BELLEZZA E PASSIONE A SCUOLA.

Spigolature sul discorso di Veltroni alla Costituente PD.

di Antonio Valentino, da ScuolaOggi del 21.2.2008

 

Un bel discorso quello di Veltroni alla Costituente del PD.

Ma qui tenendo fede ad un luogo comune molto diffuso, che vuole gli uomini e le donne di scuola capaci di parlare solo del proprio mondo, visto - giustamente - come l'ombelico del pianeta, mi limiterò ad alcune considerazioni a caldo della parte riservata al settore istruzione e formazione permanente, opportunamente associate nelle considerazioni del leader del PD.

Qualche nota stonata indubbiamente c'è. Per esempio quando parla dei 100 "campus" scolastici e universitari da creare entro il 2010, quasi a solleticare, anche attraverso le scelte lessicali, mondi altri come miti da inseguire; o quando, con una operazione un po' sommaria, liquida il '68 quasi fatto coincidere con "chi allora proponeva il 6 politico”.

Anche l'enfasi sul talento e sul merito - anche se inserito in un passaggio in cui ha rilevanza non secondaria il riferimento alla eguaglianza delle opportunità - mi è sembrata eccessiva.

Coltivare i talenti è certamente compito anche della scuola. Penso tuttavia che l'attenzione della scuola debba essere rivolta, più che a coltivare studenti "talentosi", ad aiutare chi la frequenta a riconoscere, sviluppare e coltivare i propri personali "talenti", cioè le attitudini, le vocazioni, il tipo di "intelligenza". O, almeno, a non mortificarli, come accade spesso oggi. E questo passa, come ormai tutti – o quasi – convengono, attraverso un insegnamento personalizzato ed una didattica orientativa, che da noi fanno spesso acqua da tutte le parti.

Quanto al merito, quel poco che si riesce a registrare nelle nostre scuole, non si può dire che non venga opportunamente premiato. Altra cosa è invece la disattenzione nei confronti di strategie premianti, fondamentali per sviluppare nei nostri ragazzi quell'autostima che è leva formidabile per il coinvolgimento e quindi per apprendimenti duraturi e significativi.

Ma non volevo farla lunga su questi aspetti.

Qui mi interessa soprattutto "spigolare" su alcuni aspetti del discorso apparentemente marginali, ma che io trovo assolutamente importanti. In primo luogo, il riferimento alle scuole come strutture fisiche e spazi, da riqualificare "per farne i luoghi più belli e accoglienti del quartiere". Un messaggio importante. Troppe nostre scuole - il riferimento qui è soprattutto agli edifici delle superiori - sono brutte, spesso vecchie e deprimenti, anonime, senza anima, luoghi che si fa fatica a sentire propri, che difficilmente creano appartenenza. E le stesse attrezzature didattiche e spazi laboratoriali non sempre sono all'altezza di un paese che vuole investire in sapere. Questo richiamo sbaglieremmo a considerarlo come un fatto di poco conto. C'è una educazione alla bellezza, al decoro, al valore e alla cura dell’ambiente come patrimonio di tutti, che è fattore importante nella crescita di un cittadino partecipe e responsabile. E questa educazione passa anche attraverso tinteggiature frequenti e piacevoli nei colori, spazi esterni curati, aule e laboratori e corridoi accoglienti, funzionali, piacevoli.

Il brutto e lo sporco chiamano il brutto e lo sporco. E da qui al degrado il passo è breve. Con conseguenze sui vari aspetti della vita di istituto da non sottovalutare.

Qui però va aggiunto che questa “spigolatura” nel discorso di Veltroni trova senso più compiuto nella prospettiva da lui richiamata di una idea di scuola "come centro di vita e formazione permanente". Ma queste cose si sentono già più in giro. Più nuovo mi sembra invece il riferimento alla scuola come "luogo di ….'internazionalizzazione' per i nostri ragazzi".

Una altro passaggio che mi ha piacevolmente colpito è quello in cui, con riferimento agli insegnanti, dice testualmente: "…noi investiremo sulla loro passione e la loro competenza…". Questo richiamo alla "passione" nel lavoro docente, più che alla competenza (più scontato), l'ho sentito, forse un po’ ambiguo, ma "tonificante".

Ci ho trovato echi di ragionamenti che svolge Umberto Galimberti, nel suo ultimo bellissimo libro "L'ospite inquietante" (Feltrinelli).

Si leggono soprattutto nel capitolo dedicato ai giovani e la scuola e alle cause del disagio giovanile delle cui manifestazioni sono piene le cronache: vandalismi, bullismo, atteggiamenti irresponsabili e chi più ne ha, più ne metta. Vale la pena riportare, al riguardo, le annotazioni di Galimberti. Il quale, dopo aver riferito di come "si è soliti rispondere” a questi fenomeni (“elenco di riforme dove ciò che si prospetta sono autonomie gestionali, rivalutazione della figura del preside, incentivi materiali, nuovi programmi…, informatizzazione di questo e di quello, magnifici libri di testo, corsi integrativi…. "), così aggiunge: "L'unico fattore trascurato è il frequente disinteresse emotivo e intellettuale dell'insegnante, con trasmissione diretta allo studente, che tra i banchi di scuola, finisce col trovare solo quanto di più lontano e astratto c'è in ordine alla sua vita, in quella calda stagione dove il sapere non riesce, per difetto di trasmissione, a diventare nutrimento della passione e suo percorso futuro". (p.40)

Nella pagina precedente lo studioso fa un discorso ancora più esplicito: "E come non si può fare il corazziere se si è alti un metro e cinquanta, cominciamo col chiederci perché si può insegnare per il solo fatto di possedere una laurea, senza alcuna richiesta in ordine alla competenza psicologica, alla capacità di comunicazione, al carisma. Sì, proprio il carisma." (il corsivo è nel testo)

Noi ovviamente in questa sede non ce lo chiediamo. Anche se un investimento su questi aspetti delle professionalità della scuola andrebbe fortemente auspicato.

Si annota solo marginalmente - ritornando al discorso di Veltroni - che "investire sulla passione" è cosa certamente bellissima, ma complicata; anche perché assomiglia, per qualche verso, al coraggio secondo don Abbondio.

Vale comunque la suggestione. Inserita in un discorso - nel capitolo dedicato a scuola, università, ricerca – che, opportunamente, ruota tutto intorno alla questione docente. Di cui richiama gli aspetti più bisognosi di intervento. E cioè: lo sviluppo delle competenze professionali, l'avvio "di una vera e propria carriera professionale degli insegnanti", la valorizzazione del "merito" e dell'"impegno" (che qui ci "azzeccano").

L'assunzione di questa centralità mi sembra una cosa oggettivamente rimarchevole.

Tra il dire e il fare - direte - c'è di mezzo il mare. Nel nostro caso il mare sono prima di tutto le elezioni. E qui la cosa si fa spessa e qualche interrogativo lo sollecita. Ma questo è un altro discorso.