Cade il tabù assenze:
docenti e Ata malati meno degli altri lavoratori.

di Alessandro Giuliani La Tecnica della Scuola del 28.1.2008.

Da una elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, realizzata sulla base di dati ufficiali emessi dalla Ragioneria generale dello Stato, è risultato che nel 2006 nella scuola il numero di assenze medie l’anno per malattia (escluse quelle per maternità) è di soli 9,66 giorni. Un dato ben al di sotto dei giorni medi di assenza nei Ministeri (dove la media si attesta a 14,31 giorni), ma anche Corpi di polizia (13,31) e Agenzie fiscali (13,11).

Altro che giornate di malattia a go go per i fortunati della scuola: in base ad un’elaborazione dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, realizzata sulla base di dati ufficiali emessi dalla Ragioneria Generale dello Stato, nel 2006 nella scuola il numero di assenze medie l’anno per malattia (escluse quelle per maternità) è risultato di soli 9,66 giorni.

I numeri sembrano sconfessare il luogo comune che vuole i dipendenti della scuola eterni malati: si tratta infatti degli stessi giorni di forfait dal lavoro fatti registrare dagli operai del settore metalmeccanico (9,60). Ma soprattutto il dato associato a docenti e personale Ata sarebbe ben al di sotto dei giorni medi di assenza nei ministeri (dove la media si attesta a 14,31 giorni). Poco più di 13 giorni di assenza, invece, sono toccati nei Corpi di polizia (13,31) e nelle Agenzie fiscali (13,11). Gli altri dipendenti pubblici non sarebbero da meno: 12,95 giorni di assenza si sono avuti tra i dipendenti della presidenza del Consiglio, 12,73 nelle Regioni e nelle Autonomie locali, 12,69 negli Enti non Economici, 12,40 nella Sanità, 11,38 negli Enti di ricerca.

Meno cagionevoli di salute rispetto ai lavoratori della scuola sarebbero solo i dipendenti delle Regioni a statuto speciale e le province autonome, che nel 2006 hanno fatto registrare 7,31 giorni di malattia. Complessivamente, rispetto alla pubblica amministrazione (11,54 giorni di assenza) un lavoratore della scuola rimane a casa quasi due giorni in meno l’anno.

Uno scarto in positivo, rispetto agli altri comparti del pubblico impiego, che non sfuggirà di certo al Ministero della pubblica istruzione, eternamente sotto accusa per le spese sostenute per pagare i supplenti. La scuola sarebbe infatti penalizzata non dal lassismo dei propri dipendenti (mediamente malati anche meno gli altri), ma dal numero altissimo di lavoratori (quasi un milione di ruolo) e soprattutto dalla necessità quotidiana di collocare sempre e comunque un docente dietro la cattedra.
Sempre in base ai dati prodotti dall’Associazione artigiani e piccole imprese veneta, per sostituire i docenti in malattia lo Stato, sempre nel 2006, ha dovuto sborsare qualcosa come 1,076 miliardi di euro: un record di spese sforato solo dalla Sanità pubblica (che ha toccato 1,164 miliardi di euro). I due comparti (Sanità ed Istruzione) coprirebbero oltre la metà del budget (poco più di 4 miliardi di euro) speso per tutti i dipendenti italiani.

"Questi dati - commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre - sgombrano il campo da tutta una serie di luoghi comuni che ingiustamente investono il pubblico impiego. Quindi non è vero che sono troppi e che non lavorano. Caso mai il problema è la loro cattiva distribuzione e i livelli di efficienza che non sono sempre imputabili ai singoli lavoratori, ma alla cattiva organizzazione degli uffici".

Vale la pena ricordare che in base al Contratto collettivo nazionale per i docenti a tempo indeterminato la durata massima delle assenza è stabilita in 18 mesi (548 gg.), sia se fruita in un unico periodo senza soluzione di continuità sia se frazionata in più periodi: i primi 9 mesi sono corrisposti al 100%, gli altri con delle decurtazioni sempre più pesanti.

Certo, 548 giorni sono tanti. Probabilmente troppi. Non certo per chi ne ha bisogno per motivi di salute, ma sicuramente per chi ne abusa. E i pessimi esempi non mancano. I numeri e le statistiche del resto, come sosteneva Trilussa in una nota poesia, lasciano il tempo che trovano. Basta ricordare il caso del professor M. di Milano perennemente malato a partire dal lunedì ed impegnato in una seconda attività oltre a quella di docente di materie tecniche. Ebbene, nell’anno scolastico 2002-2003 il docente milanese, ma con residenza al Sud ad oltre mille chilometri di distanza dalla capitale lombarda, collezionò il 72% di assenza per malattia; nel 2003-2004 si attestò al 61%, per assestarsi negli ultimi tempi attorno al 50% di mancate giornate di lavoro (tutte comunque debitamente giustificate con certificati medici). In termini pratici il professor M. (licenziato pochi mesi fa per mano del ministro Fioroni dopo anni di mancate presenze da record mai però sanzionate, nemmeno dalla Sezione disciplinare del Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione) rimase a casa per malattia almeno 100 giorni l’anno. Altro che 10 giorni…