La proposta di legge Aprea: luci ed ombre.
Gianni Gandola, Federico Niccoli, da
ScuolaOggi del
5.6.2008
Preliminarmente occorre riconoscere che la
proposta di legge Aprea, presentata il 12 maggio scorso, è un
documento organico che affronta in tutti i suoi aspetti le norme di
autogoverno delle istituzioni scolastiche, in collegamento stretto
con il dpr 275 sull’autonomia, e la riforma dello stato giuridico
dei docenti. Va detto anche che nel testo si ripropongono molti
vecchi “cavalli di battaglia” dell’on. Aprea, temi già presenti in
precedenti proposte di legge presentate in Commissione Cultura e
Istruzione della Camera negli scorsi anni.
Vedremo nel merito –e con riserva di una più approfondita
riflessione- alcuni punti specifici. Vanno subito segnalate, però,
alcune “ossessioni”, che rischiano di inficiare l’organicità della
proposta per piegarla ad esigenze ideologiche della destra
governativa:
Modificare geneticamente la scuola da
istituzione eminentemente pubblica in istituzione a sistema misto
stato-privati (con conseguente trasformazione delle istituzioni
scolastiche in fondazioni)
La libertà di scelta educativa delle
famiglie dalle quali dipenderebbero – prevalentemente – le risorse
finanziarie da destinare all’istruzione
La creazione di una sorta di ordine degli
insegnanti (il cosiddetto organismo tecnico rappresentativo)
La separazione netta delle aree contrattuali
dei docenti rispetto a quella del personale ata con un tentativo di
“responsabilizzazione professionale congiunta” dei dirigenti
scolastici e dei docenti.
Su quest’ultimo punto critico è opportuna una prima riflessione. I
dirigenti scolastici non solo esercitano una funzione altra e
diversa dai docenti, così come i docenti svolgono una funzione
diversa dagli ata; i dirigenti, inoltre, hanno compiti esclusivi di
governo delle istituzioni e sono direttamente responsabili dei
risultati. Inoltre, la stessa legge istitutiva dell’autonomia legava
inestricabilmente la concessione dell’autonomia alle scuole a 4
elementi costitutivi, che ne declinavano il profilo
giuridico-istituzionale : il conferimento della personalità
giuridica di diritto pubblico a tutte le istituzioni scolastiche; il
dimensionamento delle istituzioni da 500 a 900 alunni; il
conferimento della dirigenza scolastica ai capi di istituto; la
riforma degli organi collegiali della P.I. a livello nazionale e
periferico. Inoltre i dirigenti mantengono poteri gerarchici nei
confronti sia dei docenti sia degli ata.
Fino a quando i dirigenti erano capi di istituto poteva
giustificarsi un unico contratto, sia pure distinto per profilo.
Riteniamo che ancora oggi si giustifichi un’unica area di
contrattazione per docenti ed ata, pur senza accedere ad indebite
confusioni di ruoli e di funzioni. Sono certamente diverse e
specifiche la funzione docente rispetto alla funzione
amministrativa, tecnica ed ausiliaria. Ma è solo dall’intreccio
fecondo tra ruoli e competenze, senza ingiustificabili
“ammucchiate”, che si può centrare l’obiettivo principe
dell’autonomia scolastica, che è il successo formativo di tutti e di
ciascun alunno. Per converso una sorta di ghettizzazione del
personale ata innescherebbe meccanismi rivendicativi, già presenti
nelle scuole, che si scaricano negativamente soprattutto
sull’accoglienza e sul trattamento educativo e riabilitativo in
particolare degli alunni in situazione di handicap e di bisogni
educativi speciali.
Il ddl Aprea, conseguentemente, trova paradossale l’eventualità che
in sede RSU l’insegnante possa essere rappresentato da operatori e
da lavoratori che nulla hanno a che fare (?) con la sua professione.
In realtà la vera “anomalia” è, come viene sottolineato anche nella
relazione introduttiva del ddl, l’esistenza stessa della RSU – per
la cui scomparsa non piangeremmo- come organismo negoziale in un
contesto organizzativo che non gode di alcuna autonomia o
discrezionalità contrattale e gestionale, in quanto i poteri del
dirigente scolastico nel reclutamento degli operatori scolastici e
nella gestione del personale sono minuziosamente prescritti dalle
ordinanze ministeriali.
Ci sembrano condivisibili i tre obiettivi generali dichiarati nel
ddl Aprea:
Modificare il reclutamento
Riscrivere lo stato giuridico degli
insegnanti in coerenza con il nuovo paradigma organizzativo e
didattico delle scuole
Dare pertinenza (!) alle competenze
richieste ai docenti con il trasferimento alle scuole di nuovi
poteri e funzioni tecniche, organizzative e didattiche.
La traduzione degli obiettivi generali in
modalità attuative, però, suscita molte perplessità. In effetti una
vera autonomia delle scuole non può esistere in presenza di uno
stato giuridico di carattere sostanzialmente impiegatizio se non si
passa ad una figura di professionista, capace di vera responsabilità
per i risultati, ma questo non può significare che non si tratta di
“rapporto di lavoro” e che tutto va ricondotto (non solo gli
indirizzi e le norme generali sulla funzione e sulla professione)
all’esclusiva competenza del meccanismo legislativo.
