LA SCUOLA MULTIETNICA
Il pedagogista "E' una risposta sbagliata: Raffaello Masci, La Stampa del 29.5.2008
ROMA
«E’ evidente che insegnare la stessa cosa a persone che hanno culture, lingue e spesso età differenti comporta delle difficoltà didattiche».
«No. Perché questa impostazione del problema ha un difetto di base».
«Noi che cosa vogliamo dalla scuola? Che i bambini e i ragazzi imparino. Questo è l’obiettivo. Ma i bambini sono diversi tra loro e i bambini immigrati lo sono ancora di più. Il giusto sarebbe non aggregarli per classi rigide, ma per gruppi di livello (quelli che sanno di più o di meno), di compito (quelli impegnati a fare una certa cosa) o in gruppi elettivi (quelli che si trovano bene tra di loro). Se il lavoro si fa su gruppi di questo genere, è del tutto indifferente che in una classe ci sia il 10 o il 90% di immigrati, perché ciascuno starà nel suo gruppo coeso e avrà i suoi tempi e i suoi percorsi. L’importante è che tutti arrivino ad un risultato che la scuola, come istituzione, controllerà e valuterà».
«Non si occupa dei risultati. Verifica solo le procedure: le iscrizioni, la composizione delle classi, i requisiti per l’ammissione agli esami».
«Assolutamente no. Ci sono state due norme negli ordinamenti scolastici che ci avrebbero consentito di affrontare queste tematiche in maniera forse risolutiva: la legge Berlinguer sull’autonomia didattica e la riforma Moratti, che prevedevano quanto ho appena detto. Ma sono state dimenticate».
«E’ una procedura in più, un nuovo inutile
balzello normativo e centralista che agisce sui protocolli
comportamentali, tralasciando gli obiettivi. Approccio sbagliato ad
un problema reale». |