CURE DA CAVALLO E PROF TARTARUGHE.
Il prezzo intuibile d’un adeguamento salariale alla media Ocse per gli insegnanti.

Stefano Borgarelli, da DocentINclasse, 19.7.2008

"Non possiamo ignorare che lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di insegnamento è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. Fosse in Germania ne guadagnerebbe 20 mila in più, in Finlandia 16 mila in più. La media Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ndr) è superiore ai 40 mila euro l'anno".

Alle orecchie di tanti docenti che ricordano bene il braccio di ferro tra governo e sindacati per ottenere pochi euro d’aumento durante le trattative dell'ultimo contratto, le parole della neoministra all’Istruzione Gelmini sull’emergenza salariale (intervista a Repubblica, 10/06/08) saranno suonate melodiose. Se l’insegnante nella media Ocse va veloce, l’insegnante medio di casa nostra somiglia infatti sempre più da vicino a una tartaruga. Lo suggerisce il prof-scrittore Marco Lodoli: “Il problema di fondo è il rimbalzo psicologico che lo stipendiuccio produce sugli insegnanti: si crea un effetto tartaruga, il prof avanza piano piano, circospetto, spaventato, pronto a ritirare sotto il guscio le zampe e la testa, a proteggersi nell' immobilità.” (Repubblica, 12/06/08)

Nuovo governo pronto ad allargare i cordoni della borsa per la scuola, dunque? “[…] sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse" (Gelmini)? Forse. Ma il punto è: a quali condizioni?

Nell’intervista citata, la ministra aveva elencato i tre pilastri del suo programma: merito, autonomia, valutazione. Aveva spiegato che autonomia vuol dire "valorizzare la governance degli istituti, dotarla di poteri e risorse adeguate", ma anche pretendere dalle scuole "capacità gestionale e di programmazione degli interventi". Quando la Moratti si negava al telefono, era perché si “staffava” (diceva proprio così, la “I” più importante delle tre era “Inglese”) coi suoi collaboratori. Posto che il vezzoso anglicismo della sua successora all’istruzione sia in linea con la quarta “I” (“Italiano”), e non vada più di tanto spiegato (l’autonomia scolastica – quindi la “governance” – c’è già, da un bel pezzo), quali saranno i poteri e le risorse adeguate cui pensano Gelmini e il suo staff?

“Occorre trovare un altro sistema di reclutamento” ha detto la ministra sul Sole24ore del 25/06/08, approfittando di una domanda dell’intervistatore sulle prospettive d’assunzione nella scuola. Tra la prima intervista su Repubblica e quella sul Sole24 c’è un passaggio intermedio, sul Corriere del 16/06/08, che dice qualcosa di più. Il sistema sponsorizzato dalla ministra deriva da economisti (ultra)liberisti, alla Giavazzi, per fare un nome: "[…] i presidi possono decidere chi assumere, e anche per quali materie assumerli. A patto di pagare le conseguenze di un'eventuale scelta sbagliata."

Se valorizzare la “governance” delle scuole in regime d’autonomia significa questo, cominciamo a intravedere l’edificio che i tre pilastri dovrebbero sostenere. Il controllo sui reclutati col nuovo sistema non verrebbe affidato ai diretti interessati (i docenti non assunti, diretti concorrenti di quelli assunti), ma alla categoria degli "utenti" della scuola: gli studenti e le loro famiglie. Come ha spiegato il neoministro della funzione pubblica Brunetta, non essendoci un mercato dei servizi pubblici, gli utenti di questi servizi potranno dire la loro attraverso la cosiddetta “class action”, rivolgendosi alle associazioni dei consumatori riconosciute che sporgeranno denuncia contro i dirigenti dei servizi malfunzionanti. Tradotto nella scuola: “Pierino – figlio di un professionista – va male in informatica, inglese ed economia d'impresa perché è assorbito dal calcio, sua grande passione. I suoi prof sono severi ed esigenti, quindi anche circa un terzo della classe ha problemi in una o più di queste discipline. Quante probabilità ci sono che, in vista degli scrutini finali, il dirigente scolastico – temendo una denuncia dei genitori di quei ragazzi – non abbia gentilmente richiesto ai suddetti insegnanti di adottare una linea più morbida?” (Astolfo sulla luna, sito web docentINclasse.it)

Torniamo all’intervista sul Sole24. Lì si parla di cura da cavallo per la scuola. La manovra finanziaria prevede una riduzione di 70mila cattedre e 40mila posti di personale Ata (amministrativo, tecnico, ausiliario), tagli che si aggiungono ai 47mila già previsti dalla manovra del governo Prodi. “Sono disposta ad avere un po' di insegnanti in meno, ma più preparati e meglio pagati”, dice la Gelmini. Lasciamo pure da parte una diversa lettura possibile del rapporto tra docenti e studenti in Italia, supposto più alto che negli altri paesi europei: “Infatti, non si considerano mai alcuni elementi importanti: in Italia ci sono, dati del 2005-06, 48.607 docenti di sostegno (il cui servizio, negli altri paesi non è a carico del bilancio della Pubblica Istruzione), 25.679 insegnanti di religione cattolica, assunti in seguito a precise Leggi dello Stato, senza considerare i docenti riservati alle minoranze linguistiche (sloveni ecc.), e le scuole confinate in piccoli paesi o isole, che non si possono certo sopprimere.” (R. Di Meglio, 7/07/08, sito Gilda nazionale). Nel sistema che valorizza la “governance”, s’intuisce che “più preparato” sarà l’insegnante più gradito all’utente-cliente del “servizio”, in cui la cultura sia servita come prodotto finito, merce differenziata (non abito critico, frutto di duro esercizio mentale). Sarà l’insegnante flessibilmente adattato alle esigenze localistiche (gli interessi privati) di un territorio dato. In un sistema scolastico meno nazionale. Meno “istituzionale”. Frantumato tra regioni di serie B e di serie A.

Solo allora, solo a queste condizioni – solo dopo che avremo pagato questo prezzo – il Ministero dell’Istruzione (ex “Pubblica”), commissariato da quello dell’Economia, accetterà di pagare un po’ meglio gli insegnanti.