Esami di Stato:
storie e norme.

Beatrice Mezzina da Educazione & Scuola, 1.7.2008

Gli esami di Stato, una prova importante per gli studenti, sono specchio da sempre della ordinaria follia della scuola e vi si riflettono tensioni  e problemi accumulati: soprattutto la questione della valutazione che viene al nodo nel momento finale senza che vi sia stato dedicato un impegno serio da parte della amministrazione; si aggiungano le aspettative degli studenti e delle famiglie, i nodi della professionalità degli insegnanti, le invidie, i risentimenti.

Lo sappiamo da tempo e sappiamo che è un momento difficile per gli insegnanti seri, tanti professionalmente validissimi.

Le Commissioni miste, che in molti condividiamo, in quanto con questa formula, in via di principio, si possono sviluppare al meglio tra gli insegnanti le interazioni e le relazioni di livello metodologico e didattico, sono spesso teatro di conflitti: insegnanti - che se mai lasciano baratri di inconsistenze presso le scuole di origine - si pongono come giudici acerrimi dei poveri candidati, manifestano le proprie insicurezze in termini di aggressività e animosità, centellinano in termini improbabili la propria valutazione affidando la stessa a griglie di valutazione improbabili, complesse, spesso errate – dio ce ne liberi –  in un fai da te dilagante, proprio in assenza di una riflessione nazionale.

Si perde di vista, spesso,  il  compito delle commissioni, l’analisi accurata e serena della preparazione complessiva degli studenti, in cui si trovano pregi e difetti, come in tutte le scuole, con la finalità di portare a valore i primi e comprendere, per contribuire ad evitarli, i secondi.

Purtroppo vi sono degli improvvidi anche tra gli insegnanti e posso dire, dopo tanti anni di esperienza, che un atteggiamento di ostile superciliosità nei confronti degli studenti è inversamente proporzionale non solo alla professionalità degli insegnanti e dei presidenti di commissione, ma anche dell’equilibrio psicologico degli stessi.

Ci vuole fortuna per gli studenti, nell’incontrare insegnanti seri nelle commissioni di esame, tante sono le difformità di giudizio tra commissioni e commissioni, gli atteggiamenti e il grado diverso di serenità.

Tanto è vero che le università più prestigiose tengono conto più del curriculum nel triennio che del voto degli esami di stato.

Quest’anno, a questi meccanismi, che conosciamo da tanto tempo, e che avrebbero bisogno di uno sforzo da parte dell’Amministrazione per un lavoro serio di indagine e cambiamento, si aggiungono strani elementi di burocratiche attenzioni da parte del Ministero.

Stendiamo un velo sugli errori delle tracce. Se ne è già parlato molto.

Mi riferisco invece alle stranezze delle normative che regolano gli esami.

  • Per questioni di privacy, quest’anno le scuole hanno dovuto affiggere all’albo della scuola gli elenchi dei candidati agli esami solo con  la dizione “Ammesso” “Non Ammesso”  con l’aggiunta del credito, senza voti. Gli studenti possono tuttavia chiedere i voti alle segreterie con lunghe file e richieste cartacee. Quanto costa all’erario la spesa inevitabile in termini di carta e di costo lavoro? Quale privacy impedisce l’esposizione dei voti di ammissione se lo stesso garante si è espresso nel senso che i voti degli scrutini possono essere affissi all’albo?

  • Gli studenti svolgono le tre prove scritte d’esame. La normativa prevede che si affigga  all’albo solo il voto complessivo, anche se lo studente può chiedere alla commissione i voti specifici. Altre domande scritte, via vai di studenti, intasamento dei lavori. Perché mai uno studente non può conoscere, se non a domanda, il fatto che sia stato valutato meglio o peggio in italiano, rispetto alla seconda o alla terza prova? Misteri burocratici.

  • Per altro, la Commissione che affigge i risultati delle prove scritte dopo la valutazione, deve affiggerli separatamente, per le due classi che formano la commissione, un giorno prima dell’inizio degli orali. Così si affiggono i risultati, ad esempio il 26 giugno,  per una classe che comincia gli orali il 28 giugno e il 3 luglio per la classe che comincia gli orali il 5 luglio. Si immagini la tensione degli studenti che cominciano più tardi gli orali, che affollano di email la posta elettronica dei commissari interni per conoscere i voti quanto prima.

  • Meno male che vi sono presidenti meno pavidi che hanno affisso all’albo sia i voti delle tre prove, sia i risultati per le due classi, appena terminata la valutazione.

  • Vi è però un’ultima chicca: al termine degli esami la commissione deve affiggere all’albo, secondo l’OM 30 del 10 marzo 2008 solo l’elenco degli studenti con accanto la dizione “Diplomato”- “Non diplomato”, senza il voto finale che ciascuno studente può conoscere tramite domanda alla segreteria. Ma non è sufficiente tale indicazione. Una nota ministeriale, invece di sanare la cosa nel senso che sia possibile affiggere la votazione finale, il 20 giugno comunica ai presidenti di Commissione che bisogna scrivere all’albo, invece che diplomato o non diplomato,  “Esito Positivo” – “Esito Negativo”, confermando di non esporre la votazione.
     

Altri modelli, altri elenchi, altri inutili affanni dietro questioni di poco momento.

Insomma, storie di burocrazia e distanza dalle reali necessità della scuola. Dubbie le motivazioni; le questioni serie sul fondo.