Gelmini, dietro i toni miti. Nell'intervento alla Camera il ministro dell'Istruzione non propone riforme ma, sullo sfondo di un minaccioso federalismo fiscale, sostanzia la destrutturazione del sistema pubblico nascosta da annunci senza indicazioni su come realizzarli. E profila il rilancio di un modello di organizzazione caro alla destra. Alba Sasso, Aprile On Line.info 11.6.2008
Certo, l'intervento alla Camera dei deputati del
ministro Gelmini appare improntato a un certo garbo, niente a che
vedere col "punto e a capo" di Letizia Moratti. Ma temo che le
analisi e soprattutto le proposte non si discostino molto da quelle
avanzate nel quinquennio 2001/2006. In quel quaderno si sottolinea non solo la differenza dei risultati tra nord e sud d'Italia, ma anche la differenza tra le singole scuole (anche di uno stesso indirizzo) che rivela "un sistema poco equo, dove è accentuata la concentrazione degli studenti con situazione socioeconomica meno favorevole e la connessa segmentazione delle scuole secondo la qualità." In altri tempi si sarebbero chiamate scuole ghetto, ma non sarebbe elegante dato l'ovattato clima generale. Ma valorizzare il merito non significa garantire a tutte e tutti pari opportunità o meglio mettere tutte e tutti in grado di gareggiare? Che ne avrebbe detto Abravanel, citato dal ministro?
E appare davvero singolare che in questa fotografia non ci sia lo sfondo: quello di un Paese dove cresce quell'illetteratismo (adulti che, pur avendo alle spalle un lungo percorso di studio, padroneggiano male le competenze di base: leggere , scrivere, far di conto) di cui ormai tutto il mondo si preoccupa, dalla Francia agli Stati Uniti, alla civile Svizzera. Di fronte all'enormità della questione basta quello scatto di orgoglio nazionale di cui il Ministro parla o ci sono scelte precise da compiere?
Mi piacerebbe che si chiarisse allora se si continuerà a tagliare sulle esperienze di qualità: dal tempo pieno, all'integrazione dei soggetti con disabilità (relegati in poche righe dell'intero testo), ai mediatori culturali e così via. Mi piacerebbe che si chiarisse se si andrà o no, come suggerisce appunto il quaderno bianco, alla definizione dell'organico funzionale (quei docenti che permettono l'organizzazione e la gestione dell'autonomia scolastica). Perché in assenza di questo si torna a un'idea di autonomia solo come managerialità dei dirigenti scolastici.
Tace il Ministro sul disegno di legge presentato dalla presidente della commissione Valentina Aprea sul reclutamento e sullo stato giuridico degli insegnanti e solo in altra parte del testo lascia intendere che attuerà i decreti della legge Moratti tra cui appunto quello sulla formazione e reclutamento insegnanti. Aleggia, non esplicitato il tema della chiamata diretta degli insegnanti da parte delle scuole. In tutto l'intervento colpisce il silenzio assordante sul piano triennale di immissioni in ruolo dei precari. Scomparsi, cancellati. Loro, le loro speranze e le loro famiglie. E suona perciò un po' grottesco l'impegno del Ministro ad avviare soluzioni condivise. E mi chiedo se nelle cause dell'iniquità del sistema (mediocre nell'erogazione dei compensi...) di cui parla Gelmini non ci sia anche la sua resa, come già nei governi precedenti, al "contenimento della spesa nel settore scuola, perché i conti dello Stato e la situazione internazionale lo impongono".
Non propone riforme il ministro Gelmini, ne farà il meno possibile, assicura, le faranno per lei Tremonti e Berlusconi. Il Ministro guarda invece alle soluzioni regionali, come quella lombarda, di buono scuola che oltretutto, sostiene, farebbe risparmiare soldi allo Stato. Nello sfondo, minaccioso quel federalismo fiscale che metterebbe in discussione proprio i profili nazionali del sistema scolastico e del sistema sanitario. La sostanza di tutto il discorso mi sembra questa. La destrutturazione del sistema pubblico nascosta, e nemmeno tanto, da annunci senza indicazioni, nemmeno di massima, su come realizzarli: soldi agli insegnanti, merito, autonomia, valutazione e così via.
Insomma la mitezza dei toni non impedisce di
cogliere il rilancio da parte della Gelmini di un modello di
organizzazione del sistema formativo caro alla destra italiana.
Apertura più forte al trasferimento di risorse all'istruzione
privata, magari attraverso la mediazione di leggi regionali; più
marcata differenziazione dei percorsi per sgombrare la strada verso
la formazione di isole di eccellenza dal peso dell'istruzione
superiore aperta a tutti; contenimento del numero degli insegnanti,
emarginazione delle esperienze di qualità, integrazione, tempo pieno
e così via. Un percorso così orientato, in una situazione di
evidente affanno del sistema scolastico italiano, che avrebbe
bisogno di una forte iniezione riformatrice rischia se non
contrastata di aggravare la malattia e di produrre danni di lungo
periodo. Ai singoli e al Paese. |