Asini a scuola (e a casa).
Andrea Bajani, La Stampa del
12.3.2008
La scuola italiana è rimasta schiacciata sotto
le macerie del discredito di istituzioni e famiglia. Gli studenti
italiani, riportano le pagelle vergate alla fine del quadrimestre,
sono per la maggior parte somari, con debiti formativi trascinati
come palle al piede, lacune che sembrano mari, e un generale
disinteresse nei confronti di chi sta dietro la cattedra.
Le cronache, le indagini degli psicologi, le tabelle, e i grafici a
torta dipingono una gioventù patologica allo sbando, picchiatori
voyeuristi nei gabinetti scolastici, compulsivi smanettatori persi
nei meandri di Internet o nell’isteria da pollice opponibile della
messaggistica cellulare. E appunto somari a scuola, voti bassi e
facce da chissenefrega.
E la scuola va giù, si grida al palazzo che crolla, il fumo che
viene su quando l’edificio si schianta al suolo, e intorno è tutto
un unanime urlare allo scandalo. Come fosse per caso che è saltato
in aria, o come fossero gli stessi ragazzi, o soltanto loro, ad
avere innescato l’ordigno, ad averlo messo a ticchettare sotto la
scuola. Che è un modo tutto sommato rassicurante per assistere al
crollo, e magari farci anche qualche foto ricordo, un buon modo per
dire: «Ai nostri tempi era diverso».
E invece la scuola è venuta giù erosa giorno per giorno da un’idea
di istruzione messa all’asta del migliore offerente, percepita come
un servizio da negoziare nel rapporto con studenti che da studenti
son diventati clienti.
Perché la scuola italiana è franata con i presidi che imbavagliano
gli insegnanti nell’esercitare il loro rigore per paura che i
clienti se ne vadano alla concorrenza, magari parlando con i
giornali, gettando una cattiva luce sull’istituto. La scuola
italiana è franata sotto le pressioni dei genitori che arrivano a
scuola contestando in cagnesco i voti troppo bassi dei figli, il
carico eccessivo di compiti a casa, persino le correzioni delle
versioni latine. La scuola italiana è franata con gli sms e le
telefonate delle mamme e dei padri italiani in orario scolastico per
raccomandare ai figli di andare a mangiare dalla nonna, piuttosto
che di comprare il pane prima di tornare a casa.
Mi chiedo, senza che questo deresponsabilizzi in alcun modo i
ragazzi, come è possibile che gli studenti riconoscano un qualche
ruolo a un’istituzione che da tutti è vissuta quale un qualsiasi
servizio superfluo, alla stregua di una compagnia telefonica, una
catena di negozi di abbigliamento, una discoteca, o un cinema
multisala? Perché la scuola italiana è rimasta schiacciata sotto le
macerie di chi ha smesso di crederci, prendendo a picconate
sistematiche, con la logica finanziaria dei debiti e dei crediti,
delle transazioni formative, delle negoziazioni pedagogiche, la
crescita culturale di un Paese che rischia di rimanere bloccato.
Perché a vedere quelle pagelle, quel disinteresse, quel disincanto,
non si riesce a pensare all’Italia futura, di cui ci si riempie la
bocca quando si parla dei giovani. In quelle insufficienze, e in
quelle facce si vede tutto il disincanto e il menefreghismo degli
adulti.