I (dubbi) meriti dei fan del merito.

Gian Antonio Stella Il Corriere della Sera del 14.5.2008

 Corriere:  14-05-2008 Per 37 volte è invocata la parola merito nella proposta di legge 3423 presentata il 5 febbraio scorso dall'allora deputata Mariastella Gelmini destinata a diventare pochi mesi dopo il ministro per l'Istruzione, l'Università e la Ricerca. Parole d'oro, come hanno già sottolineato sul Corriere Giovanni Sartori e Francesco Giavazzi. Dio sa quanto abbiamo bisogno del ripristino del merito in una scuola in cui da tempo immemorabile i maestri e i professori non vengono assunti per concorso ma di sanatoria in sanatoria, a partire da quella del 1859. Una scuola in cui l'unica «pagella » accettata da chi ci lavora, solo volontariamente e solo provvisoriamente e solo sperimentalmente, è l'«autovalutazione annuale effettuata dal dirigente scolastico stesso» il quale deve riempire un quiz in cui gli si chiede se sia o meno bravo nell'«identificare con immediatezza i problemi che impediscono una corretta realizzazione di attività rientranti nelle proprie responsabilità» o nel «riconoscere il livello di priorità degli interventi da realizzare ». Una scuola in cui, dicono le classifiche internazionali del P.I.S.A. le scuole siciliane, cioè di quella terra che ha regalato decine di genii alla cultura mondiale, hanno oggi una quota di somari doppia della media Ocse e quadrupla di quella dell'Azerbaijian nonostante i bocciati alla maturità 2006 negli istituti classici, scientifici, magistrali e linguistici siano stati, nell'isola, solo l'1,3%.

L'ex ministro Giuseppe Fioroni, davanti a quei dati, si mise la mani nei capelli, spiegando che non c'era da meravigliarsi: «Alle superiori, in 10 anni, abbiamo scrutinato e mandato avanti circa 8 milioni e 800 mila studenti con lacune gravi o gravissime». Di più: «Alle medie solo il 17% di chi ha la cattedra di matematica ha la laurea corrispondente. I risultati si vedono...».

Insomma, come non condividere l'accusa della Gelmini contro «l'impostazione statalista e dirigista che ha imperniato l'ordinamento degli ultimi cinquanta anni» e «ha portato con sè la marginalizzazione del merito»? Come non appoggiare il suo appello a «favorire quel processo di valorizzazione del merito che costituisce il momento di partenza per un'effettiva inversione di tendenza»? Come non schierarsi al suo fianco quando sprona il governo all'adozione di decreti legislativi volti alla «valorizzazione del merito nell'ambito della scuola, dell'università e della ricerca»? Peccato soltanto che, per fare riforme serie, profonde, radicali, una classe politica debba essere (e anche apparire) credibile, autorevole, rispettata. E possiamo scommettere che saranno in tanti a sollevare il dito per chiedere: scusate, ma in base a quale merito èstata affidata la gestione di un mondo come la scuola a una persona che fino a ieri risultava aver fatto soltanto la presidente del consiglio comunale di Desenzano e l'assessore al Territorio della provincia di Brescia? E in base a quale merito è stato fatto sottosegretario alla Scuola e all'Università il signor Giuseppe Pizza, segretario della micro- Dc, che dagli amici viene chiamato «professore» ma dice lui stesso, sul suo sito, di avere solo «frequentato» la «Federico II» di Napoli? Per carità, magari si riveleranno bravissimissimi. Ma certo, come esordio sul merito...