mito e realtà dell’autonomia scolastica.
ovvero:
ha senso che ciascuna scuola stampi la sua pagella?

di Giorgio Ragazzini,
dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità,
20.5.2008.

Frequentando le rassegne stampa sulla scuola e i documenti degli esperti, delle associazioni e dei sindacati, ci si imbatte a ogni pie’ sospinto nella parola magica “autonomia”, come ingrediente indispensabile per la soluzione di ogni problema della scuola:
“La promozione del merito... non può essere disgiunta da quella fondamentale dell’autonomia” (Giorgio Rembado, su “ItaliaOggi” del 20.5); “Parità, autonomia, valutazione sono gli strumenti semplici per permettere un miglioramento dal basso della scuola” (Giorgio Vittadini sul “Giornale” del 14.5); “l’Autonomia... è la vera Riforma perché dovrebbe cambiare in modo concreto il modo di fare scuola, quindi incidere in modo sostanziale sui risultati degli apprendimenti” (dalla proposta dell’A.P.E.F., l’associazione professionale fondata da Sandro Gigliotti, per la XVI legislatura). E si potrebbe continuare con decine di citazioni.

Ma a quali condizioni l’autonomia può produrre risultati migliori del centralismo? Ce ne sono due che raramente vengono citate, mentre si insiste molto, e non a torto, sulla scarsità di risorse finanziarie, soprattutto nel primo ciclo.

La prima: un corretto uso del principio di sussidiarietà verticale come regolatore dei rapporti tra Stato e autonomie. In altre parole, come si stabilisce a quale livello spetta fare una cosa qualsiasi? Non dovrebbe essere quello in grado di farla meglio, in modo più rapido e spendendo meno? Se è così, non si capisce perché – per fare solo un esempio – l’ambìto incarico di progettare e stampare le schede quadrimestrali (che, nella fregola nuovista di cambiare nomi, ha perso quello vecchio di “”pagella”) sia stato appioppato alle singole scuole. Quando queste ultime si sono rese conto della spesa a cui andavano incontro, hanno fatto presto a chiedere l’aiuto, almeno a Firenze, dell’amministrazione comunale, che si è offerta di accollarsi l’onere. Nel frattempo una convulsa fase di riunioni cercava di dare forma grafica al nuovo prodotto (ma non bastava copiare la vecchia?). Risultato: pessima impaginazione, con uno spreco di spazio e un deficit di leggibilità che anche un bambino avrebbe evitato. Quanto alla spesa, nessuno si è preso la briga di appurare quanto sono costate in tutto le nuove schede fai-da-te, per poterlo paragonare ai costi dell’odiosa edizione centralista... . A tutto questo va aggiunto il tempo perso da x persone in riunioni varie.

Questo bel parto ci conduci diritti alla seconda condizione per una ragionevole riuscita dell’autonomia: la presenza di competenze all’altezza della situazione. Nel caso in esame, qualcuno che sapesse progettare graficamente un documento chiaro e leggibile. Ma una scuola efficiente dovrebbe saper fare ben altro: corsi e seminari di aggiornamento e ricerca didattica, progettazione di curricoli, approntamento di laboratori e sussidi didattici, documentazione del lavoro svolto... E dove sono queste professionalità, in un mondo in cui già la categoria dei Dirigenti viaggia all’altezza indicata dal compianto Pazzaglia in Quelli della notte? Figuriamoci poi se si dovesse affidare alle singole scuole l’assunzione diretta dei nuovi docenti, anche volendo prescindere (ma possiamo?) dalla disastrosa carenza di etica pubblica, che porterebbe certamente ad assumere, invece dei docenti bravi, l’amica o il congiunto di Tizio e Caio...

In qualche modo si rimedia – o si crede di rimediare – soprattutto con due metodi ben noti anche in altri settori: il pressappochismo e la produzione industriale di aria fritta, di cui sono imbottiti i POF, il cosiddetto “biglietto da visita” delle scuole, vera miniera di cialtronerie di ogni tipo.

Ecco perché è indispensabile creare, ma con serietà e rigore, nuove articolazioni della funzione docente, cioè figure professionali in grado di dare corpo all’autonomia. Altrettanto indispensabile è non vergognarsi di restituire eventualmente allo Stato compiti che le singole scuole non siano ragionevolmente in grado di assolvere, senza dimenticarsi di controllare sempre l’efficienza economica del sistema e delle sue parti. Finiamola quindi di ripetere come un mantra la parola “autonomia”. Anche da qui passa la strada verso la scuola seria.