Bankitalia: Tuttoscuola, 13 luglio 2008 Un recentissimo studio realizzato dalla Banca d'Italia con la collaborazione di Piero Cipollone, presidente dell'INVALSI,analizza la composizione socio-demografica della popolazione degli insegnanti italiani e i loro comportamenti sul mercato del lavoro.
Nella sintesi dello studio,
pubblicata nel sito della Banca, i principali risultati vengono così
presentati. "Innanzitutto, gli insegnanti risultano più vecchi del
resto degli occupati e sono in prevalenza donne. Nelle regioni
meridionali, in particolare, gli insegnanti sono in genere più
vecchi, meno istruiti e con voti di laurea o di diploma inferiori a
quelli dei loro colleghi che operano nel resto del Paese. In terzo
luogo, considerando il voto di laurea o di diploma, espresso in
termini relativi rispetto alla propria coorte di appartenenza,
emerge un voto relativo più basso tra gli insegnanti anziani. Ciò
potrebbe discendere da meccanismi di cosiddetta "selezione avversa",
per cui rimangono nella professione i soggetti meno capaci;
alternativamente, potrebbe riflettere un'accresciuta attrattività
nel tempo della professione di insegnante. Il saggio passa poi ad approfondire i meccanismi dell'allocazione centralizzata dei docenti alle singole scuole e le possibili conseguenze sulla motivazione degli insegnanti e sull'efficacia dell'attività didattica. I meccanismi di allocazione sono privi di verifiche sui comportamenti e sulla qualità e sono basati su regole amministrative in cui l'anzianità accumulata garantisce prima l'assegnazione di un incarico temporaneo, poi l'accesso a un posto di ruolo e, infine, la mobilità verso la sede scolastica desiderata. In particolare gli autori costruiscono a livello di singola scuola tre indicatori relativi al turnover (quota degli insegnanti che entrano ed escono da una scuola ogni anno), al grado di mismatch (quota degli insegnanti di ruolo che desiderano abbandonare la scuola ove correntemente operano) e al livello di gradimento espresso verso ciascuna scuola (differenza tra insegnanti che chiedono il trasferimento verso una certa scuola e quanti vogliono lasciare quella scuola). Nell'insieme delle scuole italiane, più di un quinto dei docenti cambia scuola da un anno all'altro. Il turnover non è dovuto esclusivamente alla presenza di molti docenti con incarico solo annuale (i cosiddetti precari); ad essi si aggiungono le entrate e le uscite dal sistema e soprattutto gli spostamenti da una scuola all'altra di molti insegnanti di ruolo (questi ultimi rappresentano circa un terzo del turnover complessivo). Solo una quota di coloro che desiderano spostarsi riesce a farlo subito; in media, circa un insegnante di ruolo ogni sei è in attesa di spostarsi dalla scuola ove correntemente opera.
La distribuzione geografica e per
tipologia di scuole dei tre indicatori prima descritti è coerente
con la percezione dei differenziali di qualità nel sistema e, per la
scuola secondaria superiore, con i punteggi medi delle singole
scuole nel test PISA. In particolare, l'apprendimento degli studenti
risente negativamente sia del turnover degli insegnanti (e della
relativa mancanza di continuità didattica), sia del mismatch (ovvero
dello scarso attaccamento degli insegnanti alla scuola in cui
operano); emerge invece in media un legame positivo con la
preferenza manifestata dagli insegnanti per le singole scuole (che
segnala come gli insegnanti sembrino in grado di identificare le
scuole migliori, verso cui muoversi".. |