Modesti suggerimenti al ministro Gelmini Paolo Mazzocchini, DocentINclasse, 19.6.2008
Gentile ministro,
1) non pretenda dalla categoria, in cambio di
questo giusto e necessario adeguamento generalizzato, ulteriori
carichi di lavoro, sotto qualsiasi forma (straordinari, incombenze
burocratiche e logistiche aggiuntive, presenza coatta pomeridiana a
scuola, corsi di recupero). La categoria, per quantità e qualità del
lavoro ordinario che già effettivamente svolge, merita sic et
simpliciter uno stipendio-base decisamente superiore a quello,
indecoroso per un professionista, che ora percepiamo. Innalzi dunque
in primo luogo lo stipendio-base per tutti.
2) Prenda poi atto che il lavoro del docente,
anche sul piano meramente quantitativo, non si riduce affatto al
numero di ore di lezione in classe, come credono (ahimé confermati
nella loro credenza dalle parole di Draghi) milioni di livorosi
qualunquisti nostrani, bensì esso raddoppia almeno, rispetto a
quelle ore, per una serie di attività sommerse, talora invisibili e
non sempre facilmente quantificabili, oltre che disomogenee da una
cattedra all’altra. Cominci dunque in secondo luogo a pensare a
degli incentivi differenziati, rispetto allo stipendio-base, in
relazione a queste disomogeneità oggettive: incentivi in relazione
ai compiti da preparare e da correggere, per esempio, o al numero
complessivo di alunni da gestire o alla maggiore responsabilità che
comporta insegnare le materie caratterizzanti di un certo indirizzo
di studi. 3) In terzo ed ultimo luogo (ma non senza aver prima realizzato i due punti precedenti) premi pure economicamente la qualità degli insegnanti introducendo progressi di carriera legati al merito. Ma attenzione: il docente che merita non è quello che fa più progetti, riunioni, corsi di recupero o varie amene attività ‘extra’ e ‘para’. Il docente che merita è quello che insegna meglio degli altri ed è più bravo degli altri ad aprire la mente dei suoi allievi. Non confonda la quantità con la qualità. Insegnare meglio degli altri è frutto del talento, della preparazione, della passione per la propria materia e della sensibilità verso i propri studenti;e per coltivare bene la propria preparazione difficilmente il bravo insegnante ha tempo e disponibilità per fare di tutto, di più (e di altro), come invece purtroppo si chiede oggi di fare ai docenti della scuola 'autonoma'. Faccia inoltre, la prego, molta attenzione a non lasciarsi fuorviare da semplicistici e facili miraggi di valutazione oggettiva. Il merito di un insegnante è cosa molto difficile da valutare. Perciò non potrà realizzarsi se non attraverso una scrupolosa ed equanime disanima di dati proveniente da diverse fonti: alunni, famiglie, dirigenza, titoli culturali e didattici ecc. Una commissione mista farebbe probabilmente allo scopo. Ma attenzione ancora a non cadere in due ulteriori fatali tranelli: il numero dei promossi e la discrezionalità di scelta dei dirigenti. Il primo infatti è spesso più alto in presenza di insegnanti scadenti e di conseguente manica larga. La seconda potrebbe escludere dal progresso di carriera insegnanti bravissimi ma nonostante questo (o forse proprio per questo) non sufficientemente sottomessi o collaborativi: insegnanti ‘liberi’, insomma, ancora renitenti alle pastoie burocratiche e alla deriva populistica e pseudoaziendalistica che affligge la nostra scuola e di cui i dirigenti si sono resi per lo più, negli ultimi decenni, attivamente corresponsabili.
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