le altre risorse
professionali disponibili sul territorio. Quanti psicologi sarebbero
in grado di fornire le ASL su richiesta dei docenti a fronte del
crescente numero di casi difficili?
I genitori agguerriti costituiscono poi, come si è detto, l'altro
ostacolo, che talora mette i dirigenti scolastici in posizione
contrastante con i docenti, dato che i primi (non sempre, ma accade)
vogliono evitare "grane" alla scuola e demandano ai consigli di
classe soluzioni disciplinari sulle quali non è sempre facile
raggiungere l'accordo. Per poche sanzioni esemplari comminate da
alcune scuole che adottano il pugno di ferro, non si contano i casi
di parabullismo trascinati per mesi e anni, nel senso d'impotenza e
talora in danno degli stessi docenti, che il ragazzo bullo
percepisce non avere l'autorità necessaria a contrastarlo e che
quindi prende anche a bersaglio delle proprie scorrettezze.
I genitori fanno bene a tutelare i diritti dei propri figli, sempre
che questi siano lesi, ma spesso la reazione aggressiva nasce dal
fatto di sentirsi mettere sul banco degli accusati insieme ai loro
ragazzi, dato che se un giovane si comporta male si sottende scarsa
educazione o attenzione da parte della famiglia. Si vede che questi
genitori preferiscono essere chiamati in questura quando ormai è
troppo tardi, quando il figlio ha fatto e subito - come a Treviso -
esperienze che lo avranno segnato a vita.
A volte anche sulla fedina penale.