P.I.S.A. e le classifiche internazionali.
Necessità di una valutazione
“di sistema” scientificamente attendibile.
di Gabriele Boselli, da
ScuolaOggi dell'8/1/2008
Italia “paese triste” e “in declino”, scuola
nelle zone basse della graduatoria, “malasanità”, “incapacità di
contrasto dei fenomeni criminali”: il nostro Paese e le sue
istituzioni sono quotidianamente investiti da allarmanti campagne
mediatiche scatenate dagli alfieri della privatizzazione totale sulla
base di ricerche assiologicamente contestabili.
E’ ad esempio il caso di riflettere sui criteri di derivazione
economicistica con cui stanno lavorando alcuni sistemi nazionali di
valutazione e su cui si opera anche nell’ambito del progetto P.I.S.A.,
una torre epistemica voluta da una organizzazione economica come l’OCSE
e per la scuola ad alto rischio, anche se ancora non crollata poichè
un po’ più evoluta di altre e soprattutto sorretta da robusti tiranti
di ordine finanziario (parteciparvi costa molto, dunque suscita
impressioni di valore). Se la torre INVALSI, con il suo ingenuo
oggettivismo sempre di di matrice vertecchiana nonostante il
cambiamento dei vertici, è ormai abbastanza nota a insegnanti e
studiosi perché sia necessario scriverne, vale forse la pena di
prendere in considerazione il progetto PISA (programma per la
calibrazione (assessment) internazionale degli studenti, ora attivato
sugli studenti quindicenni.
Il programma naturalmente non è interessato a valutare il conoscere
della persona, ovvero il modo in cui in ciascun soggetto si tiene in
attività (o si spegne) il nucleo generativo di regioni gnoseologiche,
il topos ove si riavviano i saperi consolidati, si allacciano
relazioni con tutta la gamma possibile dello sviluppo del sapere
stesso.
Le discipline potrebbero essere intese come atti di costruzioni del
sapere di lungo respiro, sedimentazione di infiniti atti cognitivi
avvenuti nella storia; portano a pensare le cose non solo come sono
oggi ma come sono state e probabilmente muteranno, indipendentemente
dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo. Direi che laddove la
competenza (parente impoverita della c.) risiede nella cultura dell’
“utile”, l’essenziale delle discipline abiti in quella della
“fondazione”; dove la competenza é “saputa”, la conoscenza è sapere
in-finitamente in atto.
Il conoscere della persona attraverso le discipline non potrà dunque
essere ripercorso come si fa in PISA attraverso tassonomie
(classificazione/archiviazione anticipata dell'esperienza
intellettuale); potrà essere un’ indagine per vedere se si mantenga
attiva soprattutto la "spinta", un fascio di vettori che attraversando
i portali delle strutture dell’intersoggettività (categorie, sistemi
simbolici e costellazioni cognitive) riprenda il carattere organico,
sempre in fieri e infinito del pensiero della persona che si volge
all’Intero.
Lo scatenarsi delle antinomie, tra serialità
e personalizzazione
In un processo valutativo consono alle
epistemologie del postmoderno i risultati non dovrebbero essere
ragionieristicamente elencati ma inter-rogati, cercati attraverso un
discorso aperto fra i soggetti. L'essenziale -ovvero il contatto
generativo tra un ragazzo e la cultura, la luce inestinguibile-
potrebbe esplorato attraverso sentieri improgrammabili , nel rispetto
del diritto del soggetto di essere autore del suo incontro personale,
unico con il sapere.
Chi lavora al progetto delle due torri (rif. all’opera di Tolkien) non
sembra interessato a una valutazione del conoscere della persona ma di
un ente anonimo, senza volto, buono come massa di manovra; è dunque
interessato alle sole competenze, pur definite “essenziali” (ma se
sono essenziali non sono competenze e se sono competenze non possono
essere essenziali) ovvero agli effetti secondari dei processi di
acquisizione della capacità di conoscere. Nel progetto PISA il settore
di esercizio è esteso a campi che in qualche modo assomiglino a quelli
di impiego reale delle competenze, con specificazione almeno
quest’anno di “aree di contenuto”: “spazio e forma”, “cambiamento e
relazioni”, “quantità” e “ incertezza”: categorie di cui sfugge
completamente il criterio di ordinamento, la struttura epistemologica.
