SCUOLA AD PERSONAM.

Lo strano caso del figlio del Senatùr
bocciato dagli insegnanti «sudisti».

Marcella Ciarnelli, da l'Unità del 21.7.2008

Dimostrare l’inadeguatezza dei professori meridionali che «vengono qui da noi e tolgono lavoro agli insegnanti del nord» senza avere alcuna consapevolezza di fatti, luoghi e storia della Padania. Per farlo il ministro Umberto Bossi ha portato ad esempio la disfatta scolastica ai recenti esami di maturità di un «ragazzo stangato solo perché ha portato una tesina su Carlo Cattaneo», uno dei teorici del federalismo. Inaudito. Inaccettabile. Una forma di razzismo intellettuale in senso contrario, che il padre della Lega non ha potuto far passare sotto silenzio. «Questi sono crimini contro il nostro popolo che devono finire».

Si dà il caso che il leader leghista non abbia fornito alcun particolare sull’esaminando «bastonato» e giudicato non maturo dalla commissione ma difeso con una foga tale da insinuare il sospetto, più di un sospetto, che a ispirare l’arringa difensiva del Senatur ci fosse un interesse personale. Meglio, di famiglia anche perchè si dà il caso che proprio al giovane Renzo Bossi, suo figlio, sia capitato nei giorni scorsi di essere bocciato, e per la seconda volta dopo un inglorioso tentativo l’altro anno in un liceo di Varese, all’esame di maturità scientifica a cui si era presentato, guarda un po’, con una tesina su Cattaneo dal titolo «La valorizzazione romantica dell’appartenenza e dell’identità».

Cuore di leghista. Cuore di padre, ancorchè deluso. E allora la si butta in politica con l’attacco ai terroni che pretendono di giudicare senza sapere ed avere conoscenza del padano istinto alla difesa della propria terra e dei propri interessi. Pur di difendere l’erede che non ce l’ha fatta a raggiungere, sommando i voti di tutte le prove sostenute, nemmeno quel 60 che è l’obbiettivo minimo per ottenere la promozione, Umberto Bossi ha provveduto ad indicare un’altra barriera che va eretta tra sud e nord. Via dalle scuole del settentrione chiunque non abbia sciacquato i panni nel Po e non abbia almeno una lontana consuetudine con Alberto da Giussano. Per non parlare della partecipazione ai raduni con adeguati copricapo con le corna e annessi spadoni.

Il giovane Bossi, il perseguitato da professori sudisti, è un giovanotto noto alle masse poichè molto spesso accompagna suo padre alle kermesse leghiste con l’evidente intento di seguirne le orme in politica. Sempre che la scuola non continui a non riconoscerne le capacità. Il fratello Riccardo, figlio di primo letto, sarebbe voluto andare all’Isola dei Famosi ma il padre glielo vietò. Degli altri due, Eridanio Sirio e Roberto Libertà, non sono note le aspirazioni. Capelli riccioluti, scuri, l’espressione strafottente di chi pensa di poter raggiungere l’obbiettivo con poca fatica, magari anche grazie al cognome, il ragazzo si è presentato alla commissione d’esame da privatista ma ancora una volta non ce l’ha fatta. L’anno prossimo gli toccherà riprovarci. Il giovane «stangato» potrebbe essere chiunque ci tengono a far sapere dalla scuola in cui si è registrata la défaillance dell’erede del leader leghista. Ma il preside del «Bentivoglio», don Gaetano Caracciolo, ci tiene a precisare che comunque nel caso del maturando Bossi, «quella tesina non ha creato alcun problema ideologico». E che le commissioni d’esame non hanno colore nè politico, nè regionale. «Come per tutti i privatisti -ha spiegato don Caracciolo- l’esame di maturità si compone di un tema, un compito di matematica, un test su quattro materie e poi c’è l’orale, del quale fa parte la tesina che ne è l’introduzione». Ecco la tesina, la pietra dello scandalo. «Non conosco il dettaglio di quella prova d’esame ma comunque il punteggio dell’orale, di cui fa parte la tesina e solo come avvio del colloquio, pesa per 35 punti rispetto ai 45 delle altre prove». Una tesina anche ottima non può colmare le altre lacune.

La composizione della commissione per proveninza geografica dei componenti don Gaetano non la rivela ma spiega però che «è composta da tre docenti interni, tre esterni e un presidente, esterno anch’egli. Se proprio ci tenete, i tre interni sono settentrionali mentre per il resto -aggiunge con un filo d’ironia- la composizione è mista in tutti i sensi, ma i professori non hanno nè regione nè parte politica. Fanno il loro lavoro di educatori. E questo lo sa anche ogni cuore di papà».