Appunti Gioventù sfiancata. di Stefano Stefanel da Pavone Risorse del 7.2.2008
Una recente Direttiva del Ministero della
Pubblica Istruzione (la n° 104 del 30 novembre 2007) precisa che anche
i minorenni possono violare la privacy delle persone attraverso un uso
disinvolto o teppistico degli strumenti multimediali nell’ambito
scolastico. Inoltre precisa anche che il Garante della privacy può
intervenire su di loro, con multe o altre cautele, sottolineando la
bassa tolleranza sociale verso foto rubate e riprese piratesche. Con
un Decreto (il Dpr n° 235 del 21 novembre 2007) il Ministero aveva
modificato lo Statuto degli studenti e delle studentesse introducendo
il Patto educativo con la famiglia e quindi la corresponsabilità
familiare per gli atti dell’alunno, soprattutto nel caso di azioni
teppistiche, vandaliche o nel caso di insulti diffamatori contro la
dignità della persona. Stanchi di avere a che fare con dei
“bamboccioni” tendenti al teppismo che nuocciono per diletto, il mondo
della scuola ha accolto con favore queste normative ministeriali, che
si uniscono a quelle già emanate sull’uso dei cellulari e a quelle
disciplinari per rendere più efficaci le punizioni dei colpevoli. Dopo
un periodo di lassismo normativo che ha dato pessimi frutti e dopo
aver subito foto, immagini, video di stupidaggini o vandalismi
consumati a scuola il piccolo giro di vite non può che essere un aiuto
anche per i ragazzi che si trovano di fronte ad un muro di divieti
accettabili e dunque accettati.
IL PICCOLO RUMENO
Qualche anno fa un bambino di 8 anni rumeno,
adottato da una famiglia italiana ne combinava una al giorno ed era
restio a qualsiasi disciplina o richiamo. Poiché mi è sempre stato
chiaro che la società e l’opinione pubblica non accettano a nessun
livello una dichiarazione di impotenza della scuola nei confronti di
un “ottenne” ho affrontato dall’alto del mio “scranno dirigenziale” il
bambino, che mi ha detto: “Come pensate che io ubbidisca, se neppure
mi picchiate? In Romania le prendevo ogni giorno e così la smettevo.
Qui non picchia nessuno né a casa né a scuola. Perché devo ubbidire?”.
La distorta pedagogia educativa degli orfanotrofi rumeni non ci deve
fuorviare dal considerare per quello che è la debolezza della nostra
normativa nei confronti delle devianze adolescenziali italiane. Come
in tutte le cose c’è una via di mezzo tra il non fare nulla neppure di
fronte a teppisti che allagano una scuola e riempire di botte un
ragazzino perché si comporta male. Ma si sa che l’Italia delle mezze
misure non riesce a darsi regole certe e annaspa davanti alle
difficoltà crescenti.
STUDENTI E FAMIGLIE
Gli studenti e le famiglie sono per lo più alla
ricerca di equilibri non facili. Gli zii latitano, i nonni sono sprint
e pieni di impegni, i genitori sono giovani o giovanili e si buttano
in mille attività per sbarcare il lunario o perché oggi butta così. I
ragazzi perciò hanno nella scuola quel riferimento sociale spesso
unico che può aiutare a costruire un futuro o a perderlo. La scuola è
parzialmente consapevole di questo e parzialmente distratta, confusa
tra quello che è il suo compito storico e quelli che sono i diritti
dei suoi impiegati statali. Nasce da tutto ciò un corto circuito, per
cui da un lato la scuola viene chiamata a volare dentro la società
della conoscenza, dall’altra ci sono un milione e duecentomila
lavoratori che vogliono veder riconosciuti i loro diritti, anche se
questi collidono con quelli degli studenti e delle loro famiglie. Se
da un punto di vista didattico o lavorativo questo è soltanto un
meccanismo perverso che presto troverà la sua ricomposizione
soprattutto perché ci deve essere una fine alla perdita di
competitività dell’Italia, dal punto di visto dell’educazione e dei
bisogni dei ragazzi questo corto circuito è foriero di incomprensioni
e cattive pratiche. Chi vive nella scuola stenta a percepire quello
che è molto chiaro a chi sta fuori: le famiglie vogliono affidare i
propri figli ad educatori, non a impiegati statali svogliati e
sindacalizzati. Quando si ha a che fare con la mente umana i concetti
di “non spetta a me”, “chi mi paga questo”, “la scuola non può fare
tutto”, “non studiano”, “non stanno attenti”, “la famiglia non li
segue”, “chi paga queste ore”, ecc. sono solo rumori sgradevoli, segno
di un’impotenza impiegatizia che non si vorrebbe mettere a contatto
con il proprio bene più prezioso (i figli).
GLI EROI DEL NOSTRO TEMPO
In un momento di passaggio così difficile e con
così grandi rischi i veri eroi del nostro tempo sono i molti (ma non
più moltissimi) insegnanti che lavorano incuranti del basso stipendio,
della poca stima sociale, dell’incomprensione di colleghi e famiglie.
Sono tanti, ma sembrano in diminuzione. Eppure passa ancora una volta
da loro, dal loro entusiasmo, dalle loro capacità, dal loro anteporre
i diritti dei ragazzi ai propri la possibilità di uscire da una crisi
di rapporti che potrebbe sfociare in uno scontro generazionale. Sono
eroi anche perché il sistema scolastico nazionale con la sua
sindacalizzazione molto spinta non permette di premiarli
economicamente per quello che fanno, non permette di pagarli di più
come meriterebbero. Ci sono insegnanti che meriterebbero di essere
pagati di più e che sono un bene insostituibile delle scuole, ma che
guadagnano meno o come i fannulloni per un lavoro che invece non ha
prezzo. |