Sono concetti che sembrano buttati li a caso, senza un minimo di
giustificazione e di credibilità teorica; avrebbero potuto essere
altri e sarebbe stato lo stesso.
Le prove scritte sono naturalmente tutte strutturate, diversamente i
risultati non sarebbero predeterminabili, con fissazione delle
variabili di sfondo per garantire gli esiti finali; non si sa mai……E
ben vero che i sistemi valutativi non sono nati per conoscere il campo
dei fenomeni dell’istruzione ma per governarlo, tuttavia un maggior
scrupolo epistemologico avrebbe almeno reso le due torri più
convincenti.
La valutazione dell’apprendimento
disciplinare come interpretazione esplicitamente inter-soggettiva
delle valutazioni di ciascuno
Le due torri (ma non solo quelle….) sono anche
effetti e immagini del residuo metafisico, pre-fenomenologico della
cultura occidentale. Dell’idea che esistano verità ipostatiche,
direttamente accessibili, indipendenti dalle persone; che siano
possibili gli essenti senza i volti degli esistenti. Per sapere se una
popolazione scolastica risponde bene bisognerebbe conoscere il mondo
dal suo punto di vista e dalla sua storia; e non assolutizzare il
proprio e la propria storia senza nemmeno denunciarlo. Nelle due
torri, invero con minor rudimentalità metodologica nel progetto PISA,
quel che viene proposto come fosse il riferimento assoluto,
“oggettivo”, la verità incontrovertibile, è semplicemente
l’espressione del modo di vedere il mondo e delle scuole scientifiche
propri dei gruppi che preparano i tests.
L' insegnamento della disciplina ha invece un oggetto che appartiene a
una storia (e il nostro tempo ha molte storie); ha un luogo (in cui
nella multiculturalità dell’oggi convivono molti luoghi); ha un
soggetto docente individuale e un soggetto discente con una propria
differente identità. Quindi l'apprendimento delle discipline, se mai
lo é stato, oggi non é più contenibile o riducibile da apparati
universali capaci di fornire istruzioni per insegnare o per valutare
non per forza di legge o di convenienza ma per autentico valore
scientifico e pratico.
Provvisoria conclusione Le discipline vanno
rispettate nel loro lasciar vedere, costituire traccia per itinerari
soggettivi aperti all'intersoggettività. Non del far vedere, del
mostrare, del provare con dei risultati il diritto all’esistenza. Dev'essere
il soggetto a ordinare il suo mondo, a esistere intellettualmente, in
forma positivamernte relata all' esterno ma autonoma. Chi non lascia
essere, mortifica e a volte gli strumenti della valutazione sono le
armi del delitto. Le discipline non sono un museo, ma delle realtà
viventi nei soggetti che le esperiscono. L’anatomia del vivente
uccide.
L’oggettività degli universi disciplinari –l’inestinguibile mito
positivistico dell’in-sé e del per-sé- non è accessibile; il valore
dell’istruzione è per contro inverabile come operazione di umana
coscienza.
Analogamente dicasi per la valutazione delle altre istituzioni dello
Stato. E per la nostra Patria.
F. Bertoldi Critica della certezza pedagogica,
Roma, Armando, 1988
G. Boselli La valutazione. Un approccio ermeneutico, in Infanzia, La
Nuova Italia, Aprile 1988
Bertoldi/Serio (a cura di) Oltre la valutazione, Roma, Armando 1999
P. Bertolini (a cura di) La valutazione possibile, La Nuova Italia,
Firenze, 1999
G. Bertagna Valutare ciascuno, valutare tutti. Una prospettiva
pedagogica, Brescia, La Scuola, 2004
G. Boselli Non pensiero ed oltre. Scenari e volti per un’educazione al
pensare venturo, Erickson Gardolo di Trento,2007