Se premiamo chi non suda sui libri.

Gian Luigi Beccaria, La Stampa del 13.3.2008

 

Siamo in testa in Europa per asinità scolastica. Lo apprendiamo dal giornale di martedì. Colpa dei ragazzi? Direi di no, direi che siamo noi adulti i colpevoli. Siamo noi che spingiamo il corso delle cose in direzioni disastrose. Quali sono, di fatto, i messaggi forti che oggi mandiamo, ed ai quali in particolare i più giovani sono sensibili: che non conta tanto applicarsi a studiare seriamente, ma che a contare davvero è in primis il successo, e l’immagine. Or non è molto che la Iulm ha laureato Vasco Rossi, e Urbino ha conferito una laurea honoris causa a Valentino Rossi, simpatico ragazzo di certo, grande vivace ricco furbo (anche nelle evasioni?) coraggioso motociclista... ma non vedo come i suddetti abbiano sudato sui libri, di che tempra di studiosi siano fatti.

Non credo che debba essere questa la strada da imboccare per un futuro sopportabile, anche per la scuola. Se convinco le nuove generazioni che il nostro futuro non dovrà poggiare più su valori fondanti e su una cultura decentemente profonda, sul libro, sullo studio, sull’applicazione seria, allora teniamoci i nostri asini.

Tra l’altro, aggiungo, una delle idee vincenti è al momento quella che la società va concepita, amministrata e guidata come si guida un’azienda, e che quel che conta sono i risultati pratici, oggettivi. La nostra è l’azienda Italia, che «marcia», va cioè nel verso giusto, quando aumenta il numero di telefonini (siamo come blateratori via etere i primi in Europa), quando sempre più gente fa vacanze alle Maldive, quanto più si costruiscono ponti autostrade e cavalcavia. Più consumiamo, più facciamo, e più «siamo», «saremo». Basti vedere i programmi presentati dalle varie coalizioni per le elezioni di aprile: la scuola, l’Università, non vi compaiono.

Chi fa il mio mestiere, che ha a che fare con l’insegnamento, misura con disappunto che nella scuola e per la scuola è calato l’entusiasmo, da parte dei discenti e dei docenti. Per carità, esistono luminose e incoraggianti eccezioni, insegnanti straordinari, e bravissimi studenti, e i bravi sono certamente più bravi di noi quando avevamo la loro età. Ma la maggioranza! Guardo agli adolescenti, alle torme che percorrono i grandi territori urbani come aree destinate piuttosto al vagabondare che al vivere. Orde di illetterati, scriveva Daniel Pennac in Come un romanzo, sostano ignare ai piedi di grandi biblioteche pubbliche, e tristemente tra loro non comunicano se non smanettando coi telefonini, ascoltando nelle cuffiette i loro cantanti. Colpa loro o colpa nostra?