"Inimicizie" e manifestazioni di volontà
espresse all'interno di organi collegiali . . .

 da Italiascuola del 3/1/2008

 

In alcuni quesiti, anche se non dichiarata, è sottesa la questione delle forti "inimicizie", possibili in una comunità ampia come quella scolastica, che condizionano alcuni voti/decisioni degli organi collegiali della scuola.

Sul tema, abbiamo trovato una recente sentenza del Consiglio di Stato - Sez. VI - Sent. 11/09/2007 n. 4759, che vale la pena riportare in alcuni suoi passaggi essenziali. La sentenza affronta diversi temi interessanti, noi ci concentreremo esclusivamente sul tema dell'astensione dalle sedute degli organi collegiali.

Il caso è presto detto. I genitori di un alunno chiedono l'annullamento di una delibera del Consiglio di classe della Sezione xxxx del Liceo classico xxxxxxxxxxx che ha stabilito di non promuovere l'alunno.

Il giudice del primo grado di giudizio gli dà ragione, anche sul presupposto che, avendo i ricorrenti presentato querela nei confronti del personale docente e/o amministrativo del suddetto Liceo classico, tre su sette componenti del Consiglio di classe ben avrebbero potuto e dovuto astenersi dal partecipare alla relativa riunione alla luce delle ipotesi di reato oggetto d'indagine nei loro confronti da parte della Procura della Repubblica.

Dunque, secondo il giudice del primo grado nei loro confronti era, in effetti, configurabile l'ipotesi prevista dall'art. 51 c.p.c. relativa alla grave inimicizia, tenuto conto che il procedimento penale in atto traeva origine proprio dalla querela presentata dai genitori dell'alunno che doveva essere valutato.

La sentenza cita anche alcuni pronunciamenti del Consiglio di Stato, per cui
"l'obbligo di astensione da parte del soggetto in posizione di incompatibilità, espressamente enunciato in singole disposizioni normative relative a determinati organi amministrativi, costituisce espressione di un principio generale direttamente ricollegantesi al dovere d'imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 cost.) applicabile, come tale, anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste (Cons. Stato Sez. V 9.12.1997, n. 1484; Sez. VI 23.12.1996, 1757); o per cui "stante la natura di collegi perfetti delle commissioni per gli esami di Stato di maturità e la necessaria partecipazione di tutti i commissari alle operazioni di esami, non è possibile l'astensione di alcuno dei commissari a taluna soltanto di tali operazioni, salva l'applicazione in materia dell'art. 51, 2° comma c.p.c., nei casi espressamente quivi indicati, con conseguente esigenza di ricomposizione della commissione con la previa sostituzione dei commissari che siano in situazione d'incompatibilità all'esercizio delle funzioni loro affidate (Cons. Stato Sez. VI 9.6.1997, n. 844)".

L'amministrazione dell'Istruzione fa ricorso contro la sentenza e il Consiglio di Stato, organo di secondo grado, sovverte la decisione dei giudici di primo grado sulla base delle seguenti argomentazioni:

- la semplice denuncia dei tre commissari d'esame non può, di per se sola, valere quale indice di manifesta inimicizia tra denuncianti e denunciati e comportare, quindi, l'obbligo di astensione di questi ultimi.

- l'obbligo di astensione del componente di un organo collegiale, per grave inimicizia con il soggetto interessato alla deliberazione da adottare, sussiste solo quando l'inimicizia sia determinata da motivi di interesse personale, estranei all'esercizio della funzione e non anche per ragioni attinenti al servizio, con la conseguenza che non può essere elemento sintomatico di una situazione di grave inimicizia nei confronti dell'incolpato anche la proposizione di denunce (cfr. anche CDS, Sez. IV, 9 giugno 2006 , n. 3467, Cass. S. U. n. 12345/2001, Cons. Stato, Sezione IV, ord. 6374 del 25 ottobre 2006, che ha escluso che la semplice proposizione di denuncia nei confronti dei membri del Collegio implicasse onere di astensione da parte dei medesimi nei riguardi di una controversia in cui era in causa il denunciante).

- dunque la semplice denuncia avanzata dal genitore del minore nel confronti dei membri della commissione chiamata a rinnovare le operazioni di valutazione di quest'ultimo non vale a supportarne l'onere di astensione, non essendo stati forniti elementi atti a suffragare oggettive forme di inimicizia tra denunciante e denunciati al di fuori dell'occasione concretizzatasi nei giudizi espressi dalla commissione stessa nel precedente giudizio valutativo.

- la semplice denuncia, non accompagnata, come detto, da fatti e circostanze concrete, che rivelino l'esistenza di ragioni di rancore o di avversione, non può costituire strumento atto a precostituire un onere di astensione da parte di componenti della commissione giudicante non graditi allo stesso denunciante.

- oltre alla detta denuncia da parte della famiglia del discente, neppure risultava che si fossero registrati elementi, anche sintomatici, atti a far supporre che la denuncia stessa potesse avere innescato comportamenti o forme di reazione negativa da parte degli esaminatori stessi, i quali, del resto, avevano regolarmente svolto l'esame.