Linea di confine

"All'unghiamoci" di nuovo
nel paese dei balocchi.

Mario Pirani, la Repubblica del 12.5.2008

Non conosco la neo ministro della Pubblica Istruzione e non so come la pensi. Mi auguro, però, che non recepisca a scatola chiusa il preannuncio di Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia, rilasciato ancor prima di sapere il nome del titolare di Viale Trastevere: «Il meccanismo di recupero dei debiti voluto dal ministro Fioroni non va bene. Lo cancelleremo. Torneremo alla riforma Moratti». Se così fosse si riaprirebbe la maledizione delle continue riforme e contro riforme che hanno devastato la scuola italiana nell'alternarsi dei governi di centro destra e centro sinistra. Un barlume di speranza ci era venuto, per contro, dal rifiuto del ministro Fioroni di proporre altre riforme. Come anche dal suo operare – benissimo coadiuvato dalla vice ministro Bastico – per un almeno iniziale ritorno all'ordine dopo decenni di permissivismo post sessantottesco coniugato con l'aziendalismo più stupido, secondo il quale, essendo la scuola nient'altro che una azienda, i clienti-studenti hanno sempre ragione e i commessi-insegnanti debbono soddisfare le loro richieste e non turbare il loro eventuale disinteresse.

Tutto questo nel quadro di una dissennata autonomia, innovazione cara sia a Berlinguer che alla Moratti, che ha disarticolato i programmi nazionali, riducendo a coriandoli l'insegnamento. Il punto di arrivo è stato il declassamento degli studenti italiani agli ultimi posti delle classifiche internazionali, di cui però potevano ampiamente infischiarsene visto che le insufficienze (denominate debiti) non solo non portavano quasi mai alla bocciatura ma neppure alla ripetenza. Con l'esito finale che ha visto il 40% dei giovani accedere all'università malgrado fossero oberati da debiti pregressi. Fioroni, come un buon conservatore illuminato, ha detto semplicemente basta: chi non studia deve recuperare, magari con l'aiuto di un certo numero di ore di ripetizione offerte dalla scuola. Poi, se a giugno non supera l'esame, deve ripresentarsi a settembre, sempre con un certo numero di ore offerte dalla scuola, fermo restando che, se non basta, dovrà seguitare a studiare da solo (o con l'ausilio di lezioni private) tutta l'estate. Poi, se ce la fa, viene promosso, altrimenti ripete. Secondo lo schema seguito da tutti gli studenti da che mondo è mondo, fino a quando il primo governo Berlusconi, con il convinto plauso della sinistra, cancellò il rinvio a settembre. Una rivoluzione quella di Fioroni, non una riforma. Il ritorno al principio che studiare è fatica e non un optional.

Di fronte a tutto ciò non sono mancate difficoltà organizzative (naturali alla prima esperienza), ostacoli di varia natura, pochi soldi a disposizione. Solo un'idea rinunciataria, il disamore per lo studio, la diserzione da una battaglia culturale per salvare la scuola possono, però, spiegare perché siano stati messi in evidenza negli istituti e nei mass-media solo gli intoppi più che il valore irrinunciabile della posta in gioco. Si vuol restaurare la governance populista da paese dei balocchi? Debbo dire che ho letto con profondo sconcerto le parole dell'onorevole Aprea ma con ancor più desolazione l'affermazione del preside dell'Istituto alberghiero Colombatto di Torino, Giorgio Viada, secondo il quale «i corsi di recupero sono inutili perché a giugno docenti e studenti sono troppo stanchi e fa caldo». All'attenzione dei politici dediti alle eterne riforme, agli insegnanti impigriti, agli studenti illusi e alle loro famiglie dedico, quindi, questa lettera che un docente universitario di Lettere di Napoli mi ha inviato: «I miei studenti sono nella stragrande maggioranza motivati, vivaci, intelligenti. La loro incapacità di trasferire il fluire del pensiero sulla carta, usando un italiano corretto è, però, spesso totale. Non molti conoscono le basi della sintassi, la grammatica, il significato delle parole che adoperano a casaccio. La responsabilità del disastro è della scuola dell'obbligo e degli istituti superiori, dove magari si organizzano presuntuosi seminari di scrittura "creativa", ma poi si tollerano frasi infarcite di errori grossolani. Esagero? Le cito qualcuna tra le moltissime "perle" raccolte dai compiti dell'anno in corso: una gentile laureanda, riassumendo un testo scrive: «L'attore all'ungandosi verso la finestra..."; un altro racconta di un ladruncolo che "facendosi innocuo uscì dalla chiesa", mentre "i fedeli si sono posizionati tra i banchi". In un altro testo trovo "la donna che inizia a vagheggiare (per vaneggiare)" e il giovane che "addita (per accenna) un passo in avanti". Temo che ci sia ben poco da fare». Giriamo la domanda al nuovo ministro che ha due opzioni: proseguire o tornare indietro.