Maturità. Il trionfo del nozionismo:
un espediente per nascondere
il vuoto educativo.

Gianni Mereghetti, il Sussidiario 14.7.2008

L'analisi e le osservazioni critiche contenute nell’articolo di Giovanni Cominelli sull'esame di stato, pubblicato su ilsussidiario.net l’8 luglio scorso, colgono nel segno: di fatto questo tipo di esame non verifica nulla e quanto certifica è ridicolo. Siamo di fronte ad un “disvalore legale”, e il dramma è che si spendono energie e soldi per certificare non si sa che. Urge una svolta radicale, una inversione della direzione presa circa quarant’anni fa e testardamente mantenuta con alcuni cambiamenti che hanno peggiorato la situazione.

L'esame di oggi rasenta l'assurdo. Una prova di italiano che favorisce il taglia-incolla; una seconda prova che spesso è stonata rispetto a quello che effettivamente si fa dentro la scuola; una terza prova che assomiglia ad un quizzone televisivo, un colloquio che è lasciato totalmente all'arbitrarietà delle commissioni, per cui si va da insegnanti che valorizzano il lavoro dello studente ad altri insegnanti che si lanciano in un fuoco di fila di domande su tutto lo scibile della loro disciplina. Non parliamo del punteggio finale: una pura somma!

Questo è l'esame; e se ancora sta in piedi lo si deve a quegli insegnanti che lo vivono come occasione per andare a cogliere le abilità e le competenze di ogni studente. Di fatto è un esame di impalcatura nozionistica – tant’è che chi ne applica alla lettera le regole diventa il Gerry Scotti della situazione – e va ad escludere chi non si ricorda una data o una formula. Il problema serio è che in questo tipo di esame non c'è spazio per verificare conoscenze, abilità e competenze: c'è spazio per verificare quello che uno studente sa e non per verificare come conosce, ossia come ogni oggetto di conoscenza sia impastato dalla sua umanità.

Se questa è la fotografia dell'esame di stato, non si può non riconoscere che le cose stiano così perché la scuola oggi è così. Questo è il dramma, o la pena del contrappasso, che da una protesta contro la scuola del nozionismo e dell'autoritarismo è uscita una scuola ancor più autoritaria e nozionistica, una scuola in cui con quattro informazioni disciplinari si pensa di tenere a distanza il nulla che invece incombe. È nelle ore di lezione che non si insegna a conoscere, che non si fanno crescere abilità e competenze, che si riduce il lavoro scolastico ad un acritico accatastare nozioni; è nelle ore di lezione che si fa fuori il desiderio di vero e di bello, ridicendo l'insegnamento e l'apprendimento a meccanismi astratti. Per questo nell'esame di stato emerge il dramma di una scuola in cui si insegnano tante cose senza una ipotesi per conoscerle, per farle proprie.

Urge quindi mettere mano alla scuola, passando da quella attuale, che insegna allo studente a rispecchiarsi nell'insegnante, ad una nuova dove un insegnante libero di offrire la sua ipotesi interpretativa del reale fa crescere la conoscenza, le abilità e le competenze di ogni studente. Sarebbe un cambiamento epocale, introducendo finalmente il principio che ogni disciplina non vale di per sé, ma in quanto contribuisce alla crescita integrale di ogni studente. È tempo di seppellire il disciplinarismo per fare di ogni disciplina un’occasione unica di apertura al reale nella sua ricchezza. È tempo che l'umanità dello studente valga di più della singola disciplina. E' tempo di strade nuove: ci vuole il coraggio di una rivoluzione, perché quella che quest'anno si celebra ha tradito il desiderio d'umano da cui è nata.