Tempo di scrutini. Incubi. di Aristarco Ammazzacaffè, da ScuolaOggi del 31.1.2008
Da alcuni giorni ho un sonno tormentato. Forse perché a scuola, tra il cataclisma dei debiti e le maratone per la preparazione agli scrutini che cominceranno a giorni, il clima è sullo stressato pesante. E, nel sonno, sempre le stesse situazioni asfissianti. L'altra notte, però, ho avuto un vero e proprio incubo. Ho sognato il Consiglio per gli scrutini di fine quadrimestre della 4 A (una classe come un’altra). Con tanto di coordinatore che mi consegna il quadro dei voti e, in marrone scuro, una sfilza di 4 e di 5, ma anche di 2 di 3 (va riconosciuto: il 3, in genere piace molto nei Tecnici e Professionali; i matematici addirittura ne fanno un uso quasi catartico – e sintonico, se si può dire -); i voti positivi, in giallo, si perdono quasi sul foglio, inghiottiti dal colore predominante. A voler fare della letteratura (ma sì!), la situazione dell’altra notte - thriller in piena regola -, si presta alla grande. Clima kafkiano in primo luogo. Suoni monocordi e sibilanti dei docenti, tanto più netti quanto più il voto è negativo. Voci trascinate, a volte addolorate, a volte sfidanti e aggressive, ritmate in senso crescente: "Sì il tre è mio, ma io non c'entro"; "Quattro. Per forza. Ci vengono così dalle Medie. Non puoi farci niente. Solo S. Antonio può aprirgli il comprendonio"; e ancora: "Quattro. Ma merita tre. E' mio studente da due anni o cinque, ma non lo capisco. E temo neanche Domineiddio, forse solo Padre Pio" (Testuale). Voci che si prolungano in eco ossessive, rotte da urla; eccetera. Corpi vaganti per l'aula con membra squassate (però!). E, sullo sfondo, altri suoni martellanti ed esplosivi: "Moratoria sull'aborto. E moratoria sui debiti formativi". Sono confuso. Faccio in tempo a dire: "Ciùmbia. Qualcosa non torna". Ma prevale un panico indifferenziato. La voce di Giuliano Ferrara fa il resto. Pensate un po'. Ancora altri voti, come da spazi lontani, arrivano quasi appuntite pietre che vanno a conficcarsi sul foglio-tabella davanti a me, sempre più simile a un pannello sforacchiato dei vecchi laboratori di misure elettriche. Mi dibatto irretito e senza speranza. In questo mentre, un "1" scagliato dalla mia sinistra si abbatte sulla tavola dei voti; e con tale intensità e fragore che mi sveglio in preda al panico. Ci vogliono minuti per rendermi conto che sto sognando. Mi rincuoro un po' pensando che è soltanto un sogno, un brutto sogno e nulla più. Niente del genere mi sarebbe potuto capitare i giorni seguenti. Ne ero sicuro. Comunque quella notte non ho più ripreso sonno.
Ho potuto così, di fronte al nuovo quadro dei voti, tirare un bel sospiro di sollievo. Il sogno, come avevo giustamente previsto, non si è avverato. Questo per dire che a volte ci facciamo dei problemi inutili. Che possono addirittura diventare incubi. E non è il caso, se ci pensate (ma non troppo).
Nei prossimi mesi, poi, se faremo le cose a
modo, ci ridaranno nientemeno che l'Aprea - "Valentina" per il New
York Times - in versione Moratti (qualche intervento in superficie, ma
la disposizione c'è). E sarà fatta. Sorpasseremo anche la Nuova Guinea
nelle classifiche internazionali. Si può volere di più, signora mia?
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