Governi: il trionfo delle ombre.

di Giuseppe Aragno da Fuoriregistro del 10.5.2008

Se manca il chiaro, l'ombra non dà vita e non sbalza, non crea profondità, non lascia immaginare dimensioni diverse e piani che si incontrano. In una parola, non fa chiaroscuro. Nessuno ne sentiva il bisogno, ma Veltroni, che ha una irriducibile vocazione di teatrante del nulla, scipito e un po' guitto, s'è inventato una sorta di ectoplasma e ha resuscitato il "governo ombra" di rinnegata ascendenza comunista.
Se l'amico-nemico Berlusconi non avesse sfondato la linea del Piave, il nuovo che avanza avrebbe affidato Scuola e Università a Maria Pia Garavaglia. Ombra di antica storia, vice sindaca a Roma e ministro con Ciampi, approdata alla corte americana del Partito Democratico dopo una vita nella Democrazia Cristiana e gli anni nella militanza nella Margherita, quando un'insospettata vocazione ortofrutticola, zoologica e botanica ha sostituito i partiti con asinelli e cespugli, querce e rose nel pugno.


Maria Stella Gelmini, numero uno effettivo di Viale Trastevere, produce con la Garavaglia un singolare chiaroscuro. Le riviste scolastiche più accreditate tendono a dipingerla a tinte lievi: trentacinque anni, bresciana, nata in terra leghista, ma tutta per Berlusconi, spicca il volo che ha appena 25 anni, nel 1998, quando diventa consigliere comunale a Desenzano. Di lì il gran balzo: 2002 assessore alla Provincia di Brescia; 2005 consigliere regionale in Lombardia e, dal 2006, deputata alla Camera. Oggi ministro della Scuola e dell'Università. Di scuola s'è occupata una sola volta nella breve e fulminante carriera politica, quando s'è posto il problema della "promozione e l'attuazione del merito nella società, nell'economia e nella pubblica amministrazione".

Sia per l'ombra che per il chiaro, dove che sia il governo, nella maggioranza di Berlusconi o tra i fantasmi di Walter Veltroni, la scuola di fatto, non ha cittadinanza, è un affare da condurre in porto, un percorso da chiudere in fretta, una privatizzazione che cambia il paese. Non serve gente di scuola, serve un programma di razionalizzazione della spesa e di risorse da passare al privato. La filosofia è quella comune ai liberisti: la solita solfa dell'autonomia pezzente, più potere ai dirigenti, finanziamenti in relazione al "merito" - e quindi concorrenza - la solita valutazione fatta da incompetenti e una corsa affannosa tra aziendalizzazione e privatizzazione. Si bombarda a tappeto: più merito, più selezione, più soldi alle famiglie e professori che dovranno essere tutti bravi benché nell'università non si metta mano al reclutamento del personale docente e nei concorsi i "baroni" continuino a fare il bello ed il cattivo tempo.

Il chiaro di Berlusconi e l'ombra di Veltroni disegnano in chiaroscuro un paese che non esprime classi dirigenti all'altezza della situazione. Un paese che non riflette sulla conoscenza, non si interroga sul ruolo strategico della formazione della coscienza critica. Un paese che piega il sistema formativo alla logica del mercato.

Assistiamo al crollo di un sistema di valori costruito in un secolo e mezzo di lotte collettive faticose e talvolta sanguinose. Il mondo cambia com'è naturale che accada, ma una società che cancella dal proprio pensiero lo stretto rapporto che esiste tra educazione e dimensione sociale, non ha strumenti per riempire il vuoto che la minaccia. E' questo rapporto che i nostri due governi pericolosamente ignorano. Basta guardarsi attorno per capirlo: la scuola che ci propongono impedisce che i giovani e i gruppi che essi vanno componendo acquisiscano strumenti per giungere ad una libera valutazione dalla loro esperienza e prendano coscienza dei loro reali bisogni e delle loro aspirazioni. Sconfitti dalla realtà in cui stanno crescendo, non sanno immaginare un mondo per il quale lottare e non possono creare un sistema di valori che riempia il vuoto nel quale rischia di annegarli il nuovo sbandierato da Berlusconi e Veltroni.