Non abbiamo mai nascosto critiche, anche pesanti, all’operato degli
stessi sindacati confederali nelle varie fasi di gestione dei
contratti collettivi dei lavoratori della scuola. Ma non pensiamo
che si possa e si debba rendere quasi pleonastico il ruolo e la
funzione del sindacato trasferendo totalmente alla riserva di legge
le modalità di esplicazione della funzione docente, tutta descritta
rigorosamente nelle norme per la definizione dello stato giuridico.
Non abbiamo mai pensato –a differenza di certe posizioni estremiste
in senso egualitario presenti nella categoria- che gli insegnanti
debbano essere todos caballeros senza alcuna possibilità di
“carriera”, se non quella di cambiare professione e concorrere per
le qualifiche di dirigente scolastico o tecnico. Conseguentemente ci
sembra utile una proposta che preveda un’articolazione della
carriera dei docenti, con retribuzioni differenziate, in tre livelli
: docente iniziale, ordinario ed esperto senza alcuna sovra
ordinazione gerarchica.
Molte perplessità suscita, invece, l’istituzione della vice
dirigenza delle istituzioni scolastiche, soprattutto perché a tale
funzione si dovrebbe accedere mediante procedure concorsuali per
titoli ed esami : in questo caso non si tratterebbe più di una
articolazione della funzione docente, ma di altra cosa (uno strano
animale pedagogico non meglio definito) che somiglia alle cosiddette
alte professionalità invocate dall’ANP.
Il fatto di affiancare il dirigente scolastico con figure
professionali di supporto nella conduzione di istituzioni
scolastiche sempre più complesse e difficili da gestire di per sé
non può che essere positivo e da incentivare (basti pensare, a
questo proposito, alle difficoltà in cui versano ad esempio molti
istituti comprensivi). Ma se il vicedirigente è una figura di staff,
non si vede perché non debba essere il dirigente scolastico a
scegliere il proprio principale collaboratore, con un incarico
specifico. Se invece fosse, come par di capire, un’ulteriore
articolazione della professione docente (docente esperto con titolo)
non si capisce perché non debba essere il Collegio stesso a decidere
le proprie forme di rappresentanza e di espressione. Non si ravvisa
in altre parole la necessità di altre figure intermedie
“sovraordinate gerarchicamente” che potrebbero piuttosto generare
non pochi problemi di “coesistenza” all’interno dell’istituzione
scolastica (cosa succede se dirigente e vicedirigente non “vanno
d’accordo” e non collaborano proficuamente? E se il vicedirigente,
che è pur sempre una articolazione della figura docente, non è in
sintonia con il Collegio che lo avverte come un’altra figura
“estranea”?).
Curiosa appare la previsione di un organo di valutazione
professionale che dovrebbe occuparsi di standard, prestigio(!),
immagine(!), promozione (!) che dovrebbe addirittura arrivare a
catalogare ”coloro che non possono essere definiti insegnanti”.
Il ddl sceglie di definire “consiglio di amministrazione”,
affidandone la presidenza al dirigente scolastico, l’organo di
governo dell’istituzione scolastica. Le parole, si sa, sono cariche
di ombre, per cui la definizione può prestarsi a malevole
considerazioni, anche se, in fondo, i poteri del nuovo organismo non
sono molto più penetranti di quelli attualmente assegnati ai
consigli di circolo/istituto. Stupisce, piuttosto, l’esclusione (a
conferma della volontà di ghettizzazione del personale ata) di
qualunque rappresentanza del personale di segreteria,tecnico ed
ausiliario mentre sono presenti docenti, genitori, studenti ed enti
locali.
Opportuna sembra l’istituzione di un nucleo di valutazione del
funzionamento dell’istituto, anche se restano ancora oscuri i
meccanismi di funzionamento e gli effettivi poteri.
Sulle modalità di formazione degli insegnanti occorrerà un
approfondimento della questione, anche in raccordo con le
determinazioni delle istituzioni universitarie. Non sufficientemente
fondato ci sembra l’eclettismo metodologico assicurato alla funzione
docente. Se è vero che non può esistere una metodologia di stato non
può esserci, però, indifferenza assoluta rispetto alla scelta libera
di qualsivoglia metodologia didattica.
Il “concorso di istituto” sembra una trovata propagandistica, che,
absit inuria verbis, fa il paio con il famoso vigile di quartiere.
Immaginiamo cosa potrebbe succedere se 10 mila istituzioni
scolastiche bandissero autonomi concorsi ?
Molto opportuna, invece, ci sembra la scelta coraggiosa (e in
controtendenza rispetto alle resistenze sindacali) di affidare al
dirigente scolastico la presidenza delle commissioni di valutazione
per il passaggio di livello degli insegnanti. I detrattori di questa
scelta potrebbero, però, trovare alimento in uno scivolone contenuto
nella relazione introduttiva nella quale si dice che gli attuali
collaboratori del dirigente – compreso il vice- sarebbero scelti dal
dirigente stesso senza criteri di competenza e di merito
professionali.
Una prima provvisoria conclusione : il ddl Aprea è un testo con luci
ed ombre. Ne seguiremo il percorso parlamentare, perché, comunque,
si tratta di un tentativo organico di ridisegnare l’organizzazione
complessiva delle istituzioni scolastiche.