LA SCUOLA MULTIETNICA "Stranieri a numero chiuso".
Proposta di An a Torino: Maria Teresa Martinengo, La Stampa del 29.5.2008
TORINO Per Ghiglia è necessario prendere decisioni concrete e costose. «Dobbiamo evitare - osserva - il dramma delle banlieue. Siamo criminali, se tagliamo risorse in questo campo. A prescindere dal colore del governo». Ricette? «Dobbiamo distribuire gli stranieri dove non ce ne sono con un servizio di minibus. In alternativa, dobbiamo moltiplicare le scuole nei quartieri a maggiore concentrazione. Si può fare un censimento dei locali comunali o privati non utilizzati». Parallelo, l’incremento dei docenti. «Altrimenti capiterà ancora più spesso ciò che accade oggi: gli italiani lasciano certe scuole e così pure molti stranieri che iscrivono i figli a scuole private. Del resto, se ci sono classi con il 55-60% di ragazzi le cui famiglie non parlano italiano, il timore che la scuola non tenga il passo di una preparazione adeguata: è ovvio». A Torino l’assessore alle Risorse Educative, Luigi Saragnese, snocciola cifre «difficili da distribuire. Oggi il 22% dei nuovi nati ha almeno un genitore straniero. La presenza di studenti di origine non italiana nella scuola dell’obbligo è del 20%. A Torino si contano solo 7-8 scuole elementari che sono sotto il 10%». Saragnese ha appena incontrato le scuole della Circoscrizione 7, che ha il 34% di studenti non italiani. «Qui abbiamo una scuola dell’infanzia comunale con il 95% di stranieri e un nido con il 64%. È difficile non tenere conto del luogo di residenza delle famiglie. Tra l’altro, una legge degli Anni 80 ha eliminato la “zonizzazione”, il criterio in base al quale ci si doveva iscrivere nella scuola più vicina a casa. Oggi c’è libertà di scelta».
Di fronte al fatto che Ghiglia bacchetti chi
non vuole investire, Saragnese sorride. «Il costo degli insegnanti è
esorbitante. A Torino, in questo momento di bilanci limitati,
cerchiamo il dialogo con il governo per trasferire allo Stato, che
ne ha la competenza, una parte delle scuole materne comunali.
Costano 66 milioni l’anno. Stipendi soprattutto. Ma il dialogo non
decolla». E conclude: «Dobbiamo tenere presente che gran parte dei
bambini stranieri parlano italiano benissimo. Semmai hanno gli
stessi problemi che avevano negli Anni 70 i bambini del Sud:
strumenti culturali della famiglia limitati, difficoltà sociali ed
economiche». |